The Other Son: andare sempre avanti, ma dove? Quando si perde la persona che si ama di più

L’indagine intima e personale sul lutto firmata da Juan Sebastián Quebrada vince la XXI edizione di Alice nella Città. Un'opera intensa, irrequieta, affamata di vita. Resa indimenticabile dal giovane protagonista, Miguel Gonzalez

Non una lacrima, nemmeno una, scorre sul volto di Federico (Miguel Gonzalez) in The Other Son. Non quando la si aspetta. Juan Sebastián Quebrada – in concorso ad Alice nella Città 2023 e vincitore della XXI edizione – sceglie di raccontare il rifiuto di un lutto troppo grande, anche solo da pensare.

Devi lasciarti il tempo di sentire tutto, consigliano gli amici a Federico, ma la vita scorre e lui, a poche settimane dal diploma e con il sogno di lasciare la Colombia e studiare musica a Parigi, non può fermarsi. Non in quel momento. Perché non ripartirebbe più.

Simón, un addio impossibile

The Other Son solo in apparenza inizia ingannando il pubblico su chi sia il vero protagonista. Si apre con Simón (Simón Trujillo), fratello di Federico, insieme alla fidanzata Laura (Ilona Almansa). Quebrada resta a lungo su di lui e sui litigi con Laura, quanto basta anche da far credere che lei possa essere coinvolta in qualsiasi modo con ciò che accade poco dopo.

Durante una festa, infatti, Simón cade da una terrazza e muore sul colpo. E all’improvviso Federico resta solo. Si ritrova a essere l’altro figlio di una madre in lutto. Sempre fuori fuoco, senza mai mettere se stesso al centro del dolore che prova, perché dire addio a Simón è per lui qualcosa di impossibile.

È da questo rifiuto dei propri sentimenti che nasce l’irrequietezza del personaggio interpretato da Miguel Gonzalez. Irrequietezza che spesso resta tutta negli occhi, asciutti e persi in un altrove, mentre il corpo cerca di riprendersi il suo spazio e la sua vita.

Andare avanti, sempre avanti

Con la sua regia Quebrada mostra lo sdoppiamento di Federico. Si avvicina al suo viso fino a tirarne fuori i pensieri e le emozioni che lui stesso non esprime ad alta voce. Al tempo stesso però lo spinge verso gli altri, in sequenze di gruppo curatissime e coloratissime – la cui fotografia è ipnotica – tra la musica, i balli e i baci delle numerose scene di feste tra compagni di scuola, che proseguono nonostante la tragedia iniziale.

Federico se lo ripete di continuo fingendo di crederci: la vita va avanti e lui deve viverla. Ma più se lo ripete, e più glielo ripetono, meno il pubblico riesce a percepirlo come qualcosa di sincero.

Anziché vivere il suo dolore, Federico vi si nasconde dentro, come fa quando indossa la giacca troppo larga e pesante di Simón. Senza rendersene davvero conto inizia a perdere i confini della sua identità. Diventa, appunto, l’altro figlio, cercando un modo per far continuare a vivere il fratello attraverso sé, soprattutto avvicinandosi a Laura.

È grazie a lei che riesce finalmente a sentire tutto e a darsi il permesso di farlo, fino a chiudere il film in un ideale cerchio, in cui tutto torna al suo posto. E dove diventa possibile credere finalmente a quelle due parole che chiudono il film. Adelante, hijo. “Avanti, figlio mio”. Avanti sì, ma dove?

Prevale lo stile

Il punto è che The Other Son non dà risposte e arriva alle sue conclusioni con troppa fretta. Complice è anche un protagonista che fa di tutto per respingere la pietà e la compassione, per poi crollare all’improvviso sotto il peso del dolore che aveva accumulato per toglierlo agli altri.

E se la scrittura si fa più blanda e meno curata man mano che il film si avvia verso il brusco finale, lo stesso non si può dire dello stile di regia di Quebrada. La sua macchina da presa fino all’ultimo resta incollata ai corpi, li insegue e ne mostra anche tutta la bellezza dentro il dolore.