TorinoFilmLab: da Lionel a Sealskin, quando il cinema di genere racconta la società (e viceversa)

Nella sezione FeatureLab, diversi progetti utilizzano elementi di fantasia o cinema di genere per mettere gli individui al centro, e per parlare della mascolinità tossica, di femminicidi, violenze, diritti LGBTQ+. "Sono storie d'amore e di sacrificio per le persone che ami"

Dei progetti di FeatureLab, il programma di sviluppo per registi al primo o secondo film del TorinoFilmLab, non c’è molto. Una sceneggiatura, e forse qualche bozzetto. Ma le idee, quelle ci sono. L’ansia per i pitch, cioè le presentazioni dei loro progetti di fronte ai market guest arrivati a torino, anche quella è presente.

Dei tanti progetti portati avanti dai due laboratori di TorinoFilmLab, oltre alla grande attrattiva che esercita per i filmmaker internazionali, c’è una grande presenza di storie socialmente impegnate, ma con un taglio particolare. I diritti umani diventano quindi protagonisti di sceneggiature di genere, con elementi di fantasia per raccontare la realtà. Una nuova lente, meno “didascalica”, secondo loro.

Lionel

La frase ricorrente di alcuni di questi artisti e giovani filmmaker è, infatti, “non voglio criticare niente, ma voglio mostrare una realtà”. È il caso del progetto Lionel, di Carlos Saiz (The Bonfire) – e co-scritto con Raúl Liarte – che attraverso il road movie vuole mostrare la contrapposizione tra la maschilità, quella vecchia, violenta e tradizionale rispetto a una nuova forma di maschilità, più empatica ed emotiva. E lo vuole fare attraverso un racconto di un padre assente e di un figlio, Lionel, che si incontrano dopo tanti anni e intraprendono un viaggio in macchina tra la Spagna e il nord della Francia.

“I due personaggi sono l’opposto l’uno dell’altro, e si affrontano nel film le paure del figlio,” spiega il regista. “Nonostante sia millennials, e cresciuto con un nuovo modello di mascolinità, è spaventato delle similitudini con il padre”.

Gli attori? Saranno “non-attori”, nella visione neo-realista di Saiz, che mostrando la sceneggiatura a THR Roma, con dialoghi viscerali e diretti, spiega che c’è “spazio per l’improvvisazione degli attori stessi”. “Sono miei amici, persone vere, lavoro sempre con loro”. Un po’ di camera a mano, tremolante, colori vividi, in un road movie ambizioso e che partirà con le riprese – dice Ana Valls della casa di produzione Blur – a giugno 2024.

The Beer Girl in Yangon

La famiglia è elemento centrale anche di The Beer Girl in Yangon. Un progetto scritto da Sein Lyan Tun, regista birmano che ha un background documentaristico, sulla storia di una giovane ragazza bisessuale di 17 anni che soffre di endometriosi e che ogni volta che ha il ciclo mestruale viene trasportata in un altro universo. Ciò avviene in Myanmar, mentre il padre è in stato di arresto per aver aiutato ribelli contro il regime militare, in un pub malfrequentato, tra lavoro precario, pericoli e amori giovanili.

“La protagonista, Lily, è ispirata a mia sorella,” racconta Lyan Tun. “Abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto e mi prendevo cura di lei, che è più piccola di me”. “Io ero piccolo e non sapevo niente riguardo alle mestruazioni e al sangue, ma capivamo che c’era comunque qualcosa che non andava – continua il regista, spiegando che sua sorella aveva cominciato a raccontare di allucinazioni dovute al dolore dell’endometriosi.

Le persone che vengono da famiglie di prigionieri politici, continua Lyan Tun, solitamente non riescono a trovare lavoro, riescono a lavorare nei bar la sera, perché nessuno li assume. “Queste persone non hanno voce o potere di alcun tipo. Quindi mentre lei soffre per il dolore mestruale, viene trasportata in questi universi in cui è libera di essere la persona che è, dove può essere in controllo dell’universo”.

The Beer Girl in Yangon dovrebbe cominciare la produzione – il principale produttore è John Badalu – il prossimo anno, e il film sarà in lingua birmana. Ma non a Myanmar, dice Sein Lyan Tun, “a causa della situazione poltica attuale”.

Skincoat

In un villaggio, in un luogo e in un tempo non ben definiti, c’è un ragazzo che torna dalla sua gente dopo essere stato lontano per tanto tempo. È tornato per il funerale di suo padre, ma ciò che il villaggio non sa è che ha una relazione con un altro ragazzo. Un amore che nel villaggio è proibito.

Per non destare sospetti, uno dei due amanti deve indossare una seconda pelle con sembianze femminili. “È una storia d’amore, e sui sacrifici da fare per la persona che ami”, racconta a THR Roma il regista Tan Wei Keong (Kingdom), qui al suo primo lungometraggio d’animazione.

L’idea della sceneggiatura è di raccontare l’identità, spiega Keong. “Interna, esterna, come le persone vogliono che tu sia”. E la particolarità di questo “cappotto di pelle” è che più viene indossato, più corrode la pelle sottostante, portando sanguinamenti.

“La storia si ispira alla mia crescita a Singapore”, continua il regista, che racconta come – fino al 2022 – essere gay era un crimine nella città-stato. “Fino a non molto tempo fa c’era una legge che puniva specificatamente il sesso tra uomini, e non mi sarei mai aspettato di vederla cancellata nella mia vita, sono cresciuto con lo stigma addosso”, spiega, facendo riferimento alla legge 377A, una legge di reminescenza coloniale che prevedeva l’incarcerazione fino a 2 anni.

La bellezza della storia di Wei Keong, afferma il produttore di Skincoat Yi Peng della casa di produzione Giraffe Pictures, “trasporta noi e il pubblico fuori dal contesto moderno, dalla situazione politica e culturale, ma per connettersi direttamente con i personaggi”. “Si empatizza con loro in quanto persone e individui, si sente la sofferenza che provano e l’amore l’uno per l’altro”.

Esattamente come nel progetto Lionel, anche Skincoat analizza nel profondo la maschilità. “Investighiamo temi complessi, portando in animazione ciò che ci si aspetta da un uomo”.

“Giochiamo con le identità di genere dei personaggi principali, ma anche dei secondari. Cosa si aspettano gli abitanti da lui al suo ritorno? Lui arriva con questa donna bellissima, che in realtà è un uomo, come la trattano questa persona?”. Il progetto, se trovati partner di finanziamento, dovrebbe cominciare la produzione nel 2024.

Sealskin

“Nei giornali si legge spesso ‘cinque donne sono state uccise questo weekend’, per mano di chi? Dagli uomini, i loro mariti o ex-fidanzati”, spiega a THR Roma la regista Irene Muray (Watermelon Juice), che nel suo progetto Sealskin è partita dal tema della violenza contro le donne da parte degli uomini e dai femminicidi per raccontare una storia con elementi di fantasia. L’idea è semplice: ci sono donne che stanno scomparendo, i loro corpi piano piano svaniscono.

“Volevo parlare della violenza, ma senza riprodurla”, continua Moray. “Non voglio far rivivere un trauma, nel mio scorso cortometraggio ho raccontato la storia di una sopravvissuta a uno stupro, e se una donna su tre è una sopravvissuta, non voglio riproporre quelle scene e riportare quindi alla mente un trauma”. In questo caso, l’elemento fantasy ha aiutato Moray a raccontare una storia di violenza invisibile, “e riprendo anche il linguaggio dei media, che riportano queste storie senza però davvero parlare di ciò che sta succedendo, così ci sono donne che scompaiono”.

Sealskin, come progetto, vuole però mettersi nei panni di un’amica di una persona che sta subendo violenza, che sia psicologica o fisica. “Voglio chiedere al pubblico, e anche agli uomini, di mettersi nei panni della protagonista e chiedersi: che cosa faccio se una persona a me cara sta scomparendo?”.

L’idea per questo progetto nasce circa 4 anni fa, da una considerazione: questo mondo non valorizza le donne. “E quando dico donne, intendo anche donne trans, non si tratta di avere una vagina, ma di andare contro tutto ciò che sta in quella scatola di valori maschili, e che cancella tutto ciò che non si conforma a quei valori,” afferma la regista.

Nel frattempo – assieme alla produttrice Marta Cruañas – Moray comincerà le riprese di un cortometraggio intitolato Plancton che avrà un personaggio maschile come protagonista, un uomo che non riesce a esprimere le proprie emozioni. Il progetto di Sealskin, invece, partirà con le riprese nel 2025.