Probabilmente il Leone del cuore (Poor Things! di Yorgos Lanthimos, a cui si perdonano le scenografie medievalmente postmoderne un po’ grossolane in cambio di una perfezione squassante in tutto il resto) per una volta coincide con il favorito della giuria. O almeno è una speranza fondata, perché a livello di linguaggio cinematografico, invenzione, talento, visionarietà e potenza di scrittura, il cineasta greco (con Larrain, qui deludente, probabilmente il miglior regista vivente) ha surclassato tutti gli avversari di un concorso mediamente positivo, come giudizio di qualità, anche se troppo standardizzato su un linguaggio che va da Netflix agli Oscar, un mainstream che ti fa sentire arguto ma anche abbastanza rassicurante.
L’unico vero rivale sembra Green Border, perché ha scosso il Lido non tanto per il suo cinema quanto per ciò che racconta, la sconosciuta e oscura tragedia che si consuma da anni al confine tra Bielorussia e Polonia.
Che sia piaciuto o meno – è un film divisivo e le giurie di solito si accordano al ribasso, cercando il film che non è “dispiaciuto” a tutti i giurati, figuriamoci in questo caso in cui quasi tutti sono registi – la regia la meriterebbe per audacia e desiderio di sperimentare e di spiazzare, Bertrand Bonello, il suo La bête è una sfida registica affascinante, il modo di muovere la macchina da presa riempendo di senso immagini, inquadrature, idee di composizione delle stesse, hanno un livello di bellezza ardita che andrebbe premiato indipendentemente dal giudizio di gradimento. Così come Bastarden potrebbe, con la sua sceneggiatura lineare (non originale, è tratta dal libro), levare molte castagne dal fuoco alla giuria.
Difficilissimo assegnare la Coppa Volpi. Quella femminile – fermo restando che va capito il/la protagonista di Kobiete come vada considerato – potrebbe essere appannaggio di Emma Stone, con un’Amanda Collin che in caso di Leone d’Oro a Lanthimos potrebbe far valere la sua splendida e misurata interpretazione in Bastarden. Che ha, nel cast, un Mads Mikkelsen mattatore solitario e underdog che la meriterebbe, anche se il favorito, per emozioni regalate, trasformazione e possibilità che con questo riconoscimento potrebbe avere anche agli Oscar sembra Caleb Landry Jones con il suo Joker drag queen (cos’è la sua Edith Piaf) che incontra Hachiko che incontra Leon, grazie a Lui Besson.
Sembrano avere meno possibilità Michael Fassbender, ottimo ma scolastico nel The Killer di David Fincher, così come Bradley Cooper e Carey Mulligan, per noi magnifici in Maestro, da Oscar (teniamoli d’occhio), ma le voci non li danno in prima fila. A ora non si sente di riconoscimenti ai film italiani, anche se meriterebbe il Palmarès (un bel gran premio della giuria, ma è il sogno del recensore che cozza contro i presunti gusti dei giurati) Enea di Pietro Castellitto e Pierfrancesco Favino, titanico sia in Comandante che in Adagio, in due vesti completamente opposte. Tutto chiaro, insomma, e niente in ordine.
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