Quando oggi, a fine agosto, ci prepariamo alla partenza per Venezia maledicendo in anticipo i prezzi degli alberghi raddoppiati, i tassinari del Lido esosi e malmostosi, i ristoranti carissimi e non sempre buonissimi che chiudono la cucina alle otto di sera, i molti abitanti dell’isola che stappano lo champagne quando finalmente i cinefili lanzichenecchi se ne vanno, le zanzare che affilano le zanne in attesa degli accreditati… insomma, quando ci lamentiamo perché esiste la Mostra del cinema anche se non riusciremmo mai a rinunciare ad essa, dovremmo sempre spedire la nostra maledizione al conte Giuseppe Volpi di Misurata. Al quale, per la cronaca, è tuttora intitolata la Coppa Volpi destinata ai migliori interpreti del concorso principale.
Conte che forse conte non era (a Venezia si narrano aneddoti gustosi sulle sue costose ricerche di antenati con quarti di nobiltà), Volpi fu sotto il fascismo un uomo dai molteplici ingegni e dai molti magheggi. Tra le altre cose, nel 1905 fondo la SADE, che non era una setta di sado-masochisti bensì la Società Adriatica Di Elettricità, responsabile dell’elettrificazione del Nord-Est e costruttrice, nel 1957 (Volpi a essere onesti era morto da tempo), della famigerata diga del Vajont. Diciamo che l’invenzione della Mostra del Cinema ha provocato meno disastri.
L’idea della Mostra nasce un paio di anni prima, quando il regime fascista dà mandato alla Biennale (che esiste dal 1895) di inserire il cinema fra le arti delle quali occuparsi. Volpi organizza la prima edizione con un tempismo e una rapidità che crea, nell’Italia stagnante di oggi, una certa invidia. Gli sono a fianco il segretario della Biennale Antonio Maraini e il critico cinematografico Luciano De Feo, il primo direttore della Mostra, il predecessore di Alberto Barbera e di tutti gli altri. La prima Mostra inizia il 6 agosto del 1932 e dura fino al 21 agosto. Non è competitiva. Di fatto è una rassegna, con proiezioni sulla terrazza dell’Excelsior.
Ma perché proprio il Lido, ci chiediamo ancora oggi con malcelato livore?
La parola magica è “CIGA”. La Compagnia Italiana Grandi Alberghi ha costruito tra il 1906 e il 1908 l’Excelsior, albergo che ancora oggi è uno dei cuori della Mostra, situato proprio davanti al Palazzo del Cinema. L’Excelsior è all’epoca un’alternativa “moderna” al ben più “storico” Des Bains, che risale al 1900. Bisogna trasferirsi in una belle époque in cui l’idea stessa di “vacanza” stava nascendo, e in cui i luoghi turistici italiani erano la Riviera Ligure, Bellagio, Capri e pochissimi altri (la Romagna era ancora una landa desolata). Il Lido era considerato “la più bella spiaggia del mondo”, come ricorda Gian Piero Brunetta nel suo monumentale e fondamentale La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, un volume di 1.200 pagine edito da Marsilio.
Ma Thomas Mann e altri ne avevano circuitato un’immagine di morte e dissolutezza. Volpi, imprenditore veneziano aggressivo e a suo modo geniale, decide che il cinema è lo strumento per dare al Lido una patina di modernità, e la CIGA è da subito la sua grande alleata. E bisogna dire che si fanno le cose in grande, con sinergie spregiudicate e moderne. Nel 1930, per dire, viene inaugurato agli Alberoni (una delle estremità dell’isola) un campo da golf per attirare un turismo di alto livello. Già dagli anni di guerra (la prima) l’isola ha un aeroporto, e nel 1933 (in tempo per la seconda Mostra…) viene inaugurato il ponte stradale che unisce Mestre a Venezia (prima, esisteva solo quello ferroviario). Nel 1938, a Mostra ormai lanciata, viene inaugurata la sede lidense del Casinò, palazzo dove oggi – sloggiate le slot-machine e le roulette – ci sono gli uffici della Mostra, l’area delle conferenze stampa e varie sale di proiezione. Insomma, la Mostra di Venezia nasce per motivi turistici, economici, propagandistici. È un fiore all’occhiello del regime. Ed è in risposta a Venezia che la Francia, nel 1939, crea un festival “concorrente” collocandolo in una location turisticamente altrettanto di richiamo: Cannes, una delle perle della Costa Azzurra.
Come dicevamo, la prima Mostra non è competitiva. Vengono presentati circa trenta film in rappresentanza di nove paesi. Usa e Italia la fanno da padroni, ma c’è anche l’Unione Sovietica che presenta il suo primo film sonoro, Il cammino verso la vita di Nikolaj Ekk. Compaiono sugli schermi dell’Excelsior due mostri eponimi del Novecento, il primo Frankenstein di James Whale con Boris Karloff e Il dottor Jekyll di Rouben Mamoulian. L’Italia, dove il sonoro è appena arrivato, si fa strada con una commedia che avrà molte imitazioni, Gli uomini che mascalzoni di Mario Camerini, con Vittorio De Sica. In assenza di Leoni, che verranno istituiti solo nel dopoguerra, l’organizzazione chiede agli spettatori di votare in un informale referendum. Leggere i nomi dei premi assegnati fa, ancora oggi, un pizzico di tenerezza:
Film più divertente: À nous la libertè di René Clair (Francia)
Film dalla fantasia più originale: Dr. Jekyll and Mr. Hyde di Rouben Mamoulian (Usa)
Film più commovente: The Sin of Madelon Claudet di Edgar Selwyn (Usa)
Film tecnicamente migliore: Mädchen in Uniform di Leontine Sagan (Germania)
Miglior regista: Nikolaj Ekk per Il cammino verso la vita (Urss)
Miglior attore: Fredric March per Dr. Jekyll and Mr. Hyde (Usa)
Miglior attrice: Helen Hayes per The Sin of Madelon Claudet (Usa).
Niente italiani: preparatevi a metterlo a confronto con il palmarès di quest’anno, dove gli italiani in concorso sono sei.
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