Il ragazzo e l’airone è finalmente tra noi. Ultima opera del maestro giapponese Hayao Miyazaki, e che lo rappresenta al 100%, è una storia di crescita, di fuga dalla realtà, con tutta la fantasia del grande animatore e anche parte della sua intimità, della sua inquietudine. Come ad esempio l’enigma della successione del suo studio, che ha creato mondi e fatto sognare tante persone in giro per il mondo.
È un interrogativo che attanaglia da diversi anni l’animatore nipponico e che lo ha portato a vendere parte delle quote della sua società a una delle emittenti televisive private giapponesi più grosse, soprattutto a fronte del rifiuto – sentito – del figlio Gorō Miyazaki nel raccogliere l’eredità del padre e di prendere la guida dello studio. Forse una delle più grandi responsabilità artistiche di questo secolo.
Il film, che è già uscito in Giappone ed è passato per il festival di Toronto, è ora approdato alla Festa del Cinema di Roma, ad Alice nella Città. E arriverà nelle sale italiane il primo gennaio 2024.
Nonostante sia un lungometraggio con l’estetica e l’anima di Miyazaki, nonché un’entusiasmante storia che si lascia guardare e avvolge gli spettatori con grandi lampi di fantasia e genuino stupore, non è l’opera migliore del portfolio Ghibli. Al contrario, a tratti è forse una delle più scontate, ma allo stesso tempo una delle più pragmatiche nella sua costante surrealtà. E ciò non è per forza un male.
Il ragazzo e l’airone, la trama
Il giovane Mahito, dopo aver perso la madre in un incendio a Tokyo durante la guerra, scappa con suo padre lontano dalla città, andando a vivere nella villa in cui la sua famiglia (da parte della mamma) vive da generazioni. Qui fa il suo primo incontro con uno strano e aggressivo airone cinerino, incappando anche in una cupa e fatiscente torre costruita dal suo prozio. Un portale per molti mondi, che si reggono l’uno sull’altro in un equilibrio precario e ormai prossimo al crollo.
In uno sviluppo molto simile a Il Labirinto del Fauno di Guillermo del Toro e ad Alice nel paese delle meraviglie, Mahito intraprende questo viaggio in molti mondi, incappando in monarchie di parrocchetti sanguinari e mari in tempesta. Alla ricerca di sua madre, che secondo l’airone è ancora viva. Ma gli aironi mentono spesso, lo dicono anche loro. E questa stessa affermazione potrebbe essere una bugia.
Alice nel paese di Miyazaki
Mahito si rifugia in questa torre di fantasia per scappare dalla cruda realtà della guerra, in un Giappone in fiamme e in costante corsa militare. Il ragazzo e l’airone è quindi una storia di crescita, di ricerca delle proprie radici, con il punto di vista di un ragazzo traumatizzato e che fugge da un mondo pieno d’odio e spaventoso, diviso, bellicoso e, apparentemente senza futuro.
Esattamente come il romanzo da cui il film trae il titolo giapponese How do you live?, ma di cui non è trasposizione diretta, Mahito si pone questa domanda, e il pubblico segue a ruota, in un’opera di formazione all’età adulta impeccabile, che può essere anche un ottimo film per incominciare a scoprire l’immaginario di Miyazaki, e anche come film riepilogativo, in cui i fan di lunga data possono scorgere tutta la magia della sua filmografia, in un lavoro che – a ben pensarci – potrebbe risultare un Sol dell’avvenire morettiano del Sol Levante. “Ecce Miyazaki”, si può dire.
E a stupire di questo film non è solo la portata immaginifica, ma anche la struttura che lo ha portato ad essere uno dei lungometraggi più attesi in Occidente, pur senza aver ricevuto una campagna marketing di alcun tipo. Prima dell’uscita in Giappone, infatti, non c’è stato trailer, immagine promozionale o alcunché. Una scelta coraggiosa e che lo ha portato a un successo al box office citofonato, e che ora è un caso studio.
Il ragazzo e l’airone è quindi l’ultimo – magistrale – lavoro di Miyazaki, un riassunto minuto per minuto. Un film che soddisferà gli appassionati e incuriosirà i novizi, nella sua semplicità e prevedibilità. E voi come vivrete?: questa domanda rimarrà con gli spettatori, e la risposta la potranno trovare solo loro.
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