“Roald Amundsen è molto famoso in Norvegia. Si studia a scuola. Pensavo di sapere tutto di lui. Ma poi mi sono imbattuta in questa storia un po’ per caso. Non avevo mai sentito parlare del dirigibile che andava al Polo Nord, di Umberto Nobile o di Titina. Il suo esito drammatico l’ha resa molto interessante”.
Kajsa Næss è la regista di Titina, elegante e tenero film d’animazione – in sala dal 14 settembre con Bim Distribuzione – ispirato alla storia vera della spedizione del 1926 verso il Polo Nord dell’ingegnere aeronautico italiano e dell’esploratore norvegese raccontata dal punto di vista della piccola terrier che dà il titolo al film. La prima cagnolina ad aver posato le zampe sui ghiacci del circolo polare artico.
Ha deciso di raccontare la storia dal punto di vista di Titina. Cosa le ha permesso di esplorare?
Per me non era importante fare un film sugli eroi del Polo Nord. Non era questa l’intenzione. Quello che credo sia molto interessante di questi personaggi sono le ambizioni. Un aspetto che non li aiuta molto, ha un esito negativo. Li rende più umani. Quando abbiamo deciso di usare Titina come personaggio principale, ci ha dato la possibilità di raccontare la storia anche in modo più infantile e più emotivo rispetto a una normale epopea polare.
Quali sono stati i riferimenti pittorici e artistici che l’hanno ispirata?
Il film si svolge alla fine degli anni Venti. Abbiamo usato molti riferimenti all’Art Nouveau. Volevo anche che fosse una sorta di film d’animazione classico, come i vecchi cartoni della Disney dalle linee sottili. Abbiamo cercato di mescolarle agli sfondi. E poi la direttrice artistica, Emma McCann, ha usato come riferimento l’architetto Charles Rennie Mackintosh. Volevamo che la storia fosse piccola, reale e umana. Non troppo grande e fantasiosa.
Nel film ci sono molte tonalità di rosso, arancione e nero. Come ha lavorato sulla palette dei colori?
Abbiamo lavorato sulla differente vita interiore dei personaggi e nel modo in cui agiscono tra Norvegia e Italia. Volevamo ci fosse una differenza visiva tra questi due luoghi. L’Italia doveva essere bella, calda, moderna, piena di gente, trafficata. E poi, più si va verso nord, meno persone ci sono. I colori scompaiono e c’è il vuoto. Trovo anche divertente che al Polo Nord non ci sia nulla, solo ghiaccio! Tutto quel viaggio per non scoprire nulla. Penso sia divertente. Era importante passare da questa sensazione di calore piacevole alla freddezza piatta.
Si prende ampiamente gioco del fascismo. Si è divertita?
Sì. Credo sia anche perché penso che questo periodo storico sia molto interessante. C’è il ritorno dei nazionalismi. Non solo in Italia, ma anche in Norvegia. Era un paese molto giovane, un po’ come l’Italia, ed era importante esplorare, conquistare e dimostrare di essere un paese vero e proprio. Doveva far parte del film. Sappiamo tutti poi cosa è successo con il nazionalismo. La Norvegia si è sempre dipinta come amante della pace. È molto interessante rendersi conto che Mussolini faceva parte di questa grande spedizione con il nostro grande eroe nazionale. Cosa di cui non si parla molto in Norvegia. È stato molto importante evidenziare anche questo elemento nel film.
All’inizio del film c’è l’inquadratura di una piazza e si vede l’insegna del Cinema America. Un omaggio ai ragazzi del Piccolo America?
Non ne sapevo nulla, ma ero a Roma per fare delle ricerche. Stavo cercando delle immagini che mi ispirassero da inserire nel film. Ci sono passata davanti. Era lì, tutto triste e chiuso. Ho deciso che volevo inserirlo in Titina perché mi piacciono molto i vecchi cinema. È stata solo una coincidenza. Non sapevo nulla di questa storia ma sono molto felice che ci sia.
Alla fine del suo film inserisce un messaggio sul cambiamento climatico. Perché?
La Norvegia è un paese che sfrutta la natura. Ho pensato fosse molto importante avere questo promemoria per il pubblico norvegese. Il modo in cui ci comportiamo sta facendo scomparire questi luoghi. Credo sia importante ricordarlo agli spettatori.
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