Se non altro, Nuovo Olimpo, il nuovo film di Ferzan Ozpetek – tornato dietro la macchina da presa a quattro anni di distanza da La Dea Fortuna – ha dato una grande opportunità a due giovani attori emergenti, che grazie a questa importante vetrina avranno davanti una carriera tutta da scrivere e, speriamo, da costruire con molta cura. Andrea Di Luigi dà volto, corpo e anima a Pietro, un giovane ragazzo di provincia con pulsioni omosessuali che negli anni Settanta incontra a Roma – in un cinema d’essai frequentato da gay – il coetaneo Enea (interpretato da Damiano Gavino), sino ad innamorarsene, per poi allontanarsene, e infine ritrovarlo dopo parecchi anni.
Per l’attore 28enne di Ascoli Piceno, Nuovo Olimpo ha rappresentato la prima grande prova. Fino a poco tempo fa faceva il cameriere in un bar vicino a Cinecittà, molto frequentato dagli addetti ai lavori. Uno di quei posti che hanno alle pareti le foto di tutti gli avventori famosi che entrano per consumare un pasto, tra un ciak e l’altro dentro di studi cinematografici. Era di servizio quando ha ricevuto la chiamata da Ferzan Ozpetek che gli comunicava che aveva ottenuto la parte. Un entusiasmo condiviso con i colleghi del ristorante, che con la dovuta saggezza popolare, gli consigliano di non licenziarsi immediatamente ma di aspettare la firma del contratto. Perché: “Co’ sta gente non si sa mai”, gli avrebbe detto il premuroso titolare del locale.
Di Luigi, immagino che lei oggi abbia smesso di fare il cameriere.
Sì, anche è stato un lavoro che mi ha dato tanto. Al Meo Pinelli a Cinecittà, dove ho abitato per un sacco di tempo, tutti i colleghi erano felicissimi per me. Adesso che è uscito il film mi hanno scritto. Spesso vado a trovarli. È stata una bellissima esperienza di vita anche quella.
Un giorno metteranno alla parete anche la sua foto?
È pieno di foto di attori perché è un posto famoso, essendo vicino agli studi cinematografici. Chi lo sa, magari Angelo, il proprietario, la metterà prima o poi.
Soddisfatto del risultato?
È una bellissima storia. L’aspetto che più mi piace è che racconta l’amore tra due ragazzi che poi si perdono, è interessante il fatto che non si consumi, che sia lo spettatore a collegare quei due personaggi. Come se fosse l’unico collante tra i due protagonisti. Una prospettiva che mi affascina molto.
Cosa le è piaciuto di più?
Oltre la storia, i costumi, il trucco, ho apprezzato il modo in cui sono state rappresentate le epoche. È stato bello lavorare con attori così famosi, così esperti, ma che sono stati molto umani. Sono molto felice.
Ozpetek per Il bagno turco faticò a trovare l’interprete principale, e prima del sì di Alessandro Gassmann ricevette un sacco di no. Oggi un eterosessuale non ha più paura di interpretare un gay?
No, sinceramente no. Non è assolutamente una cosa che mi è passata per la mente. È stato molto divertente e anche molto bello. Una cosa che invece mi interessa molto è quella di cercare di dare valore, di rendere giustizia a una storia bella, che è scritta bene. Questo è tutto.
Eppure lo spot che va in onda sulle reti generaliste punta più sul ruolo di Luisa Ranieri, travestita da Mina, che sulla storia d’amore tra due uomini.
Io spero che Luisa Ranieri – con il fatto che ha creato un personaggio così ricco, così bello – possa in qualche modo avere anche un seguito importante. Penso sia giusto che abbia anche lei uno spazio di visibilità nel film, anche di pubblicità, perché il suo lavoro è splendido.
Non stiamo parlando di quello che merita l’attrice, ma di come si pubblicizza sulla tv pubblica un film su una storia d’amore omosessuale oggi.
Sinceramente non lo so. Spero che non sia più un tabù. Bisognerebbe chiedere a loro, farci una chiacchierata. Se fosse così sarebbe brutto, sarebbe grave. Io spero che il motivo sia semplicemente perché lei è una grandissima attrice.
I suoi come hanno reagito alla sua performance?
Mamma era in sala all’anteprima. Ha detto “non ti vedevo nudo da quando avevi sei anni. Finalmente ti ho rivisto”. Una cosa che ha fatto ridere tutti i presenti. È qualcosa di talmente assurdo quello che mi è successo – far parte di un film così bello, in una produzione così grande – che la mia famiglia non si è espressa molto sul fatto che ci fossero delle scene di sesso.
Non ha creato imbarazzo nemmeno tra i suoi ex compagni di scuola?
Qualcuno mi fa qualche battuta o qualche domanda. Magari mi avvisano che stanno per vedere il film e che si stanno preparando al fatto che mi vedranno nudo. A parte questo, sono stati veramente tutti molto rispettosi. Molti mi hanno chiesto com’è stato fare quelle scene, come mi sono sentito, se è stato facile.
Era preoccupato della reazione delle persone che la circondano?
Per niente. Sono felice e soddisfatto (come credo che lo sia anche Damiano) di essere andato fino in fondo a raccontare questa storia, di non avere avuto limiti nel raccontarla. Ci siamo voluti lasciare andare, eravamo in un contesto guidato, protetto. Sinceramente non avevo idea di come potesse reagire la gente. Sono orgoglioso di essermi messo completamente a nudo. Alla fine un attore è questo che fa, sia psicologicamente che con il proprio cuore. Ma può farlo anche con il corpo.
Ci sono scene che ha dovuto ripetere più volte?
Ci sono stati diversi momenti in cui Ferzan mi chiedeva di fare delle cose specifiche. A volte erano delle indicazioni tecniche, per delle questioni legate alla macchina da presa o alle luci. A volte perché magari non funzionava quello che stavo facendo e voleva delle cose in più. È capitato in un paio di circostanze.
Per esempio?
Quando giravamo la sequenza della scena finale arrivai sul set con un’idea completamente diversa da quella di Ferzan. Avevo la convinzione che il mio personaggio dovesse accusare il fatto che a casa sua ci fosse questo amore segreto. Ferzan invece la vedeva in maniera diversa. Cioè, Pietro era disposto anche a condividere la cosa con la moglie. Per me fu un momento di panico e di difficoltà. Per farlo come voleva lui mi ha fatto fare una decina di ciak.
Il film attraversa varie decadi e lei è dovuto invecchiare per finzione, perdendo forse anche un po’ di credibilità. È stato difficile?
Per me è stata una palestra, è stata un’esperienza, è stato bello potermi calare anche in quella parte lì. Non avendo vissuto quegli anni ho dovuto immaginarli. Per farlo mi sono fatto milioni di domande. Ho cercato di costruirmi una storia degli eventi: in che momento ho sposato mia moglie, come sono arrivato a Roma. Ho usato mio padre come esempio. Ho cercato di muovermi il più possibile come lui, di avere il suo ritmo e di pensare come lui. Sono situazioni che devi creare, magari anche in poco tempo, che sono difficili ovviamente. Anche cercare di entrare in un corpo diverso, una postura diversa, è anche quello un virtuosismo, un momento di difficoltà, sul quale ho voluto giocare.
Si vede come Pietro (il personaggio che interpreta) a 50 anni?
Effettivamente non mi dispiacerebbe. Ma non credo che starò così in forma.
Ha avuto anche lei un amore segreto?
Ho vissuto sempre amori alla luce del giorno, amori dichiarati. Forse c’è stata qualche storia in passato che mi ha colpito, che magari è finita perché non è andata, non per mia iniziativa. Magari rimane una ferita che ti porti dentro. Ti continui a fare delle domande sul perché sarà successa questa cosa, dici “forse ho sbagliato in qualcosa”. In realtà qualcosa di segreto o di nascosto, no, non credo di averlo mai provato, ma qualcosa che è finito e che mi è dispiaciuto e che in qualche modo mi dà ancora pensiero, quello c’è.
A volte capita che, specie quando ci sono scene intime tra colleghi, scatti anche la scintilla. A lei è successo?
Con Damiano no, perché siamo entrambi eterosessuali. Quello è stato un momento in cui abbiamo giocato, ci siamo divertiti, non c’era nulla nel suo corpo che mi potesse interessare. Inoltre, per tutto il film io avevo un’ansia così enorme che quell’aspetto lì, in qualche modo, era in secondo piano. Avevo solo voglia di far bene il mio lavoro, cercavo di essere concentrato per perdermi in quel personaggio, per credere veramente in quei momenti. Ho lavorato per cercare di sentirmi una persona diversa, di essere diverso da me. Nel momento in cui lavoro tendenzialmente non mi succede di perdermi in qualcos’altro. Poi se succede di avere un momento di attrazione mi piace attribuirlo e collegarlo al personaggio piuttosto che a me.
Quindi?
Niente. Quelle scene sono stati dei momenti di regressione totale fisicamente, perché ero veramente nel panico.
Suona ancora la batteria?
Sto per comprare una batteria elettronica, sono felicissimo. Mi piace suonare cose di Michael Jackson, di Bruno Mars e dei Red Hot Chili Peppers, brani molto ritmati. Adesso rimetto insieme la band con la quale ho sempre suonato, ragazzi con i quali mi trovo benissimo, mi piacerebbe ricominciare a fare qualche live, magari in giro per Roma.
In questo momento è impegnato sul set?
Sto girando Il corpo di Vincenzo Alfieri. Un thriller molto bello. Una storia molto difficile, spero di essere all’altezza, anche perché sto lavorando con un regista che è molto disponibile, che è molto umano, molto sveglio e con degli attori fortissimi come Giuseppe Battiston, Claudia Gerini e Andrea Sartoretti. Ogni volta vederli sul set mi fa un po’ tremare, sto cercando di imparare da loro perché sono dei mostri sacri.
Qual è il complimento che le è piaciuto di più?
Mi hanno detto che ho comunicato e trasmesso soltanto attraverso miei occhi, senza le parole, senza dover necessariamente dire delle cose. Che sono riuscito a dire attraverso il non detto.
Quello che le ha dato fastidio?
In realtà la maggior parte dei commenti che ho ricevuto fino ad adesso e che ho letto, sono piuttosto positivi. Qualcuno magari ha detto: “Ecco un’altra storia gay! Un’altra storia omosessuale! Qualcosa che di già visto e rivisto, qualcosa che ha uno scopo attivista: promuovere l’amore omosessuale”. Secondo me invece è un film che parla semplicemente di un amore universale.
Sente questo potere di seduzione – magari proprio grazie ai suoi occhi espressivi – di convincere eterosessuali a diventare omosessuali?
Non saprei (ride, ndr.). Secondo alcuni potrebbe anche succedere.
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