Nei bar della periferia milanese si intrecciano voci e vite, si incontrano personaggi strani, gli stessi personaggi che Stefano Meloncelli ha voluto raccontare in Leggende metropolitane, il suo esordio alla regia dopo vent’anni di carriera nel rap. “La musica è un filo conduttore della mia vita, legata chiaramente alla mia passione per il cinema che in tutto questo tempo ho sfogato attraverso i videoclip. È così che ho capito di voler fare il regista”.
Il lavoro su Leggende Metropolitane “nasce circa tre anni e mezzo fa, con l’intenzione di raccontare soprattutto le figure escluse, dimenticate e ai margini di un’ipotetica ‘società normale’. Si fa carico di una questione sociale amara, ma in maniera comica e affabile”, dice Meloncelli a THR Roma. L’idea è quella di dare forma a una “favola amara ma divertente, come Dolomite is My Name (film con Eddie Murphy)”, in cui l’ispirazione viene dall’umorismo popolare, cartoonesco.
È una scommessa con il pubblico e con il mercato, Leggende metropolitane, a partire dalla sua storia produttiva, totalmente indipendente, che ha scelto il cast in sette giorni appoggiandosi all’associazione SnobLab, fondata dallo stesso Meloncelli dieci anni fa a Saronno, provincia di Milano, con lo scopo di aiutare e sostenere, soprattutto nella musica, lo sviluppo artistico dei ragazzi e delle ragazze dell’hinterland.
Dopo la presentazione del 24 gennaio al cinema Anteo di Milano, Leggende metropolitane, che non ha ancora una distribuzione, viaggerà di sala in sala partendo dalla Lombardia e per l’esattezza da Legnano, il prossimo 29 gennaio.
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