Paolo Virzì, dialogo con Concita De Gregorio: “Questo film è un esorcismo e una preghiera”

Alla fine della prima giornata di riprese di Un altro Ferragosto, il regista livornese racconta la sua giovinezza, il legame con Ferie d'agosto e com'è cambiata la politica negli ultimi trent'anni. "Perché non c’è niente di più bello che questo: raccontare il tempo che passa". L'intervista con THR Roma (Esclusiva)

Dovete immaginare Ventotene, l’isola del confino dove sono stati imprigionati durante il fascismo i Padri della Patria, il 25 aprile, giorno della Liberazione. Un giorno di sole e di vento, con le scolaresche che arrivano al porto per la gita d’istruzione e sbarcano su un set, intanto e invece. Arrivano insieme agli attori del nuovo film di Paolo Virzì, Un altro Ferragosto: il sequel, quasi trent’anni dopo, di Ferie d’agosto.

Dovete immaginare i ragazzi che scendono dalla nave e trovano all’approdo Vinicio Marchioni, Andrea Carpenzano, Sabrina Ferilli, Christian De Sica sul molo. I dolly, i droni, il cinema, il loro stupore. Il regista al monitor che dice STOP, la scena che riparte daccapo. Una gita indimenticabile. Alla fine di questa prima giornata di set Paolo Virzì ha concesso a The Hollywood Reporter Roma un’intervista.

Era il tramonto, c’erano molte ore di lavoro alle spalle e trent’anni di vita, anche. Il regista racconta qui tante storie, mai ascoltate, sulla sua giovinezza, sul tragitto che ha portato da Ferie d’Agosto a questo altro Ferragosto: le ragioni per cui ha deciso di girarlo, il punto della vita in cui si trova e quelle in cui si trovava allora, l’Italia com’era com’è e come, chi lo sa, potrebbe essere. C’era un pezzo di Platonov di Cechov nascosto in quella commedia e nessuno se n’è mai accorto, c’è un furto segreto anche in questa.

Che parla del tempo che passa, del tempo che cambia. Della morte, anche, con grandissima profonda leggerezza. Cos’è diventata la Sinistra, cosa la Destra, come sono cambiati da allora i Molino e i Mazzalupi e chi siamo diventati noi. Senza voler insegnare niente a nessuno, senza prendersi troppo sul serio ché non c’è niente di più difficile che suscitare un sorriso, un dubbio.

E’ una domanda, questo film: un esorcismo e una preghiera – dice Virzì. Perché il tempo è passato e “non c’è niente di più bello che questo: raccontare il tempo che passa”. Da quando eravamo ragazzi, a Livorno, in una compagnia di teatro che voleva cambiare il mondo – ora che il mondo è diventato questo. Vediamo quale mondo. Scopriamolo insieme. Ascoltiamo le sue parole, immaginiamo il suo film.