Il neorealismo ha dei canoni ben precisi: la verità a tutti i costi, i personaggi appartenenti alla vita reale, gli attori non professionisti per dare volto alle storie di uomini qualunque. C’è poi chi, dall’essere sconosciuto, è diventato uno dei rappresentati, delle facce, dei corpi del neorealismo. Lamberto Maggiorani è tra i più conosciuti. Sarà perché il suo debutto nel 1948 lo segna Vittorio De Sica con Ladri di biciclette, per una carriera che terminerà con l’ultimo film nel 1970 diretto da Sergio Citti: Ostia.
Un percorso fatto di tappe coerenti col suo inizio, che lo hanno portato a lavorare con Dino Risi, Carlo Lizzani, Alberto Lattuada, Sergio Corbucci e Pier Paolo Pasolini, non dimenticando l’hollywoodiano Joseph L. Mankiewicz per il kolossal Cleopatra. Sperimentò anche il teatro accanto a Tino Buazzelli per Come nasce un soggetto cinematografico nel 1959. Ma nulla sarebbe successo, nessun suo personaggio da caratterista sarebbe venuto fuori se De Sica si fosse lasciato convincere nel prendere una grande star per il suo capolavoro neorealista.
Era Cary Grant l’attore in ballo, così elegante e sofisticato, lontano dall’aria popolare che contraddistingue Ladri di biciclette. Ed era il produttore che si fece avanti per investire nel film a voler mettere bocca sul protagonista, il David O. Selznick di È nata una stella e Via col vento. De Sica, però, declinò l’offerta. Forse avrebbe potuto prendere in considerazione Henry Fonda, tanto amato dal regista in Furore, ma non se ne fece nulla. L’autore cambiò ancora una volta la pelle del cinema e il futuro di Maggiorani. Con Selznick, però, avrebbe comunque collaborato: era il 1953 e il film Stazione Termini.
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