L’America dello Sciamano di Capitol Hill sta tornando. Anzi, non è mai andata via, e il suo cavallo di Troia sarà il cinema degli Angel Studios.
La società di distribuzione fondata dai fratelli Harmon (Neal, Jeffrey, Daniel e Jordan) e da Benton Crane ha trovato infatti il suo spazio nel vuoto lasciato, volontariamente, da Hollywood su un’intera fetta di popolazione trumpiana, conservatrice e religiosa. Profondamente religiosa. Un mondo tendenzialmente chiuso in se stesso, nel quale convivono vibrazioni di allucinazione collettiva. E che tiene insieme gli estremismi politici di destra, la supremazia bianca e il cospirazionismo contro i “nuovi ordini mondiali” di Qanon, trovando terreno fertile nella repressione morale mormonica della Rust belt americana. Questo intero mondo ha trovato il suo specchio nel film di Alejandro Monteverde, Sound of Freedom.
Il caso Angel Studios, come è iniziato
Mentre in tutto il mondo la scorsa estate impazzava il Barbenheimer, protagonisti di un’altra storia altrettanto fuori dall’ordinario, e fondamentale per il box office, sono stati gli Angel Studios. Nella pancia degli Stati Uniti, quindi, non solo c’era chi si è rifiutato di guardare la commedia esistenziale sul femminismo di Greta Gerwig o chi ha preferito non arrovellarsi la coscienza con il conflitto interiore tra J. Robert Oppenheimer e il progetto Manhattan. Migliaia di persone hanno riempito i cinema per Sound of Freedoom, grazie al passaparola. E secondo i dati riportati dal sito degli Angel Studios, 140 mila sono diventate finanziatori fissi delle società, mentre tutti i progetti degli Studios hanno portato a un incasso complessivo di 300 milioni di dollari e 26 milioni di download dell’app ufficiale, oltre che a 9 miliardi di visualizzazioni dei contenuti in streaming.
Sound of Freedom, la storia
Sound of Freedom racconta la storia, diretta da Alejandro Monteverde e ispirata a fatti reali, dell’agente Tim Ballard, che circa dieci anni fa ha lasciato il dipartimento di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per fondare un’organizzazione privata con lo scopo di fermare il traffico di bambini in Colombia. L’ha chiamata Operazione Underground Railroad, come la “ferrovia sotterranea” degli schiavi neri che negli Stati Uniti fuggivano dalle piantagioni del sud alle metropoli del nord, ma non ha nulla a che vedere con Harriet Tubman. È la sua personale parabola dell’eroe, un progetto che da soldato lo porta a diventare salvatore di mondi.
La versione cinematografica e romanzata di questa storia, dunque, indugia (e inventa) molto più sulla strategia, le tattiche e l’azione del Tim Ballard interpretato da Jim Caviezel che sul vero dramma del traffico di minori a scopo sessuale. Non senza infarcirlo di messaggi moralistici e semplificazioni.
Il canto della libertà: il lungo viaggio del film fino in Italia
Con un incasso globale di circa 250 milioni di dollari, Sound of Freedom – Il canto della libertà (questo il titolo italiano) ha superato i risultati al botteghino di storici capolavori come Il padrino di Francis Ford Coppola. E per alcuni mesi, dopo l’annuncio della nuova categoria Miglior blockbuster ai Golden Globes 2024 sembrava certo che avrebbe gareggiato per la statuetta sfidando i più grandi Studios, da Warner Bros. a Universal. Un’illusione svanita in fretta, arrivata anche con la consapevolezza che, nonostante abbia rappresentato un’eccezione interessante, difficilmente riuscirà a proseguire oltre nella stagione dei premi.
Nelle sale italiane debutta il 19 febbraio, oltre sei mesi dopo, con Dominus Production, piccola società di produzione e distribuzione fiorentina che poggia sullo stesso sistema di valori degli Angel Studios e ufficialmente “diffonde bellezza, valori etico-educativi e umanitari”. La domanda da porsi, in questi casi però è sempre: da che punto di vista? E la risposta è molto (molto) più conservatrice della più moderata serie Rai a cui il pubblico riuscirebbe a pensare. Basta guardare il catalogo che propone: dai pro-vita di Unplanned – La storia vera di Abby Johnson, film contro le cliniche Planned Parenthood negli Stati Uniti, fino al proselitismo di Nefarious, storia di uno psichiatra ateo che cambia profondamente dopo l’incontro con un pluriomicida.
Come e perché gli Angel Studios sono arrivati fino a tanto? La risposta più semplice è perché innanzitutto Hollywood ha sottovalutato un’intera fascia di popolazione polarizzata ed estremizzata (che solo due anni fa ha assaltato il cuore delle istituzioni statunitensi a Capitol Hill). Ma soprattutto perché gli Angel Studios hanno saputo moltiplicare quella stessa spinta attraverso la retorica e il marketing.
Angel Studios, Davide contro Golia
Gli Angel Studios nascono dal nucleo della VidAngel, la piattaforma streaming fondata dai fratelli Harmon, appartenenti a un’influente famiglia mormone dello Utah. Nel 2016 VidAngel è stata querelata da alcune grandi società di produzione, compresa la Disney, per violazione di copyright. Rendeva infatti disponibili senza alcuna licenza diversi titoli appartenenti ad altre piattaforme, con la possibilità di impostare filtri per eliminare scene di violenza, nudità e linguaggio volgare dai contenuti in catalogo. Una sorta di “parental control” – su materiale di cui VidAngel non possedeva diritti d’uso – che agiva direttamente sul materiale filmico invece che bloccarne la visione agli spettatori più piccoli (come invece è possibile fare su qualsiasi smart tv, impostando un codice di sicurezza).
Il processo contro VidAngel si è concluso nel 2020 dopo diversi anni di lotta in tribunale, in cui i fratelli Harmon hanno difeso la legittimità della loro attività facendo appello a una legge preesistente (il Family movie act del 2005). Una volta raggiunto l’accordo tra le parti, VidAngel si è trasformata negli Angel Studios, con il nuovo obiettivo di produrre e auto-distribuire contenuti consoni ai valori (religiosi e mormoni) dell’azienda.
Una piccola vittoria di Davide contro Golia, restando in tema biblico (che infatti sarà l’argomento di uno dei prossimi film d’animazione previsti dalla società). E non è tutto. Gli Angel Studios hanno scelto di garantire abbonamenti gratuiti ai propri servizi su piattaforma, sostenendosi solo con le donazioni e gli investimenti degli spettatori, attraverso un sistema bottom-up, dal basso verso l’altro, dove è la base della piramide a scegliere cosa arriverà al vertice. I modi per partecipare economicamente al progetto sono diversi, dagli investimenti produttivi veri e propri all’acquisto di gadget e merchandise. Quello che tuttavia ha cambiato il destino di Sound of Freedom è il cosiddetto Pay it forward.
Il “biglietto sospeso” e la propaganda di Sound of Freedom
I titoli di coda di Sound of Freedom nei cinema statunitensi contenevano una clip in cui il protagonista di Jim Caviezel, fuori dal suo personaggio, invitava i presenti in sala non solo a spargere la voce sul film ma anche ad acquistare almeno un altro biglietto per chiunque volesse guardarlo pur non potendoselo permettere. Un regalo che è più una forma di cura comunitaria, coerente con l’idea degli Angel Studios che il servizio debba essere accessibile a tutti. Ma anche una forma di propaganda che è servita innanzitutto a gonfiare i numeri degli incassi. Perché non è detto che per ogni biglietto acquistato e “sospeso” vi sia stato un effettivo ingresso al cinema.
L’effetto passaparola, tuttavia, c’è stato in massa e si è visto soprattutto sui social, soprattutto su TikTok, dove la clip di Caviezel è stata a sua volta ricondivisa e diffusa ulteriormente.
QAnon, il complottismo e la demonizzazione del cinema moderno
Scavando un po’ più a fondo nell’algoritmo di TikTok, inoltre, non è difficile imbattersi in alcune delle teorie del complotto che circolate di più riguardo Sound of Freedom. Indice anche della fascia di pubblico che il film di Monteverde ha intercettato.
La prima teoria riguarda le condizioni delle sale in cui il film è stato proiettato durante l’estate negli Stati Uniti. Luci accese durante la proiezione o sul finale, proiezioni interrotte, rumori estranei e così forti da disturbare la visione: il pubblico si è convinto sempre di più di un boicottaggio in atto e questo non ha fatto che incrementare l’interesse e il chiacchiericcio sul film.
La seconda teoria riguarda invece il tema di Sound of Freedom, particolarmente caro agli ambienti del gruppo QAnon. Già nel 2021 infatti lo stesso protagonista Caviezel durante una conferenza collegata agli estremisti aveva parlato dell’operazione di salvataggio ideata da Tim Ballard, facendo riferimento anche alla vecchia fake news dell’adenocromo. Sostanza chimica, quest’ultima, entrata nella cultura popolare con il libro di Hunter S. Thompson, Paura e delirio a Las Vegas (e poi con l’omonimo film di Terry Gilliam), ma erroneamente considerata dai complottisti di QAnon uno stupefacente ottenuto dall’adrenalina dei bambini sul punto di morte. Secondo i più audaci inventori di bufale, sarebbe questo il motivo per cui “i poteri forti” della Disney avrebbero messo da parte il film dopo averne acquisito i diritti, per farne perdere ogni traccia, prima che il progetto passasse agli Angel Studios.
Senza addentrarsi ulteriormente nel buco nero dei complotti QAnon, gli Angel Studios in realtà hanno trovato un modo per sfruttare l’ampio pubblico che esso trascina con sé. Utilizzando, non a caso, la metafora della luce, gli Studios si dichiarano alla ricerca di storie in grado di “amplificare la luce”, intendendo per luce tutto quello che è “vero, onesto, nobile, giusto, autentico, amorevole, ammirevole ed eccellente”.
Neil Harmon, nella mission della società parla di bussola morale, di un cinema che “come la stella polare che guida i marinai nelle acque buie, guida il pubblico attraverso tempi bui, in cui dominano cinismo, divisione e oscurità”. Si riferisce agli Angel Studios come a una “casa” per gli autori e per il pubblico, in cui ritrovare speranza e luce. In queste parole si legge anche il giudizio morale che esprime in modo diretto sulla concorrenza produttiva e audiovisiva. Vista come la rappresentazione di un mondo corrotto, da demonizzare e allontanare.
Il futuro degli Angel Studios parla italiano
Non sorprende, dunque, che il prossimo evento in programma per gli Angel Studios sia un progetto dedicato a una religiosa, Francesca Cabrini. Questa volta però riguarda l’Italia da molto più vicino. A interpretare la prima cittadina statunitense proclamata santa è infatti Cristiana Dell’Anna, affiancata nel cast da Giancarlo Giannini. Cabrini uscirà l’8 marzo negli Stati Uniti e metterà alla prova definitivamente il modello d’affari degli Angel Studios. Funzionerà come (e meglio) di Sound of Freedom o il film di Monteverde è stata solo una momentanea allucinazione collettiva che non ha posto in questa industria?
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