Il campione mondiale che diventò una guida religiosa: la vera storia di George Foreman

I suoi duelli leggendari, la sua carriera, la sua spiritualità: ecco il biopic sul pugile della battaglia epica con Muhammad Ali. Con Khris Davis e Forest Whitaker

l titolo completo del biopic su George Foreman è un indizio non troppo sottile sulla mancanza di immaginazione del film. Toro Scatenato descrive vividamente la personalità di Jake LaMotta. Lassù Qualcuno mi ama invece anticipa con stile l’incredibile ottimismo di Rocky Graziano. E Foreman? Big George Foreman: The Miraculous Story of the Once and Future Heavyweight Champion of the World. Sembra il titolo di una biografia per ragazzi, e questo film piuttosto scolastico non è molto distante da quell’idea.

George Foreman, la religione e l’esperienza pre-morte

Non sorprende che Affirm Films (studio cinematografico di stampo cristiano, ndr) sia tra i produttori del film, dato che Foreman ebbe notoriamente una fase di epifania religiosa. Si ritirò dal pugilato per molti anni e divenne un cristiano rinato, una guida religiosa. Predicò inizialmente agli angoli delle strade, prima di iniziare a lavorare in una chiesa di Houston. Successivamente aprì anche una comunità per giovani, e, da come sembra nel film, tornò alla sua carriera da pugile solo per supportarla economicamente, dopo aver scoperto che il direttore finanziario aveva perso buona parte dei suoi soldi.

Il film, diretto da George Tillman Jr. (Soul Food – I sapori della vita, Il coraggio della verità – The Hate U Give) copre diligentemente tutti i punti principali della biografia di George Foreman, interpretato ottimamente da Khris Davis (Judas and the Black Messiah).

Racconta la sua infanzia in povertà, durante la quale ebbe problemi di gestione della rabbia; il momento in cui si è unito ai Job Corps, dove ha incontrato il suo mentore e futuro allenatore Doc Broadus (Forest Whitaker, nel ruolo che doveva essere originariamente di Michael K. Williams, prima della morte prematura dell’attore); ma racconta anche la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968 e la sua carriera da professionista, con incontri come quello menzionato nel titolo, in cui batté Joe Frazier e divenne campione dei pesi massimi o il  “Rumble in the Jungle” del 1974, quando cadde di fronte alla brillante strategia di Muhammad Ali.

Un film troppo veloce

Qualche anno dopo quella sconfitta, Foreman collassò nello spogliatoio dopo un combattimento ed ebbe apparentemente un’esperienza di pre-morte che ispirò la sua rinascita spirituale. Ma quel capitolo, anche se è certamente la ragion d’essere del film, si dimostra meno interessante rispetto al suo tentativo di tornare alla boxe, con un peso e a un’età in cui molti pugili sarebbero felici di riposarsi su una sedia a dondolo.

Come ogni film di Boxe, non manca il classico montaggio che mostra gli allenamenti. Qui si rivela piuttosto divertente, e anche piuttosto realistico, a giudicare dalle foto autentiche dello strenuo allenamento di Foreman che appaiono nei titoli di coda.

Foreman ha avuto una vita e una carriera interessanti ma non è un protagonista molto interessante, almeno per come è raccontato qui. è un film episodico, in cui ogni svolta sembra schematica e i cui momenti non rimangono impressi, poiché si muove troppo velocemente tra i capitoli di vita del personaggio. Non sorprende che il film si rianimi soprattutto nelle scene con uno spiritoso Ali, interpretato da un carismatico Sullivan Jones, che cattura perfettamente l’umorismo strafottente del pugile. (Gli attori che interpretano Howard Cosell e Johnny Carson non si avvicinano neanche lontanamente a questo livello).

L’interpretazione di Khris Davis

Davis è notevole nel ruolo principale. Impressionante è anche la trasformazione fisica per interpretare il Foreman più vecchio, che arrivò a pesare oltre 135 chili. La fisicità imponente dell’attore era già stata messa in alla prova sul palcoscenico, quando aveva interpretato un personaggio liberamente ispirato a Jack Johnson nella pièce The Royale al Lincoln Center (di recente è stato anche Biff nel revival Broadway di Morte di un commesso viaggiatore), e lui è del tutto convincente qui come pugile noto per i suoi pugni implacabili.

Ma è svantaggiato dal dover interpretare Foreman nel suo periodo di maggiore chiusura emotiva, prima che diventasse un apprezzato venditore della griglia che porta il suo nome. (Aspettate il momento in cui un banchiere commenta con approvazione “quel buffo contratto sulle griglie che hai firmato”). Whitaker offre una solida interpretazione come spalla nel ruolo del fedele allenatore che per primo si propone per insegnare la boxe al giovane sbandato Foreman, vendendogliela così: “Sei abbastanza grosso e abbastanza brutto per farlo. Vuoi imparare?”. Notevole anche la scena in cui l’attore premio Oscar, nei panni di Broadus, reagisce con un’espressione da cane bastonato quando Foreman gli annuncia che ha trovato Dio e vuole lasciare la boxe.

Proprio come Whitney Houston: I Wanna Dance With Somebody (un altro biopic di Sony dal titolo goffo), non è che Big George Foreman sia brutto, ma si limita a fare il suo lavoro. Continui ad aspettare che sferri il colpo del k.o., ma non arriva mai.

Traduzione di Nadia Cazzaniga