Seguire, prima di Instagram. Nel 1998, un novello Christopher Nolan, scrive e dirige il suo primo film da regista e sceneggiatore, Following, non affidandosi ancora alle storie del fratello Jonathan – come farà già in seguito col secondo Memento, 2000, tratto dal suo racconto Memento Mori -, ma manipolando fin da subito il tempo, come avrebbe fatto per il resto della sua cinematografia. A sorprendere dell’esordio sul grande schermo, però, non è solamente l’aver anticipato la colonna portante della sua carriera, ma l’essere andato addirittura oltre.
Lui lo ha previsto, il tempo. Lo ha predetto. Lo ha raccontato prima ancora che arrivasse. Ed è affascinante che in Italia, come in uno dei suoi giochi di incroci tra passato, presente e futuro, arrivi 25 anni dopo. Come fosse un aereo in Dunkirk, grazie a Movie Inspired, con il suo Oppenheimer ecco, in poche copie, ad affiancare quell’opera prima che vinse la Tigre d’Oro al Festival di Rotterdam.
Con Following ha inquadrato una curiosità comune, atavica, una specie di ossessione che ha portato da sempre le persone a impicciarsi, ficcanasare, o più semplicemente ad interessarsi alle altre persone. Un preludio di ciò che sarebbero stati un domani i social media: una finestra sulla vita degli altri, senza doverli “seguire” fisicamente, potendo rimanere aggiornati ventiquattro ore su ventiquattro su quello che fanno. O almeno in parte.
Il seguire sui social, infatti, intende un rapporto di condivisione bilaterale. Un accordo, seppur muto, in cui c’è chi propone e chi fruisce, chi pubblica e chi guarda. C’è un piacere voyeuristico, tanto da parte di chi lo esercita, in quanto soggetto passivo che si lascia osservare, quanto da chi continuamente attende un nuovo post, una nuova storia, da poter così aprire, vedere, commentare.
Following, preludio dell’era digitale
È poi ovvio che, in questa particolare dinamica dell’era digitale, il “soggetto” prova a propria volta un desiderio espresso attraverso le immagini, proprie o di altro. Una volontà di mostrarsi e mostrare. Mistificando la realtà, anche, rimaneggiandola affinché racconti la propria versione della storia (non a caso i social sono attualmente la fonte più fruttuosa e innovativa di storytelling).
È lo stesso che ha fatto Christopher Nolan in tempi non sospetti. Ha rivisitato la perversione dello spiare, lo sbirciare di sottecchi da dietro le tende, che sia inteso nella maniera più vistosa e plateale di un James Stewart, con gamba rotta e obiettivo fotografico, ne La finestra sul cortile o quella più nascosta e morbosa dello sguardo di Craig Wasson in Omicidio a luci rosse.
Quello che voleva fare all’inizio il protagonista in Following – senza nome, come il personaggio in Tenet interpretato da John David Washington – era solo seguire la gente. Individuare una persona nella folla, scrutarla nel mezzo di una piazza, nell’ingorgo di una via, luoghi in cui ci si perde e in cui il protagonista, impersonato da Jeremy Theobald, sceglie chi inseguire, dandosi a sua volta poche regole, come quelle da dover rispettare sui social per non venire “bannato”.
Mai scoprire dove abita, che lavoro fa, o seguirla più di una volta. Giuramenti che vengono infranti nel momento in cui il giovane si imbatterà ne “la bionda”, l’attrice Lucy Russell. Donna algida e impassibile, ulteriore richiamo che sarà in Tenet per quell’atteggiamento che un’altra “bionda” avrà nel film del 2020, la Kat Burton di Elizabeth Debicki.
Defolloware non basta
Le conseguenze vengono da sé. E così, dopo l’incontro con Cobb, ladro provetto che si introduce nelle case delle persone sempre per conoscerne le esistenze, per il protagonista quello che era semplicemente “seguire” diventa mestiere, coinvolgimento, tormento. Diventa innamoramento, offuscamento della ragione, fatalità da cui non può fuggire. Non si può solo “defolloware”.
Gli esiti di Following, costruito sull’intreccio di tre diverse linee temporali, sono ciò che accade ad Alice oltre lo schermo, il “black mirror” con cui Charlie Brooker ha intitolato la sua famosa serie e che è mutato negli anni permettendoci di invadere di più le vite altrui e faticare di meno. Basta seguire dal divano di casa.
Estorcere momenti preziosi di vita che non bisogna neanche più andarsi minuziosamente a cercare, serviti e “rubati” con facilità, come con i ricordi tra cui Cobb fruga nelle abitazioni delle sue vittime (e anche qui Nolan si autoprecede, chiamando Cobb un altro ladro, sebbene di sogni: il protagonista di Leonardo DiCaprio in Inception del 2008).
Nella ruota del tempo che Christopher Nolan ha sempre smosso, ribaltandola e aggiustandola come un orologiaio, Following ha il bianco e nero della pellicola in 16 mm che precede quella in 70 mm di Oppenheimer. Indizi sparsi su come sarebbe stato il futuro del cineasta, un po’ come quelli lasciati nel cerchio del tempo e dello spazio di Interstellar dall’ex pilota della NASA Joseph Cooper (Matthew McConaughey). Nonché anche del nostro, attaccati al cellulare a seguire – e a cercare – qualche follower in più.
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