L’amore in mezzo alle dita. Anzi, sotto. Anzi, facciamo nelle unghie. Toltane una dalle mani di entrambi gli spasimanti, una macchina del prossimo – e non troppo lontano – futuro può determinare o meno se per la coppia vale la pena restare insieme o, altrimenti, dirsi addio subito. Ci sono tre possibilità: 0%, 50%, 100%.
A chi ha lo 0% non conviene neanche provarci. Al 50% solo una delle due metà è davvero innamorata, peccato sia impossibile dire quale. Al 100% significa che è amore vero. Ma vero, questo amore, lo è sul serio? La macchina distopica del Love Institute è un’idea di Christos Nikou, che scrive e dirige Fingernails – Una diagnosi d’amore con Jessie Buckley e Riz Ahmed. La produzione è del colosso streaming Apple TV+, per un’opera piccola piccola che conferma il vezzo dell’autore greco di cambiare la realtà così come la conosciamo, pur facendola restare esattamente la stessa.
Sono sempre delle virgole a modificare i presenti o i futuri del cinema di Christos Nikou. Nel suo esordio Apples, presentato in anteprima alla Mostra di Venezia 2020, era una pandemia di vuoti di memoria ad affliggere gran parte della popolazione (pandemia, popolazione colpita, 2020: avete capito bene, una di quelle strane coincidenze che nulla aveva a che vedere col Covid). Stavolta con Fingernails è l’oggetto tecnologico, un nemico che continua a susseguirsi di film in film, in tutte le storie di fantascienza – e non solo.
Una macchina, in questo caso non senziente, in cui infilare due unghie delle dita e che può fare qualcosa di ben peggiore di tutti i marchingegni venuti prima. Che potrebbe far impallidire Hal 9000 e far piangere persino un Terminator. La macchina di Fingernails può dirti con chi sei – o non sei – costretto a dover trascorrere il resto della tua vita. Ti vincola, ti costringe a (non) prendere una scelta. Come il matrimonio. E peggio del matrimonio. Perché la trappola del Love Institute è che non c’è scampo. O meglio, puoi anche rimanere insieme alla persona con cui sei entrato nell’edificio, ma non potrai certo scommettere che sarà la stessa con cui poi uscirai.
Fingernails e la distopia della diagnosi d’amore
Come andare avanti con la stessa persona che la macchina ti ha sconsigliato, avendo ormai compromesso un rapporto con dubbi e insicurezze. Ma se io mi sento innamorato e l’altra persona si sente innamorata, dobbiamo davvero lasciarci perché ce lo ha detto una macchina? A quanto pare sì. Non è obbligatorio, ma è evidente che è la strada più logica e provvidenziale da seguire. Troppi pensieri, troppe incertezze. Qualcosa si è irrimediabilmente rotto. O, probabilmente, lo era già prima – così risponderebbe il Love Institute.
Vale lo stesso il contrario, ovviamente, come vediamo col personaggio di Jessie Buckley. Al 100% compatibile col compagno interpretato da Jeremy Allen White, la noia e la mancanza di impegno hanno appiattito del tutto la scoperta, il desiderio, anche il divertimento della coppia. Perché investire nel tempo di qualità insieme, per quale ragione prendersi ancora in giro, litigare o interrogarsi. Ce lo ha detto una macchina che siamo innamorati, tesoro. Non c’è nient’altro da discutere, ora sediamoci sul divano e vediamo un (altro) documentario. Ma se a Christos Nikou piace infrangere le regole, i suoi personaggi lo prendono ad esempio. E che importa se una macchina mi dice che non lo possono fare.
Rompendo lo status quo in cui loro stessi si erano incastrati, Anna (Buckley) e Amir (Ahmed), che lavorano al Love Institute e credono fermamente nell’amore, scoprono che alla sicurezza di un certificato rilasciato in carta bollata preferiscono la precarietà che scrutano l’uno negli occhi dell’altra. Che invece della convinzione di aver trovato la formula magica per rimanere insieme per sempre, si sentono più a loro agio nel barcollare nel buio.
È all’istinto che vogliono affidarsi, non all’algoritmo. All’amore, anche dove dicono che non dovrebbe esserci. Tenero e intento a combattere la sua rivoluzione, Fingernails sconfigge la routine ricordandoci che non dobbiamo dare e darci per scontato. Che l’agio della tecnologia vale la pena sfidarla, vale la pena sforzarsi e fare un salto nel vuoto. Che non serve una vita piena di certezze se alla fine non si è più capaci di perdersi nell’altro e di ballare.
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