Alla Disney non si butta niente. Anzi. Anche la più piccola briciola può diventare un film. La regola è: tutto è commerciabile. Ora, la briciola in questione, è una delle attrazioni tematiche dell’impero Disney, che in un processo inverso da quello che ti rende da film a giostra dei parchi divertimento, prende spunto dal concept di una delle punte di diamante dei parchi della casa di Topolino. Per la seconda volta. Prima ancora della saga più famosa tratta da un’attrazione della dinastia Walt Disney, il Pirati dei Caraibi che rese Johnny Depp il fuorilegge Jack Sparrow nel 2006, nel 2003 Eddie Murphy era un agente immobiliare incastrato nella vendita di un maniero imponente e misterioso ne La casa dei fantasmi.
Senza nemmeno cambiare titolo, riproponendo la stessa giostra con diversi protagonisti e tutta un’altra storia, la Disney torna al cinema proprio con La casa dei fantasmi, prendendo nuovamente ispirazione dall’attrazione originale e lasciandosi alle spalle l’opera con protagonista il comico newyorkese. Nemmeno una battuta, un richiamo, un rimando alla pellicola passata.
Nulla accumuna le due opere, non cedendo nemmeno ad uno di quei cameo che troppo spesso cercano di strizzare l’occhio o rendere omaggio per la felicità del pubblico (Ghostbusters, in qualsiasi sua versione, ne sa qualcosa).
Forse per mancanza di veri fan del film del 2003, forse perché per una volta si è stati lungimiranti e si è capito che non sempre accenni alla nostalgia fanno realmente bene a un’opera. Il nuovo La casa dei fantasmi si distacca dal suo doppio e percorre una strada unica e indipendente. Probabilmente, però, è meglio dire soltanto “indipendente”, visto che di “unico” il film non ha nulla.
La casa dei fantasmi, poco spavento e minime risate
Diretto da Justin Simien, regista e sceneggiatore del lungometraggio Dear White People diventato serie televisiva dal 2017 al 2021, il titolo ha un cast corale di quelli che puntano ad accendere l’entusiasmo nel pubblico, spegnendolo appena si intuisce che l’andamento della pellicola sarà deludente. Tiffany Haddish è buffa, Rosario Dawson è inaspettatamente dolce, Lakeith Stanfield è affascinante e Owen Wilson e Danny DeVito sono… Owen Wilson e Danny DeVito.
Il gruppo è improbabile non solo a sentirlo nominare, ma anche vedendolo sullo schermo, e a differenza di quei team che riescono a funzionare proprio per le loro diversità, nonché stranezze, i protagonisti de La casa dei fantasmi ne risentono spaventosamente. Ci si impegnano, questo è assicurato. E si sono anche molto divertiti, stando alle notizie sulle fantomatiche feste organizzate fuori dal set dal più piccolo del gruppo, il giovane Chase Dillon, losangelino classe 2009.
Su Jamie Lee Curtis e Jared Leto non c’è nemmeno bisogno di dilungarsi, vedendo l’attore di Dallas Buyers Club non riuscire a imboccare più un ruolo giusto dalla vittoria dell’Oscar e augurandosi che la collega, dopo la statuetta per Everything Everywhere All At Once, non faccia altrettanto.
Paradossalmente è più protagonista New Orleans degli attori stessi. Città da cui Simien fa trasudare spettri e enigmi occulti, non potendo osare visto il regime “per tutta la famiglia” della Disney. Che poi è proprio lì che La casa dei fantasmi rimane bloccata, nel non essere né un vero horror, né una vera commedia, né qualsiasi cosa si era prefissata. Come i personaggi che, dopo aver messo piede per la prima volta nella dimora di Gabby e del figlio dopo la mezzanotte, non potranno più andarsene.
Il film ha tantissimi fantasmi, questo è vero, ma anche una storia che diventa inutilmente lunga e stranamente contorta. Ti spaventi, ma troppo poco; sorridi, ma passa subito. Come se la maledizione dei protagonisti si riversasse sulla pellicola, non trovando però alcun modo per poterne uscirne. E rimanendo così insipida e confusionaria, pur se stregata.
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