Nel thriller Saltburn della regista e sceneggiatrice premio Oscar Emerald Fennell, Rosamund Pike è l’abile contraltare comico. Il suo personaggio, Elspeth Catton, una ricca ex-modella e madre di Felix, il personaggio di Jacob Elordi, spezza il dramma con battute taglienti, spesso pronunciate mentre ozia nella tenuta di famiglia. Tra le più citate già circola: “Sono stata lesbica per un po’, sai, ma alla fine era tutto un po’ troppo bagnato per me. Gli uomini sono così piacevoli e asciutti”.
L’umorismo disarmante di Pike si inserisce nel contesto aristocratico della famiglia Catton che ospita per l’estate Oliver Quick (interpretato da Barry Keoghan), il meno fortunato e borghese compagno di studi a Oxford di Felix, dando il via a una serie di sfortunati eventi che si abbattono sulla famiglia. Il personaggio di Pike è testimone di questo disastro, anche se Elspeth preferisce fingere che non ci sia nulla di strano.
Pike racconta che, quando ha ricevuto la sceneggiatura, è stata attratta dall’idea che si trattasse di una versione aggiornata di Ritorno a Brideshead, ma poi ha scoperto che era molto di più. “Ha preso una direzione erotica, folle e un po’ cattiva, ed Elspeth mi è sembrata un ingrediente delizioso in questo insieme proibito”, afferma.
L’attrice ne ha parlato in dettaglio con THR (l’articolo contiene spoiler su Saltburn), raccontando il modo in cui si è immedesimata in un personaggio che “immerge solo la punta del piede” nella realtà e come spera che gli spettatori interagiscano con il film.
Ha fatto qualcosa per prepararsi a interpretare Elspeth?
Sì, tantissime cose. Sono andata in vacanza, ho provato alcuni nuovi cocktail. Ho ordinato su eBay alcuni Vogue del 2007 e ho cercato di fare il meno possibile, a parte pensare a cosa avrei indossato e a come mi sarei pettinata (ride, ndr). Ho fatto così tante ricerche per così tanti personaggi, ho anche preso lezioni di chimica quando ho interpretato Marie Curie (in Radioactive del 2019, ndr) che, in realtà è stato sorprendente scoprire di non aver nulla da fare. Mi sono detta: “Tutto quello che devo fare è fare meno”. È stato molto divertente.
Durante le riprese ha soggiornato proprio nella tenuta dove si girava Saltburn. Com’è stato?
È incredibile che si possa vivere nella stessa casa di un’altra famiglia e non vederla mai. Hanno dei giardini bellissimi in cui ci si poteva perdere e andare a leggere. Voglio dire, non direi a Elspeth che stavo leggendo un libro, non credo che Elspeth abbia mai letto un libro in vita sua. Penso che non ci siano abbastanza immagini, mentre lei preferisce le riviste. Ma io, Rosamund, andrei sicuramente nei giardini a sdraiarmi sull’erba e a leggere libri.
Sul set aveva un po’ di libertà e margine di manovra nel dire come pensava si sarebbe comportato il suo personaggio?
Oh, sì. Credo che io ed Emerald (Fennell, la regista, ndr) fossimo molto d’accordo su chi fosse Elspeth, e tutto ciò che lei ha deciso è sempre stato ben accetto e brillantemente specifico. Con Elspeth, ho sempre pensato: “Come posso drappeggiarmi al meglio su tutti i mobili?”. Penso che sia una persona che non si siederà mai se può sdraiarsi e non si alzerà mai se può sedersi. Vuole essere il più rilassata possibile in tutte le situazioni. Ma Emerald e io ci siamo divertite a pensare esattamente a ciò che il personaggio avrebbe fatto. Credo che Elspeth non abbia mai una via di mezzo. O ama una cosa o la detesta. Detesta il karaoke perché se ne sta seduta con le dita nelle orecchie per tutta la scena del karaoke, per esempio. È divertente interpretare un personaggio che ha degli estremi e decidere quale sarà l’estremo.
In Saltburn ha anche delle battute fantastiche. Erano tutte nella sceneggiatura o ha potuto improvvisare?
C’è una piccola conversazione che io e Carey Mulligan abbiamo avuto prima che Oliver (Barry Keoghan, ndr) entrasse per la prima volta nella casa della famiglia, in cui ci siamo limitate a commentare nel modo più cattivo e snob possibile il povero disgraziato che stava per varcare la porta. I due personaggi si nutrono salacemente della sua sfortuna, così come è stata descritta loro. Carey e io ci siamo divertite molto a essere piuttosto disinformate su come vivono i poveri.
Con queste battute, il suo personaggio è spesso quello che fornisce l’umorismo in una trama in gran parte cupa. Com’è stato per lei interpretare questo ruolo? Ha sentito il bisogno di essere l’umorista in quei momenti?
Non saprei, mi chiedo se Elspeth sia divertente perché il suo personaggio è semplicemente ridicolo o perché le sue osservazioni sono così oltraggiose e indiscrete che ridiamo solo perché vorremmo poter dire le stesse cose. Forse tutti vorremmo essere indiscreti come lei. Io probabilmente lo faccio a volte. L’ho trovato molto, molto liberatorio. Lei non ha filtri. E volevo far ridere la gente. Volevo che anche il resto del cast si divertisse con Elspeth.
Pensa che il suo personaggio abbia consapevolezza della realtà? E cosa ha significato questo per la sua interpretazione?
La realtà è troppo noiosa, credo. Penso che ogni tanto lei immerga la punta del piede nella realtà, ma poi rabbrividisca e lo tiri fuori molto velocemente. Come se fosse entrata in uno stagno pieno di rane. Intravede sicuramente degli scorci di realtà terribili. Ovviamente c’è la tragedia di Felix, che è reale e sentita e totalmente devastante. Emerald Fennell ha sempre detto che, quando seguiamo Elspeth attraverso il labirinto verso il centro, lei sa che l’accoglierà una sorta di orrore inimmaginabile. E doveva essere Elspeth a trovare Felix. La regista ha detto che non avremmo mai visto il suo volto perché il dolore di una madre non deve e non può essere visto. Ho fatto la scena e il dolore era intenso, orribile e tremendo.
Ma poi, quando arrivano tutti gli altri, Elspeth si è già zittita, non urla più e ha completamente assorbito e rimosso il sentimento vero, reale, perché penso che sia davvero abile nel farlo. Nel momento in cui sente qualcosa di vero, lo fa a pezzi, lo taglia e basta. Ed è per questo che subito dopo parla del pranzo, perché questo suo atteggiamento fa parte dei codici sociali che hanno permesso al popolo britannico di superare innumerevoli traumi nel corso della storia. C’è sempre un codice sociale che può salvarti in un momento di disperata agonia. L’enigma nell’interpretare Elspeth era scegliere se essere più divertente o frivola, perché lei è superficiale in molti modi, eppure, a metà del film, soffre per un dolore inimmaginabile. Ed è davvero reale, come lo sarebbe per chiunque. Quindi ho capito che nell’ultima parte del film avrei dovuto interpretarla sempre più come un fantasma.
Una delle scene più scioccanti di Saltburn, tra le tante, è il momento, verso la fine, in cui il suo personaggio è in coma e Oliver le strappa il respiratore. Si trattava di una controfigura o ha fatto tutto lei?
Ho fatto tutto io. Sono stata assolutamente presente per due giorni in cui Barry ha fatto quello che voleva. Ho cercato di essere una partner molto attiva per lui. Cercavo di rispondere con il mio respiro inquietante in modo che lui si sentisse parte attiva della scena. Se sei un corpo comatoso in una scena, penso che sia tuo dovere essere presente per l’altro attore.
Cosa spera che la gente possa trarre da questo film?
Non so se voglio che lo intellettualizzino. Voglio che ne discutano, voglio che si sentano spaventati, scioccati, eccitati, che ridano e che pensino. Voglio che le persone si facciano delle domande o che pensino ai propri genitori o alle proprie famiglie. O che ripensino al 2006 e al 2007 e ricordino la musica che amano.
Traduzione di Nadia Cazzaniga
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