Netflix ha risolto con un accordo una causa per diffamazione intentata dal capo di un’organizzazione di esuli cubani, che ha accusato la piattaforma streaming di averlo falsamente ritratto come terrorista e trafficante di droga nel thriller di spionaggio politico Wasp Network di Olivier Assayas.
Gli avvocati del leader di Brothers to the Rescue, Jose Basulto, e Netflix hanno notificato al tribunale un accordo per risolvere la causa, secondo un avviso depositato mercoledì 24 gennaio. I termini dell’accordo non sono stati resi noti. L’inizio del processo con giuria era previsto per il mese prossimo.
Wasp Network, uscito nel 2019 con l’indicazione “basato su una storia vera”, è tratto dal libro The Last Soldiers of the Cold War di Fernando Morais. La causa accusava Netflix di aver fatto delle concessioni a Cuba per poter girare nel Paese, che avrebbe interferito con la realizzazione del film per garantire una versione favorevole della storia. L’accusa fa riferimento alle richieste dell’ufficio cinematografico cubano, che afferma di non consentire le riprese di sceneggiature “dannose per l’immagine del Paese e del popolo cubano”.
Tra le concessioni che Netlix avrebbe accettato: la rappresentazione di Basulto come fantoccio degli Stati Uniti e traditore di Cuba; la romanticizzazione dei crimini commessi dal regime di Fidel Castro e la rappresentazione favorevole dei Cinque Cubani, un gruppo di spie inviate da Cuba all’inizio degli anni Novanta per infiltrarsi nei gruppi di esuli cubani di Miami.
“Il film è un evidente tentativo di riscrivere e mascherare la storia a favore del regime comunista cubano e non è corretto nei fatti”, si legge nella denuncia. “Il film ritrae i Cinque Cubani come eroi coraggiosi che stavano semplicemente difendendo la loro patria. In realtà, i Cinque Cubani erano una rete di spionaggio che produceva informazioni utili per consentire al governo cubano di commettere esecuzioni extragiudiziali”.
Le esecuzioni, secondo la causa, includono l’abbattimento, nel 1996, di due aerei di Brothers to the Rescue, impegnati in una missione umanitaria per salvare i rifugiati cubani diretti negli Stati Uniti su zattere. Basulto ha affermato che il film rappresenta in modo errato la sua organizzazione no profit come un’organizzazione terroristica, per giustificare lo spionaggio dei Cinque Cubani.
I membri del gruppo sono stati alla fine condannati nel 2001 per associazione a delinquere finalizzata allo spionaggio, associazione a delinquere finalizzata all’omicidio e per aver agito come agenti non registrati di un governo straniero, oltre ad altre accuse. Le conclusioni del caso e altri procedimenti legali sull’argomento sono ampiamente citati nella denuncia come prova del fatto che il film ha deliberatamente ignorato i fatti relativi all’episodio. L’assemblea della resistenza cubana, che lavora a stretto contatto con le comunità di esuli cubani, ha denunciato il film come non veritiero.
Tra le specifiche affermazioni diffamatorie citate nella denuncia, il film afferma che Basulto è stato “addestrato dagli Stati Uniti come terrorista” e definisce Brothers to the Rescue una “organizzazione militante”.
Basulto ha presentato, tra le altre cose, richieste di risarcimento per diffamazione e inflizione intenzionale di stress emotivo. Ha chiesto un’ingiunzione che impedisca a Netflix di diffondere ulteriormente il film o un’ordinanza del tribunale che costringa la piattaforma streaming a modificare alcune scene e a eliminare qualsiasi riferimento al fatto che il film sia basato su eventi reali. Assayas era stato inizialmente citato nella denuncia, che però è stata archiviata a gennaio perché non gli era stata notificata.
Wasp Network non è il primo progetto basato su eventi reali a portare Netflix, che non ha risposto a una richiesta di commento, in tribunale. Alan Dershowitz, un ex-gran maestro di scacchi sovietico e una collaboratrice della truffatrice di New York Anna Sorokin hanno tutti citato in giudizio la piattaforma a vario titolo per come sono stati rappresentati.
Nel 2020, anche l’esule cubana Ana Martinez ha fatto causa a Netflix per la sua rappresentazione da parte di Ana de Armas come una “festaiola” promiscua nel film.
Traduzione di Nadia Cazzaniga
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