(L’articolo contiene spoiler su The Wicker Man e Midsommar).
Quando di un film si dice che è un horror ma non proprio un horror, di solito quel film è tra i più terrorizzanti di sempre. Gli inglesi sono campioni della categoria: nel 1973, nelle sale di Londra uscivano con un biglietto combinato il grande A Venezia… un dicembre rosso shocking e un B-movie destinato a diventare altrettanto grande, The Wicker Man. Appartengono a molti generi le indagini del sergente Howie, alla ricerca di una bambina scomparsa nell’isola di Summerisle, un piccolo villaggio scozzese dimenticato da dio e dalla regina. Sono strani questi isolani: gli empori vendono cervelli di topo e feti di vitelli, la notte si consumano dei baccanali all’aperto, alle ragazze insegnano la partenogenesi facendole saltare sul fuoco, nude.
“È naturale”, spiega ad Howie il lord e guida spirituale dell’isola, le cui scure sopracciglia tradiscono il magnetico volto di un Christopher Lee in abiti civili. “Sarebbe molto più pericoloso se saltassero sul fuoco vestite”. Se oggi questi sarebbero per ogni turista segnali di darsela a gambe levate, è perché The Wicker Man è ormai uscito da cinquant’anni.
Stranezze (e musiche) memorabili
Per il povero sergente Howie, che non aveva visto il film di cui è protagonista, queste stranezze sono solo motivo d’ira, fervente cristiano qual è. Sembra arrabbiato, e non spaventato, anche quando scopre che la bambina che sta cercando potrebbe essere presto sacrificata per far tornare fertili i campi di frutta e verdura di Summerisle.
Così le indagini vanno avanti tra il suo serio e il faceto dei locali che lo prendono in giro. Il film sembra un giallo, un thriller nei migliore dei casi, spesso un surreale, erotico, divertente film di serie B. È addirittura più un musical che un horror, The Wicker Man, tante sono le canzoni diegetiche che per un motivo o per l’altro gli isolani si mettono a cantare.
Paul Giovanni e i Magnet, che avevano composto le canzoni del film, rimarranno alla storia solo per The Wicker Man, come il regista Robin Hardy. Eppure, come il film, le sue musiche sono davvero memorabili.
Maypole, cantata dai bambini che corrono attorno all’albero di maggio, racconta il ciclo della vita: su un albero c’è un ramo e sopra un nido. Dall’uovo esce un uccello che perde una piuma. Dalla piuma, un letto con una ragazza e un uomo, e un seme, da cui esce un ragazzo e poi un uomo e poi una tomba. E dalla tomba di nuovo un albero, e da capo. The Wicker Man esce nel ‘73, nel ‘74 Sergio Endrigo pubblica Ci vuole un fiore con i testi di Gianni Rodari, che forse amava il folk-horror.
E poi arrivò Midsommar…
Un genere tornato rilevante negli ultimi anni: la trama di The Wicker Man è ripresa in Midsommar, molto più horror del suo precursore. Il film di Ari Aster, campione del nuovo spavento sofisticato della A24, prende The Wicker Man e lo cambia di verso: al contrario del sergente Howie, la Dani di Florence Pugh fa sue le festività del calendimaggio, e capisce che i pagani non sono pazzi, sono gli unici che hanno capito qualcosa.
Ma che i veri cattivi siano i membri della società moderna è una lettura già emersa anche da The Wicker Man. Come ha scritto la critica Cristina Resa, il sergente Howie “sulla carta dovrebbe essere l’eroe, ma di fatto è caratterizzato da una certa sgradevolezza, un cieco bigottismo, mentre le persone che abitano Summerisle e seguono una religione legata al ciclo di morte e rinascita della terra, che rievoca l’atmosfera di liberazione della controcultura, piacciono decisamente di più sia a noi che a Hardy e Shaffer”, lo sceneggiatore del film.
Gli eredi di The Wicker Man
La nuova ondata di horror indipendente deve molto a The Wicker Man e alla corrente del folk horror. Ne prendono parte anche film insospettabili: Get Out di Jordan Peele parla fondamentalmente di un uomo che arriva in una comunità isolata con credenze particolari. Come Get Out, The Wicker Man è un puzzle film, pieno di indizi e premonizioni su quello che sta per succedere, tutti da notare alla seconda visione.
Questi film rispondono ai quattro momenti fondamentali della catena del folk horror, teorizzata dallo studioso Adam Scovell: il paesaggio rurale (1) isola una comunità (2) in cui il sistema di valori si è alterato (3) spingendoli a compiere atti terrorizzanti (4).
Al di là del paganesimo, l’idea di una folla che non ascolta ragione è la vera fobia di The Wicker Man. Alla fine il sergente Howie va incontro al suo destino: è lui la vittima sacrificale. Quando vede il wicker man, il grande uomo di vimini dentro il quale brucerà vivo, Howie comincia a urlare. “Oddio! O Gesù Cristo!”. Sono urla di sincero terrore, di un’inquietudine pesante. Tutti i piccoli risvolti comici, tutte le canzoni, si frantumano nell’orrore dello sguardo sconvolto del poliziotto, e nel nostro.
Rinchiuso nell’idolo, le imprecazioni di Howie si mischiano alle urla degli animali con cui sta venendo bruciato e al canto medievale e felice dei villici. “Sumer is icumen in, lhude sing, cuccu!” intonano. L’estate è arrivata, canta forte cuculo!
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma