In quella storia di solitudine e voyeurismo che è La finestra sul cortile, c’è un momento in cui la dimensione del thriller si fonde con quella romantica, e quel genio del cinema di Alfred Hitchcock risolve tutto in un’unica inquadratura. Grace Kelly si è intrufolata a casa di Raymond Burr per capire se lui ha ucciso la moglie: la prova è la fede nuziale. Quando riesce a trovarla e la mostra a James Stewart, che la sta seguendo con il teleobiettivo dalla finestra di fronte, gli dice nello stesso tempo: “È sposato” e “Cosa aspetti a sposarmi?”.
La finestra sul cortile
Presentato alla serata inaugurale della 15ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia del 1954, La finestra sul cortile è considerato uno dei capolavori del cinema mondiale. “Apoteosi della soggettiva” – elaborata in forme diverse, dalla panoramica all’effetto cannocchiale fino allo zoom – il film di Hitchcock prende le mosse dal racconto It Had To Be Murder di Cornell Woolrich (pubblicato nel 1942 sulla rivista Dime Detective) al quale apporta, insieme allo sceneggiatore John Michael Hayes (con lui anche in Caccia al ladro, La congiura degli innocenti e L’uomo che sapeva troppo) alcune importanti modifiche.
Assente dal racconto letterario, la riflessione sulle relazioni sentimentali e il matrimonio diventa centrale nel film. Lo spettatore vede ciò che vede Jeff (James Stewart), un fotoreporter costretto in sedia a rotelle, che per combattere la noia passa le giornate a osservare “le vite degli altri” attraverso le finestre spalancate dei suoi dirimpettai. Jeff può così penetrare con lo sguardo l’initimità dei suoi vicini e le loro relazioni (più o meno pericolose). Sul punto di rompere con la fidanzata Lisa (Grace Kelly), Jeff finirà per scoprire un segreto che i suoi vicini speravano di tenere nascosto. E non è un caso se l’indizio risolutivo, quello che smaschererà l’assassino è – come illustrato in questa magnifica sequenza – proprio una fede nuziale.
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