Trent’anni di Trainspotting: dal “no future” al musical, parabola folle di una favola nera

Fu pubblicato per la prima volta nel 1993 il libro di Irvine Welsh che tre anni dopo dette vita al film-culto di Danny Boyle. Un successo paradossale che presto sarà anche uno spettacolo musicale. Racconta Luigi Brioschi, che portò il romanzo nel nostro Paese: "Prima di noi non c'erano offerte in Italia perché era considerata un'opera intraducibile"

“Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera. Scegliete la famiglia, scegliete un maxi televisore del cazzo, scegliete lavatrici, macchine, lettori cd e apriscatole elettrici. (…) Scegliete un futuro, scegliete la vita. Ma perché dovrei farlo? Io ho scelto di non scegliere la vita, ho scelto qualcos’altro. Per quale ragione? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando hai l’eroina?”. Era il 1993 quando l’autodidatta scozzese Irvine Welsh, ex punk ed ex tossicodipendente del sottoproletariato di Leith, riusciva a farsi pubblicare Trainspotting, sorta di autobiografia romanzata composta in sette avventurosi anni di lucidità a tratti. Un romanzo anarchico – nella forma frammentaria, nel contenuto esplosivo –  sulla vita borderline di un gruppo di ragazzi di Edimburgo tra eroina, nichilismo e violenza autodistruttiva.

Era l’Inghilterra a cavallo tra tracollo economico (il crollo della sterlina nel 1992) e risorgimento della “Cool Britannia” di Tony Blair, un’epoca in cui il consumo di eroina assunse nel paese i contorni di un’epidemia. Nel 1996 – all’incirca lo stesso periodo in cui l’eroina entrava nel brit pop, con Beetlebum dei Blur (She turns me on and all my violence’s gone, nothing is wrong) – il caso Trainspotting esplodeva definitivamente nella cultura popolare grazie al fortunato adattamento cinematografico di Danny Boyle, con Ewan McGregor nella parte dell’allucinato Mark Renton (a lui il monologo del “scegliete la vita”: un cult).

Trainspotting

Trainspotting

Da lì in poi la popolarità del libro (e del film) non è mai cessata, in Inghilterra come in Italia, dove Trainspotting arrivò, con un anno di ritardo, grazie alle edizioni Guanda: “Dietro a Trainspotting c’è un piccolo mistero editoriale – ricorda Luigi Brioschi, presidente di Guanda e responsabile della “scoperta” di Welsh in Italia – perché era un libro nelle classifiche inglesi, era un bestseller, ma nessuno se ne era accorto. Quando nel 1994 andai alla fiera di Londra, tutti parlavano di una pièce teatrale tratta da questo Trainspotting. Cercai di vederlo, ma era sold out. Allora finalmente comprai il romanzo: un testo che metteva a soqquadro la lingua (Trainspotting in originale è in slang scozzese, ndr) e la narrativa, con un violento e tempestoso intreccio gergale. A quel punto lo acquistai: sono convinto che in Italia non fu mai stata fatta un’altra offerta perché il libro era considerato intraducibile”.

Bestseller anche in Italia – dove ha venduto almeno 200.000 copie, e viene ristampato ogni anno da Guanda – Trainspotting si è moltiplicato in altri cinque titoli (Porno, Skagboys, L’artista del coltello, Morto che cammina e Godetevi la corsa), un sequel cinematografico (T2 Trainspotting), un adattamento teatrale, un’”esperienza immersiva” (Trainspotting Live), e una serie tv annunciata e (ancora) mai realizzata. 

Non solo: come racconta lo stesso Welsh in un’intervista a The Guardian, presto arriverà anche un musical, “un musical vero, con le canzoni i balletti e tutte queste stronzate. Phil McIntyre [il produttore] me l’ha chiesto per anni e ho sempre detto di no – ha detto –  Poi ho pensato che se non l’avessi fatto io, l’avrebbe fatto qualcuno tipo Andrew Lloyd Webber (l’autore di Jesus Christ Superstar, ndr) appena fossi finito sotto terra. Per cui meglio io”. Il musical non avrà le stesse musiche del film (a partire dalla celeberrima Lust for Life di Iggy Pop), ma nuove canzoni cui Welsh sta lavorando insieme ai suoi collaboratori, e un cast di giovani attori scozzesi: il lancio è previsto per il febbraio 2024 nel West End, seguito da un tour in Inghilterra.

Ma perché tornare a una storia di trent’anni fa, su un’Inghilterra che sembra ormai lontana? Perché, spiega lo scrittore, da allora a oggi le cose sono cambiate. In peggio: “Quando scrissi Trainspotting, lo pensavo come una specie di avvertimento. Era una favola nera che metteva in guardia contro la dipendenza dall’eroina – racconta –  Oggi il libro ha tutto un altro sapore. Suona come un invito a drogarti. Voglio dire: come fai a dire oggi ai poveracci in Scozia che la droga gli rovina la vita? Tanto il lavoro, la casa e i soldi da spendere in stronzate non li avranno mai.  Non è più un fatto di scegliere o non scegliere. Oggi puoi solo scegliere una cosa: la droga. Per questo la versione teatrale sarà più cupa del libro o del film: il mondo intorno a noi si fa sempre più tossico. Non per la droga, ma per il fascismo del capitalismo”.