Casablanca: il più iconico di tutti i film, summa assoluta della golden age hollywoodiana. L’amore tra Ilsa e Rick, l’eroismo nobilissimo del “terzo incomodo” Victor Laszlo, quel furbacchione del capitano Renault, l’orrido maggiore Strasser, le battute formidabili (“Suonala, Sam” e “Avremo ancora Parigi” per dirne due), le scene memorabili (quella della Marsigliese, soprattutto), il retroscena per cui moltissimi nel cast – di un film di cui nessuno, durante le riprese, conosceva il finale – avevano alle spalle lo stessa avventura dei protagonisti, ossia la fuga dall’Europa devastata dai nazisti… praticamente un miracolo, forse irripetibile, del cinema e dell’immaginario globale.
Ebbene, è facile immaginare che sarebbe bastato un minuscolo dettaglio per scombinare il risultato finale, per dissolvere la magia che è il film di Michael Curtiz (film fortissimamente voluto dallo stesso Roosevelt per contribuire a convincere l’America a combattere Hitler), scritto con diabolica e sognante intelligenza da Julius J, Epstein, Philip Epstein e Howard Koch mentre la seconda guerra mondiale era indubbiamente al suo apice.
Un miracolo chiamato Casablanca
Ma cosa sarebbe successo se al posto di Humphrey Bogart nella parte di Rick ci fosse stato Ronald Reagan? Sì, perché era stato il futuro presidente degli Stati Uniti la prima opzione per il ruolo dell’affascinante ma apparentemente cinico titolare di un cafè americain, ritrovo di tutti coloro che sognavano di prendere l’ultimo volo per Lisbona, per raggiungere da lì l’America e, con essa, la salvezza… Difficile dirlo, anche se risulta arduo immaginarlo tra le braccia di Ingrid Bergman, ancora ben lungi dal diventare la signora Rossellini.
Ma si sa, i miracoli certe volte accadono: in questo caso, un cast formidabile sin dalle prime file agli ultimissimi ruoli. E comunque la si voglia vedere, fu “the beginning of a beautiful friendship”, per dirla con Rick/Humphrey: quella tra il grande cinema di Hollywood e il mondo intero (nazisti esclusi, of course).
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