Qualche intoppo nella pianificazione, ma il bilancio di LoversGoesIndustry è più che positivo secondo l’organizzatore Angelo Acerbi, che a The Hollywood Reporter Roma – oltre a tirare le somme dell’edizione appena conclusa – riflette del mercato cinematografico LGBTQ+, ma anche delle storie e dell’assorbimento della diversità attraverso il cinema di genere. Oltre ad aver organizzato l’appuntamento industriale dedicato al cinema queer, Acerbi è anche head programmer del LoversFilmFestival, diretto dalla scrittrice, attivista ed ex-deputata Vladimir Luxuria.
LoversGoesIndustry, ora, è alla terza edizione, questa volta non più in concomitanza con la kermesse (che si svolge annualmente nel periodo di giugno), bensì nei giorni del TorinoFilmFestival, e della sua parte industry ospitata dal Circolo dei Lettori di Torino. “Il Museo del Cinema ci ha chiesto, per omogeneità e coerenza, di spostare questo appuntamento sotto il cappello TorinoFilmIndustry, una scelta che ha molto senso, anche se è stato uno sforzo economico maggiore da parte del festival”.
“È stato tutto pianificato in pochissimo tempo, ma siamo soddisfatti del risultato, nonostante il mio scetticismo iniziale”, aggiunge Acerbi. “L’interesse generale, anche esterno alla comunità cinematografica LGBTQ+ è stato ampio, come se noi fossimo il tassello mancante al puzzle del TorinoFilmIndustry”.
Il cinema queer e il grande schermo
Il cinema indipendente, come spesso sottolineato nei giorni di festival, ha diverse difficoltà ad arrivare in sala, e la cinematografia indipendente che affronta tematiche LGBTQ+ soffre delle stesse difficoltà, e qualcuna di più. “Sul territorio italiano, noi partiamo da un problema generale di produzione”, spiega Acerbi.
“Nel creare contenuti queer per il grande schermo, ma anche per gli Streamers, il mercato italiano si confronta con la sua schizofrenia: il film prodotto a tematica LGBTQ+, una volta che c’è, riempie i festival con grande partecipazione, ma la parte produttiva ha ancora paura a buttarsi in questo mondo”.
Una problematica già precedentemente sollevata dal fondatore di Lucky Red Andrea Occhipinti in un’intervista a THR Roma, nella quale il produttore aveva spiegato come nella produzione e nel finanziamento di un film sono “molto importanti le televisioni”. “E Rai e Mediaset non sono mai state molto inclini, o audaci, nel finanziare questi temi”.
“I film a tematica LGBTQ+ in italia vengono fatti perché il produttore e il regista hanno la voglia e la necessità di farlo, e si buttano”, aggiunge Acerbi. “Ma manca sempre un gradino a queste scale: il produttore ha sempre paura che il film non renda economicamente, quando spesso questi film girano in tanti festival e vengono largamente apprezzati dal pubblico”.
Un problema anche delle piattaforme
E le piattaforme, che si sono presentate “come salvatrici”, sostiene l’head programmer di LoversFilmFestival, non sono da meno in quest’ultimo periodo. “Soprattutto negli ultimi anni, con la riduzione dei budget ha interessato anche loro, anche per loro si presenta questa schizofrenia: vogliono i contenuti, ma non riescono a farli”.
“Non c’è disponibilità di mercato finanziario e produttivo, quando poi ci sono produzioni a tematica che di un certo spessore, queste vanno in tutti i festival, Andrew Haigh primo fra tutti”. Andrew Haigh, regista di Estranei, presentato in anteprima al Telluride Film Festival e in arrivo nelle sale italiane nel 2024, “si è costruito un’autorevolezza e una credibilità internazionale e mainstream con film a tematica, ed è apprezzato, accettato, seguito e inseguito”. “Per cui non si capisce – aggiunge Acerbi – come lui abbia forza per fare un film a tematica e altri no”.
Una spiegazione potrebbe essere una sorta di barriera all’ingresso, il cosiddetto gatekeeping. Secondo Acerbi si tratta di una barriera comunicativa: “Il consumatore consuma quel ‘prodotto’, ma il produttore crede fermamente il contrario”.
“La qualità dei film a tematica si è alzata tantissimo, è sempre più ‘facile’ fare un programma per un festival di qualità, perché la qualità alta c’è,” racconta Acerbi, sottolineando però che il la grande spada di Damocle per un festival a tematica è quella di essere “cannibalizzati dalle kermesse più grandi”. In sostanza, è più una questione di “assumersi un rischio di impresa”. “Perché il distributore e il produttore vengono a vedere il film in sala, vedono l’impatto del pubblico, però poi non rischiano”.
“In Italia, per il mercato indipendente, c’è un gigantesco problema di distribuzione, per tanti motivi che sono sopra a tutti”, ma comunque – secondo Acerbi – c’è una grande difficoltà di “ascoltare veramente il pubblico”.
L’indie queer, la controcultura
Il cinema indipendente, differentemente dal mainstream, riesce a essere più controculturale, propone nuove narrative e rischia, tanto, soprattutto nelle rappresentazioni di storia e comunità LGBTQ+.
“Anche nell’ambito tradizionale ci sono film che sono corretti anche se non esaustivi,” spiega Acerbi. E poi ci sono i cosiddetti “film gay per eterosessuali”. Cioè “film che affrontano con superficialità l’aspetto melodrammatico o comico, spesso non realizzati con sufficiente rispetto e attenzione: non sono magari offensivi, ma sono sciapi e imprecisi”.
Ma ci sono anche casi di grande onestà, spiega l’organizzatore di LoversGoesIndustry, come Stranizza d’amuri, di Giuseppe Fiorello. Un’opera che ha “difetti cinematografici”, ma c’è “tanta passione e desiderio di raccontare quella storia, che arriva e ti coinvolge”.
“È tutta una questione di sensibilità e attenzione, non c’è una questione del ‘se non sei gay non puoi raccontare una storia gay’ – continua Acerbi.
Assorbimento della diversità
E c’è una tendenza che stanno notando l’organizzatore i suoi colleghi: “C’è volontà di contaminazione di generi”. “Si parla di storie queer, ma che si allontanano dal dramma e dalla commedia pura, e diventano thriller, violenti, con temi sociali forti, commedie fuori di testa”
Con l’evoluzione della società, continua Acerbi, “a volte la tematica è fondamentale nel film, ma non è la trama del film”. “Una volta si parlava di accettazione, coming out, gestione rapporti con la società. Adesso ci sono tanti film dove i protagonisti sono queer, e il loro modo di essere influenza la storia e il modo in cui vivono, ma non è la storia. Si nota, con molta calma, un assorbimento del concetto di diversità”.
E io credo che un film che non è più quindi genere LGBTQ+, ma qualsiasi, e con un forte segno comunitario, dovrebbe forse rendere più facile la diffusione, perché meno ghettizzante”. “E Maschile singolare, di Matteo Pilati e Alessandro Guida – conclude l’organizzatore di LoversGoesIndustry – è stato venduto ovunque”.
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