Era solo questione di tempo. E al decimo giorno di programmazione avvenne: il miglior incasso del 2023 è C’è ancora domani di Paola Cortellesi con 5,6 milioni di euro (5.609.132. per la precisione), risultato ottenuto fino a sabato 4 novembre compreso. E dietro di lei, al terzo posto (al secondo c’è l’evento, mondiale, Five nights at Freddy’s, adattamento dal famoso videogame cult), c’è il miglior esordio dell’anno per un film non ascrivibile al genere commedia, quello di Comandante, che ha sfruttato il ponte della festa di Ognissanti, uscendo martedì 31 ottobre, e sfruttando con il suo sottomarino un’onda lunga di sei giorni.
Nel frattempo Io, capitano e i Me contro te al quinto capitolo cinematografico sono a poche migliaia di euro dai 4 milioni di incasso, confermando una salute, a tutto tondo, di un cinema italiano battezzato come morto da mesi. Una salute testimoniata da generi totalmente diversi l’uno dall’altro.
Questo non toglie, sia chiaro, lo stato febbricitante del sistema cinema nostrano, tra tax credit in pericolo e sale da rinnovare (e un’emorragia di schermi da arrestare), una filiera da riassestare su logiche sicuramente più economicamente sostenibili e commercialmente valide. Ma apre, di sicuro, delle riflessioni necessarie sull’analisi di questi risultati ma anche di quelli precedenti che per mesi, se non per anni, hanno portato a celebrare il funerale del grande schermo in Italia.
Il vento d’estate che ha spinto Paola Cortellesi a diventare il miglior incasso del 2023
Cos’è successo in questo fine settimana che in altri periodi non è accaduto? Senza togliere il lavoro al nostro esperto Alessandro De Simone, il nostro esperto di industry e box office, intanto non possiamo non valutare l’effetto di un’estate straordinaria in termini di incassi e attenzione, anche mediatica, verso la Settima Arte, non tanto in termini (anche) di numeri assoluti, quanto di percezione di salute.
In una stagione in cui normalmente si pensava solo a quante settimane dovessero stare chiuse le sale e in cui distribuzioni e produzioni svuotavano i magazzini di titoli “tossici” (per uscite tecniche o per mostrare opere valide in cui non credevano), e questo anche quando il sistema era in salute e il cinema italiano arrivava a un terzo del mercato globale, quest’anno abbiamo assistito a un’estate finalmente normale, simile agli altri mercati mondiali.
Ci eravamo abituati più recentemente a una primavera prolungata e autunni anticipati (l’ultimo blockbuster di solito cinefumettoso arrivava anche alla terza settimana di luglio e il primo della nuova stagione nell’ultima di agosto), contraendo quell’estate sterile a un mese abbondante, ma era ancora troppo poco.
Il traino che invece Barbie ha fatto a Oppenheimer – consecutivi invece che contemporanei come nel Barbienheimer statunitense – ha portato due blockbuster a dominare non solo il box office, ma l’immaginario. Si riempivano le sale, ma, cosa ancora più importante, si parlava continuamente, in Rete, sui giornali, nelle cene, dei due film fenomeno della stagione. E questo ha ricreato, insieme a un festival di Venezia che ha saputo essere abbastanza mainstream da far parlare di sé anche senza divi di Hollywood e con una Festa del cinema di Roma che ha scelto bene nelle opere italiane di genere e d’autore (e non di rado contemporaneamente), una percezione più centrale del cinema nel mercato e nel dibattito culturale più di massa.
Questo ha fatto sì che l’Italia, a modo suo (sembrava fallimentare la mancata contemporaneità tra Gerwig e Nolan, è stata invece una variante efficace), si sia inserito in modo virtuoso e redditizio in un trend mondiale.
Paola Cortellesi come Tom Cruise
Ci sono, poi, motivi più legati alla nostra territorialità, alla peculiarità del nostro mercato e del nostro cinema.
Uno, forse il principale, è il ritorno di una diva bankable con tutta la sua potenza di fuoco. Paola Cortellesi, diciamocelo, è la nostra Tom Cruise. Come quest’ultimo ha con Top Gun: Mavericks dimostrato di essere il Top Guy del cinema mondiale e ha riportato il box office ai livelli prepandemia (per stessa ammissione dei colleghi che poi ne hanno approfittato, dimenticandosene, da Margot Robbie a Christopher Nolan), lei, come Alessandro De Simone ha ricordato nell’articolo in cui ha analizzato gli ultimi 12 anni da protagonista al cinema dell’attrice, ha rischiato con Ritorno a Coccia di Morto, portando nel momento peggiore della nostra industria 3,2 milioni di euro di incasso, cifra quasi miracolosa nel 2021.
Anzi, a pensarci bene, Milani e Cortellesi hanno fatto per il cinema italiano il nobile sacrificio che Nolan fece con Tenet, portando un blockbuster a incassare cifre limitate e non degne delle sue potenzialità, per tenere aperte le sale. Questo mentre tutti i suoi colleghi italiani che spostano davvero il pubblico, da Carlo Verdone a Checco Zalone, marcavano visita, uno rifugiandosi nella serialità televisiva (e in bellissimi libri), l’altro in una tournée teatrale. Solo per citarne due.
A dirla tutta, gli unici che hanno un loro pubblico e una loro credibilità critica che si sono messi in gioco come e più di lei sono stati Pierfrancesco Favino, che nel post pandemia non si è risparmiato e con L’ultima notte di amore ha probabilmente fatto ripartire la macchina del box office e del dibattito cinematografico e (compreso Adagio che uscirà il 14 dicembre prossimo) ha inanellato negli ultimi due anni sette film usciti in sala, e Alessandro Borghi, che si è fermato a sei, ma da Vannucci a Carrozzini, ha tenuto su il cinema indipendente come pochi altri mettendo, con il sodale Marinelli, la tacca su uno dei successi della scorsa stagione, Le otto montagne (sei milioni di euro).
Dire che il cinema italiano era morto mentre la gran parte dei suoi assi stavano sotto coperta in attesa di tempi migliori o non avevano la forza di mercato per scommettere sul loro successo in sala, è come lamentarsi dell’Italia del calcio che non va al mondiale nel momento in cui non si hanno campioni da schierare. Per fare un altro esempio, registico: Paolo Sorrentino il suo amato e personalissimo È stata la mano di Dio, una delle sue opere più belle, dall’alto del suo Oscar, ha potuto mandarlo in sala qualche settimana prima della programmazione su Netflix, essenziale per la sua realizzazione.
Netfilx non permette la rilevazione Cinetel, ma si parla di 7 milioni di euro di incassi. Almeno. Insomma quando chi è amato dal pubblico ha giocato in questo campionato, ha sempre vinto. E in alcuni casi dilagato.
Le motivazioni più “italiane” che hanno portato C’è ancora domani di Paola Cortellesi a essere il miglior incasso
C’è poi una valutazione da fare, questa volta non rivolta a ciò che non è successo nel recente passato, ma riguardante una lezione da tenere presente per il recente futuro.
Non è un caso che questo successo arrivi su una storia femminile e femminista. C’è ancora domani ha una regista e una protagonista, ha una comprimaria straordinaria come Emanuela Fanelli, entrambe sono ritratte sul manifesto. L’antagonista è un uomo, il personaggio maschile più amato è lo straordinario Vinicio Marchioni, scritto come meravigliosamente funzionale all’interprete principale. Un rovesciamento di generi nell’abituale schema cinematografico maschilista italiano, che ha costruito una storia prima di tutto aspirazionale per donne che cercano una genealogia di principi, una Mamma Roma in Delia in cui identificarsi come altre generazioni hanno fatto prima con campionesse d’incassi diversissime come Anna Magnani o Monica Vitti, figure femminili indipendenti e forti (e se ci pensiamo Barbie, da un punto di vista altro, non ha fatto esattamente la stessa cosa?).
E al di là della maturità di una narrazione audiovisiva che finalmente sa raccontare storie diverse, non dimentichiamo che in Italia (e non solo) chi decide nei nuclei sociali e familiari cosa andare a vedere sono le donne. E se chi decide può riconoscersi nella storia che vedrà, sarà più facile che la scelga. Una lezione che la tv generalista ha capito prima di tutti, si pensi agli ascolti clamorosi di una fiction Rai come Imma Tataranni con una diva non conforme all’immagine della “solita” attrice come Vanessa Scalera, o Blanca che vede Maria Chiara Giannetta mattatrice (e tra le prossime protagoniste del film di Ficarra & Picone, altri due che tornando a Natale potrebbero segnare un grande risultato di quelli mancati negli ultimi 30-36 mesi).
Miriam Leone, Benedetta Porcaroli, ma anche chi lo è già stato come Valentina Lodovini (in Benvenuti al Sud) o Carolina Crescentini (in Notte prima degli Esami Oggi), Greta Scarano, Giulia Bevilacqua (ed è una lista incompleta, ne potete aggiungere almeno altrettante), hanno il potenziale per portare masse o nicchie importanti in sala. Ma se si continua a usarle come, al massimo, protagoniste di “contorno” al maschio di turno, non serviranno a molto. Come ha fatto notare in un consesso di addetti ai lavori Robert Bernocchi di Cineguru è incredibile che Miriam Leone, che ha un livello di fama persino superiore a quello dei colleghi maschi, non abbia mai avuto un ruolo da vera protagonista, centrale e non di supporto a altro ruolo, ovviamente maschile.
Smettiamo di sottovalutare il pubblico
Un’ultima considerazione artistica va fatta sulla scrittura, sul coraggio di proporre contenuti nuovi invece che percorrere strade simili a quelle che hanno avuto successo in passato. Prendiamo cinque successi delle ultime due stagioni, in ordine di incassi: Il grande giorno (7,2 milioni di euro), Le otto montagne (6), La stranezza (5,7), C’è ancora domani (5,6) e più staccato, ma importante per il risultato imprevisto rispetto alle aspettative, L’ultima notte di Amore (3,4).
Per semplificare sono tutti esperimenti di sceneggiatura e struttura narrativa che hanno sorpreso e conquistato il pubblico.
Il grande giorno ha un cast ragionato e un trio un tempo campione d’incassi e film comici tout court come Aldo, Giovanni & Giacomo alle prese con un’opera più malinconica, sfaccettata, nobilmente senile. Un’uscita dalla comfort zone (già premiata con Odio l’estate dal pubblico) apprezzata dal pubblico.
Le otto montagne è il ritorno di una coppia molto amata dal pubblico per un film d’autore divenuto un fenomeno al box office (Non essere cattivo, il terzo e ultimo film di Claudio Caligari) che si fa dirigere da due registi belgi, in una storia lontana dalle nostre tradizioni, una rude e sentimentale amicizia montanara, in un formato visivo inconsueto. E con un’uscita natalizia che poteva non sembrare appropriata.
La stranezza è un Pirandello rivisto e scorretto che mette insieme la star del cinema d’autore, Toni Servillo, con le star del cinema comico, Ficarra & Picone, il tentativo di sfruttare uno star system che non c’è in Italia. Ma si può creare anche con audaci team up.
C’è ancora domani è la nascita di un’autrice con un linguaggio cinematografico peculiare, originale e affascinante.
L’ultima notte di Amore è una variazione sul genere noir – anche consumato, il famoso ultimo giorno di un poliziotto prima della pensione – che ribalta sia le consuetudini narrative del noir sia la caratterizzazione e la codificazione del personaggio, antieroe fragile e pieno di chiaroscuri. E andando indietro, da Pietro Castellitto a Gabriele Mainetti (passando per sceneggiatori come Nicola Guaglianone) gli ultimi successi sono sempre nati da elementi di novità nella scrittura.
Una postilla distributiva: nei fumetti la Sergio Bonelli editore (ma non solo) ci ha detto che la modernità è fatta anche di modelli distributivi e formati e periodicità diverse (serie, miniserie con numero di albi prestabiliti, graphic novel, splittate tra edicole, fumisterie e librerie). La razionalizzazione e la targettizzazione dei pubblici sta maturando sempre di più: nella prossima settimana ci saranno almeno quattro uscite importanti evento di tre giorni (Gaber di Milani, Trudie Styler su Napoli, Roma Santa e Dannata targata D’Agostino, Ciprì e Giusti e Negramaro) oltre a quelle a lunga tenitura, fino al 20 novembre in cui tornerà dopo 25 anni e in 4k L’odore della notte restaurato.
Abbiamo trovato la ricetta per far rinascere un cinema italiano che non era morto? Probabilmente no, ma se intanto costruiamo uno star system e smettiamo di tenere in panchina, o permettere che si autoescludano, i campioni che abbiamo, ci rivogliamo di più alle donne sia per costruire, interpretare, immaginare le storie, sia come pubblico, scriviamo qualcosa di nuovo, originale e avvincente e infine non sottovalutiamo il pubblico (che è molto più avanti e disposto a sperimentare di molti produttori e distributori) di sicuro qualche ondata di ossigeno in più al botteghino arriverà.
L’inverno è passato, ma la primavera è lontana. Solo che ora la scorgiamo all’orizzonte.
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