Niccolò Castelli, regista ticinese che due anni fa ha portato in sala Atlas, racconto duro e profondo sul terrorismo e le sue conseguenze con una notevole Matilda De Angelis come protagonista, ora è anche il direttore della Ticino Film Commission. E il Mia (Mercato internazionale dell’audiovisivo) vede tra i suoi eventi iniziali – la nona edizione si tiene dal 9 al 13 ottobre 2023 -, nella sala 4 del Cinema Barberini, il panel Cinema svizzero italiano: la stessa lingua, la stessa professionalità, un’altra opportunità, moderato da Mauro Donzelli alla presenza del direttore della TCC e di Michela Pini, produttrice Svizzera (Cinedokke e Amka Film), Patrizia Pesko (Ufficio federale della cultura, Svizzera), Alessandro Marcionni (RSI Radiotelevisione Svizzera) e un saluto iniziale del direttore artistico del Locarno Film Festival Giona A. Nazzaro, alle 16 del primo giorno del Mercato. Il motivo? Una nuova legge che potrebbe cambiare (anche) le sorti del cinema italiano.
In uno dei panel del Mia Market suggerite che ci sia un nuovo modo di fare cinema italiano. In Svizzera.
Lo diciamo a ragion veduta, partendo dalla stretta attualità, ovvero dal voto popolare del 2022 in Svizzera che con una larga maggioranza ha deciso di introdurre una riforma sulla legge del cinema che porterà i colossi dello streaming a investire il 4% dei loro profitti generati in Svizzera nella produzione indipendente elvetica.
Ovviamente questo crea un nuovo paradigma, un nuovo filone di investimento molto interessante a livello produttivo e questa legge entrerà in vigore tra qualche mese, a inizio 2024. C0sì siamo qui a cercare di mostrare le molte opportunità che questa normativa potrà dare al mercato audiovisivo e in particolare a quello dei cugini, quasi fratelli italiani. Partendo da un’ovvietà che è sempre opportuno ricordare: la Svizzera, il Ticino, è l’unico posto al mondo fuori dall’Italia dove si parla l’italiano. Come lingua ufficiale.
Cosa dovrebbe attirare in Ticino il cinema italiano?
Non solo i finanziamenti, perché il cinema è fatto di molto altro. Di maestranze qualificate, di istituzioni attente e di una burocrazia agile, di una predisposizione a ospitare un set. In un cinema che deve essere sempre più europeo, ci saranno anche i fondi del nostro ministero della cultura legati alla produzione locale (il Pics, Promozione degli investimenti cinematografici in Svizzera), una sorta di cash rebate (rimborso in contanti, letteralmente) e questa nuova norma sono solo una parte di ciò che dovrebbe attirare qui le produzioni italiane.
Al di là di questi incentivi alla produzione, infatti, c’è un lavoro che si può fare sui contenuti, un mondo di frontiera che non è solo opportunità economica ed industriale, ma anche narrativa. Da Milano alle Alpi, paesaggisticamente e non solo, abbiamo un mondo da valorizzare, un ponte di diversi chilometri in cui passi dalle palme ai ghiacciai, una fetta di territorio in cui c’è ancora tanto da scoprire, anche se una relazione tra Italia e Ticino, anche cinematografica, c’è da tempo. Partendo da Sorrentino, per arrivare a Chiara Bellosi o Leonardo Pieraccioni (ha qui girato il suo Il sesso degli angeli), questo rapporto di collaborazione e scoperta è anche molto recente, ma è necessario ripresentarci per aprire nuove strade dettate da questa novità.
Il Ticino è una regione di cinema, si pensi solo al Festival di Locarno.
A volte il Festival cannibalizza tutto il resto, è fondamentale la sua presenza ma c’è anche altro! Non mostriamo solo i film, ne facciamo pure. Tanti e belli.
Sembra una scelta precisa e indicativa quella di affidare la direzione della Ticino Film Commission a un regista…
Credo che la scelta sia caduta su di me perché conosco bene il territorio, ci ho girato dei film, ho dimestichezza con le produzioni ticinesi e non solo, e in più da cineasta posso tradurre più facilmente quelle che sono le necessità sia artistiche che produttive. Io so che un film non va solo finanziato, ma accompagnato, penso a una serie girata a Lugano di recente (Alter Ego, una serie thriller in sei puntate con Gianmarco Tognazzi, Giorgia Würth, Bruno Todeschini e Anna Pieri Zürcher, diretta da Robert Ralston e Erik Bernsconi e prodotto da Olga Lamontanara, che con Michela Pini ha dato vita anche a Body Odyssey di Grazia Tricarico, coproduzione italo-svizzera di Revor-Film e Amka Films). Per le scene action e altre necessità di sceneggiatura abbiamo armonizzato il linguaggio cinematografico in modo che direttori di produzione e sindaci potessero e sapessero parlarsi, così come commercianti e organizzatori generali, e così via. E poi abbiamo la sensibilità necessaria per comprendere se un certo luogo possa essere adatto al thriller, all’horror, alla commedia, e come potrebbe trasformarsi, cambiare oltre a quanto potrebbe essere ricettivo ed ospitale.
Un modo anche per superare i pregiudizi?
Ma certo, non devi venire qui solo per cercare come location una banca o un laghetto alpino turistico, così come è necessario far comprendere che il mito del fatto che in Ticino sia tutto carissimo e inaccessibile non vale per un’impresa di questo tipo. Ecco perché l’incontro al Mia Market non è una promozione pubblicitaria ma un panel su cosa e come potremmo aiutare il cinema italiano, e non solo. Non ci sono slogan o comunicati stampa, ma un dossier di 20 pagine che va ben oltre i milioni di franchi che potranno essere immessi sul mercato dal 2024.
Il valore della prossimità, la grande facilità di spostamento e uso delle location in un territorio piccolo, così come quello dell’affidabilità – questo è un paese dove le parole vengono mantenute – del privato e del pubblico, qui i governi sono cantonali e per bloccare un’intera città o quartiere o piazza bastano 24 ore, se necessario. Insomma, a volte in altri territori hai milioni di euro, ma difficoltà pratiche enormi o la necessità di scendere a compromessi che ti tolgono libertà, cosa che qui non avviene.
Cosa vi aspettate dall’Italia?
Collaborazione, interesse. Il mio ultimo film, Atlas (un racconto bello e duro su una superstite di fantasia degli attentati di Marrakech del 28 aprile 2011) aveva come protagonista Matilda De Angelis e un cast quasi tutto italiano, pur avendo una produzione maggioritaria svizzera e minoritaria italiana. Ho toccato con mano le grandi opportunità di poter lavorare insieme e in quel caso mi sono reso conto di quanto poco si sappia del sistema cinematografico ticinese. Sarebbe bello arrivare anche a parlare con il ministero della cultura italiano di accordi di coproduzione, di facilitazioni e incentivi in merito. Come Zurigo parla con Berlino e Ginevra con Parigi sarebbe bello creare un filo diretto Lugano – Roma. E poi noi per voi possiamo essere una porta: i nostri due paesi sono diversi burocraticamente e legislativamente, noi possiamo tradurre il nostro sistema anche per collaborazioni altre nella Confederazione.
Il suo sogno qual è?
Un biopic. Da oggi saremo a Palazzo Barberini, al Mia Market. Palazzo Barberini è stato costruito da architetti ticinesi, come Carlo Maderno e Francesco Borromini (nato Castelli, peraltro) e sarebbe bello un giorno fare una serie su di loro, il secondo ha costruito mezza Roma ed è stato protagonista di una rivalità molto cinematografica con il Bernini. Raccontarlo in Ticino, mostrare com’è diventato uno dei più grandi architetti della storia sarebbe bellissimo. Vorrei che riuscissimo a invertire questa rotta per cui oggi le produzioni italiane vengono in Svizzera quando vogliono magari trovare qualche elemento in più sia narrativo che produttivo, ma non conoscono veramente le nostre storie. Questo percorso troverà un compimento quando ci sarà uno scambio più alla pari per il futuro.
Questo famoso 4% andrà anche nel mondo della formazione?
Quello che stiamo cercando di fare come film comission è proprio lavorare con le scuole già esistenti, penso alla scuola di cinema di Locarno, la CISA (Conservatorio Internazionale di Scienze Audiovisive), ma non solo, nel cercare di promuovere lo sviluppo di corsi per tutti i mestieri da set, così che non escano solo direttori della fotografia e registi, ma location manager, unit manager, aiuto registi, elettricisti, macchinisti, tutte le professioni necessarie alla produzione e alla realizzazione di un’opera cinematografica o televisiva.
Un modo, peraltro, per sfruttare al meglio le risorse locali, ma anche per evitare la fuga di cervelli e favorirne il rientro.
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