Uno sciopero degli sceneggiatori italiani, insieme ai colleghi europei, in solidarietà con gli americani: una possibilità che la WGI (Writers Guild Italia, 350 soci, associata con la Federation of Screenwriters in Europe) ritiene concreta. “Ne stiamo parlando, resta da capire in che modo e in che termini – spiega Giorgio Glaviano, presidente di WGI – Non vorremmo arrivare fino a quel punto, è una extrema ratio. Ma in qualche modo bisogna garantire che le persone ricevano quanto è giusto guadagnare”.
Il drastico calo di compensi lamentato dalla WGA – Writers Guild of America, il potente sindacato americano degli sceneggiatori in conflitto in questi giorni con la Alliance of Motion Picture and Television Producers, l’associazione dei produttori – non è un problema che riguarda solo gli autori statunitensi.
Per Stefano Sardo, presidente uscente della storica associazione di sceneggiatori 100autori, “nel periodo d’oro, diciamo tra il 1997 e il 2001, il copione di una miniserie da due puntate su Rai1 veniva pagato anche 300 milioni di lire, circa 150.000 euro. E la “bibbia” di una serie la vendevi tra i 100 e i 150 milioni. Ora ti chiedono una “concept bible” e te la pagano 15.000 euro. Il valore dell’ideazione è diventato un decimo”. Il reddito medio annuo di uno sceneggiatore in Europa, secondo una ricerca della WGI inviata a 600 sceneggiatori, si aggira sui 25.000 euro annui lordi (l’Italia è nella media europea), “cosa che impone agli autori, nella maggior parte dei casi – dice Glaviano – di cercare anche un secondo lavoro, spesso l’insegnamento”.
Il costo della sceneggiatura per un film, tuttavia, può oscillare di paese in paese. Dai picchi di Francia e Germania al minimo “dei paesi dell’Est Europa, dove un’intera sceneggiatura può costare appena 2000, 3000 euro”, in Europa vivere di sceneggiatura è più difficile che in America. “Il paesaggio dell’industria è cambiato per tutti, e le condizioni di lavoro pure. Le serie si fanno con meno episodi e meno autori, e gli americani lamentano la scarsezza dei residuals (la percentuale sull’opera, ndr). La prima messa in onda di un’opera negli Stati Uniti vale 70.000 dollari: le cifre in Italia sono molto diverse e si basano su altri parametri, diciamo sui 2-3000 euro alla messa in onda. Denaro che si incassa molto tardi, dopo il rendiconto SIAE, spesso con un ritardo tra i 6 mesi e l’anno”. E dal cinema? “Non guadagniamo mai nulla dallo sfruttamento dell’opera: per ogni biglietto staccato in un concerto, una parte del guadagno va all’autore. Al cinema no. Non prendiamo di più se il prodotto va bene. L’unico modo per farlo, è fare più lavori contemporaneamente. Quello dello sceneggiatore è un lavoro sostenibile solo se si lavora a livelli insostenibili”.
Cifre diverse, molti problemi in comune con i colleghi americani. Il rapporto con le piattaforme, innanzitutto: “Una delle ragioni dello sciopero in America è che non c’è più quella catena che garantisce all’autore il giusto corrispettivo attraverso i passaggi di vendita – spiega Glaviano -. Le piattaforme sono giardini recintati: danno la luce verde a un contenuto, che poi “viaggia” nei famosi 190 paesi senza che l’autore veda una lira”. Comune anche la preoccupazione per la mancata regolamentazione dell’uso delle IA come ChatGPT da parte dell’industria: “L’idea che le serie si scrivano da sole sta eccitando qualche produttore anche da noi. – dice Sardo -. Ne discutiamo fra noi, ma sinceramente abbiamo problemi più grandi”. Identica, certamente, la necessità di restare uniti: “In America la categoria è fortemente sindacalizzata. La WGA è un sindacato fortissimo – commenta la sceneggiatrice Ludovica Rampoldi – E sta dicendo a tutti: se fate i “crumiri” non farete più parte dell’associazione. Il che può significare, in alcuni casi, che non firmi più nemmeno i copioni. Sarebbe importante essere uniti come loro: fino a tempo fa noi sceneggiatori eravamo divisi in due categorie (WGI e 100autori, ndr), che adesso stanno confluendo. Ma non avremo mai quel potere”.
WGI e 100autori sono uniti, intanto, nella solidarietà ai colleghi americani. Per WGI “non raccoglieremo contratti dall’estero e non faremo i crumiri. Difendiamo il lavoro e lo sciopero degli americani. Siamo in contatto con le altre associazioni europee, tutte sulla stessa linea” . D’accordo i 100autori: “Nessuno di noi, se chiamato a sostituire un collega americano, si approfitterà dello sciopero. Abbiamo la speranza che i produttori magari spostino qualche budget da questa parte dell’oceano. Ma al massimo ne approfitteranno per risparmiare”.
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