Figlia d’arte, 46 anni, la romana Verdiana Bixio lavora dal 2005 nella società del padre, la casa di produzione Publispei, di cui dal 2012 è presidente. Un destino, il suo, da sempre legato all’audiovisivo italiano: il padre Carlo, scomparso nel 2011, fu l’uomo che negli anni Ottanta rilanciò Sanremo producendone 13 edizioni (tutta la prima epoca Baudo), il nonno Cesare scrisse nel 1930 le musiche per il primo film sonoro italiano, La canzone dell’amore di Gennaro Righelli.
Dopo aver prodotto alcuni dei più grandi successi della fiction generalista (Un medico in famiglia, I Cesaroni, Tutti pazzi per amore) e aver debuttato sulla pay tv nel 2019 con la serie Extravergine, la società di Bixio (al lavoro anche sul thriller erotico The Perfect Wife, tratto dal romanzo di J.P.Delaney) porta da oggi su RaiPlay gli otto episodi della serie Eppure cadiamo felici, ispirata all’omonimo romanzo di Enrico Galiano, scritta da Valerio D’Annunzio e Vanessa Picciarelli e girata da Matteo Oleotto.
Nel ruolo della protagonista, un’adolescente difficile con un rapporto complicato con la madre (Giorgia Wurth), la pugliese Gaja Masciale, 26 anni. “Non è vero che i ragazzi non guardano la tv – dice Bixio a THR Roma – È la tv che deve ricominciare a parlare il loro linguaggio. La tv generalista, tanto piu il servizio pubblico, si deve rivolgere a tutto il bacino, non solo allo zoccolo duro degli over 65”.
E come si fa?
Serve il coraggio di non guardare lo share, ma di fare investimento sul contenuto. Eppure cadiamo felici ha una particolarità: non parla come i ragazzi, parla con loro. Galiano, lo scrittore, è un vero professore delle scuole medie. Conosce i suoi studenti, è molto social, ha materiale di prima mano. Tutte le ultime grandi serie, specialmente quelle internazionali, da Tredici a Euphoria, si concentrano sul lato più oscuro e violento dell’adolescenza. C’è anche altro.
Non si rischia il buonismo?
No. La nostra protagonista è una nerd, ma allo stesso tempo è anche una persona vera. Una ragazza dai lunghi silenzi, col broncio, che veste di seconda mano. Non raccontiamo un mondo rose e fiori, fatto come ci piacerebbe che fosse, ma un’altra adolescenza, meno esposta e più nascosta. Buonista proprio no: nella storia c’è anche il racconto della malattia mentale di un ragazzo, c’è un professore disagiato che si fa le canne in una scuola di provincia. E la mamma della ragazza non è esattamente esemplare.
Mare Fuori è un riferimento?
Abbiamo cominciato a lavorare a Eppure cadiamo felici prima che scoppiasse il fenomeno. Mio figlio è appassionato, l’ho visto tutto. Ma questa è un’altra cosa.
La vostra serie resterà su RaiPlay?
Partiamo da qui. Il prodotto è stato creato, per taglio e minutaggio, per RaiPlay e per il suo pubblico. Poi, perché no? Non starebbe male su Netflix.
Publispei ha progetti in corso con le piattaforme?
Facemmo con Fox Extravergine, un progetto delirante, divertente e faticoso, cui sono molto affezionata. Adesso stiamo parlando con Netflix e Amazon, in ballo ci sono due serie e un film. Poi si vedrà: Amazon ultimamente ha avuto una contrazione, alcune cose sono state cancellate e altre rimandate. Ma noi siamo sempre propositivi. Ho un reparto editoriale interno, un hub con giovani sceneggiatori guidati da Francesca Primavera: una piccola factory che produce materiale originale, non solo per la tv generalista. Ora stiamo girando il film tv La rosa dell’Istria (sull’esodo istriano, dal romanzo Chi ha paura dell’uomo nero? di Graziella Fiorentin, ndr). La regista è Tiziana Aristarco, nel cast c’è Andrea Pennacchi nel ruolo del papà della giovane protagonista. E poi sto indagando i podcast: ne sto pensando uno sulle baby gang, per ora siamo in fase di scrittura. Si vedrà.
I Cesaroni, Un medico in famiglia, Tutti pazzi per amore: i remake e reboot si faranno?
Stiamo constatando che al pubblico piacciono ancora: I Cesaroni ha sbancato su Amazon, il Medico su Netflix. Il pubblico è pronto e caldo. La struttura è solida e ha il know how giusto. Ma ci vuole un buon motivo per fare una cosa. Un brand non va ritoccato a meno che non ci siano delle ragioni. Altrimenti si allunga il brodo.
E le ragioni non ci sono?
Rifarlo per rifarlo no. Magari si potrebbe pensare a una grande reunion del cast, o a una serie più breve. Il mercato si è evoluto, in dieci anni ha cambiato faccia. Bisogna essere veloci nel cercare linguaggi e contenuti nuovi. Non è solo dire: “vogliono I Cesaroni, rifacciamoli”. Ogni serie ha una sua futuribilità.
E se dovesse scommettere sul più “futuribile” dei tre?
Il fan de I Cesaroni mi pare quello che oggi, forse, sarebbe più disposto a divertirsi con una nuova serie.
Publispei ha organizzato Sanremo per 13 anni. Lo guarda?
Non me lo perdo mai, faccio i gruppi d’ascolto. Se mi piace Amadeus? Lo adoro.
Non le manca nemmeno un po’?
Per noi era l’evento più grande: ero piccola, ma ricordo ancora il fermento in ufficio quando arrivavano i bozzetti per le scenografie. Certo, mi piacerebbe fare un’esperienza come quella di Sanremo: la Rai è una struttura potente, una certezza. Ora ci sono tanti produttori di talento che si occupano di intrattenimento in maniera perfetta, ma la musica è sempre stata la nostra matrice familiare: dalla musica per il cinema, che faceva mio nonno, a quella per la tv. Una cosa è certa: lo sapremmo fare.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma