Un’importante riforma in casa Oscar. Recentemente gli Academy hanno annunciato nuovi requisiti per l’eleggibilità al premio miglior film. Ora le pellicole devono rimanere in sala per periodi di tempo più lunghi. E gran parte di Hollywood è in fermento per questa notizia.
Gli Academy in passato avevano anche aggiunto un altro requisito per risultare eleggibile ai premi, cioè lo standard di inclusione. Per questa nuova regola sulle sale “è come per gli standard di inclusione”, afferma uno dei molti strategist dei premi del Telluride Film Festival a The Hollywood Reporter. “Dà a tutti qualcosa per cui arrabbiarsi per un po’ ma in realtà non cambia nulla perché i requisiti sono così facili da soddisfare”.
Un sostegno alle sale
Richiedendo che i film vengano proiettati in un maggior numero di mercati e per periodi di tempo più lunghi, l’Academy sembra voler sostenere le sale cinematografiche e sottolineare la differenza tra i film realizzati per il grande schermo e quelli per il piccolo schermo. Per questo motivo, il gruppo più colpito dal cambiamento è quello degli operatori di streaming (Amazon, Apple, Hulu e Netflix) che – per il loro stesso modello di business – tendono a porre un’enfasi minore sulla proiezione in sala rispetto ad altri.
Ogni film nominato agli Oscar e prodotto da queste piattaforme nella storia recente avrebbe però soddisfatto ugualmente i nuovi requisiti. Tra gli esempi ci sono Sound of Metal di Amazon e Coda di Apple (che poi ha vinto nel 2022). Sono esemplificative anche le nove le pellicole nominate per il miglior film di Netflix: Mank, Il processo ai Chicago 7, Roma, The Irishman, Storia di un matrimonio, Il potere del cane, Don’t Look Up e Niente di nuovo sul fronte occidentale. Tutti film che sono stati distribuiti in almeno 100 sale indipendenti, e in tutti i 10 mercati specificati dall’Academy (e anche altri in tutto il mondo).
Dallo streaming alla sala
Secondo un esperto dei premi affiliato a uno dei grandi colossi dello streaming “i nuovi requisiti significano che dovremo distribuire più film in più sale di quanto probabilmente avremmo fatto, ma penso che sia una cosa positiva”. “Ci darà una scusa per non cercare uscite qualificate per film che non hanno davvero una possibilità, solo per il bene dei talenti e dei rapporti con i registi – aggiunge – e ci aiuterà con i film che hanno davvero una possibilità, perché dovremo far conoscere questi film al grande pubblico”.
L’esperto ha inoltre osservato che le piattaforme, probabilmente, chiederanno a gran voce di stabilire partnership formali con catene di sale indipendenti come Alamo Drafthouse, che ha 39 sedi in tutta America, in modo che alcuni film possano qualificarsi proiettando solo in una sala in determinate città.
Si è anche ipotizzato che i nuovi requisiti dell’Academy possano danneggiare i distributori d’essai – come A24, Focus, IFC, Neon, Roadside Attractions e Sony Classics – che, secondo alcuni, potrebbero non avere le risorse necessarie per distribuire un film in modo così ampio. Ma un alto dirigente di una di queste aziende ha affermato che queste società hanno da tempo distribuito la maggior parte dei loro film con la stessa ampiezza richiesta ora dall’Academy e che, inoltre, un clima più vivace nelle sale cinematografiche sarebbe di grande beneficio per tutte queste società. Il fatto di avere un maggior numero di film interessanti in un maggior numero di sale farebbe sì che un maggior numero di persone voglia andare al cinema più spesso, spiega. In altre parole, una marea in crescita solleverebbe tutte le navi.
“Questo non avrà alcun impatto, tranne forse per un film della Strand Releasing”, ha commentato un altro, riferendosi sfacciatamente a uno dei distributori più piccoli in circolazione.
Uno svantaggio per i documentari agli Oscar
C’è un altra tipologia di film che potrebbe essere danneggiata da questi nuovi requisiti: le pellicole non in lingua inglese. Negli ultimi anni, sempre più produzioni non in lingua inglese sono entrate nella categoria miglior film. Si pensi non solo ai già citati Roma e Niente di nuovo sul fronte occidentale, ma anche ad Amour, Parasite (che è diventato il primo film non in lingua inglese a vincere quel premio), Minari e Drive My Car. Ma ancora una volta, sembra che queste pellicole abbiano avuto una distribuzione tale che risulterebbero eleggibili per il premio con i nuovi requisiti.
Al momento solo una tipologia di produzione dovrà superare un notevole ostacolo per ottenere una nomination come miglior film in queste nuove condizioni: i documentari. Nessun documentario è mai stato candidato all’Oscar, ma si pensa che alcuni – tra cui Hoop Dreams e Fahrenheit 9/11 – ci siano andati vicini. Solo una manciata di documentari – realizzati da qualcuno che non sia Michael Moore – ha ottenuto un’ampia distribuzione nelle sale cinematografiche. Per cui infrangere questo tetto di cristallo è ancora più difficile rispetto al passato.
Traduzione di Pietro Cecioni
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma