Il cinema indie tra coproduzioni, idealismo e burocrazia: “Dobbiamo costruire un pubblico europeo”

Una nuova generazione di produttori, le prospettive di realizzazione, la centralità dei registi, la spada di Damocle dei tagli ai fondi pubblici: ad un panel del TorinoFilmLab parlano gli addetti ai lavori Giovanni Pompili, Eilon Ratzvovski, Francesco Giai Via, Marcin Luczaj

Brutta bestia, l’idealismo. Nelle coproduzioni tra paesi diversi, il contenuto – la storia – è la chiave. Ma intorno all’atto stesso di una collaborazione internazionale per lo sviluppo di un film indipendente ci sono filosofie che si scontrano, approcci più realisti e più idealisti.

“L’Italia sta diventando sempre più presente come partner minoritario. Questo grazie a una nuova generazione di produttori, con delle abilità che hanno permesso la nascita di queste collaborazioni”, afferma l’Head of Studies di TorinoFilmLab Francesco Giai Via, che ha moderato il panel Coproduzione internazionale e società indipendenti europee: opportunità reale per la crescita o male necessario?, organizzato giovedì 23 novembre da TorinoFilmLab al Circolo dei Lettori, nella cornice della TorinoFilmIndustry, i giorni dedicati all’industria cinematografica indipendente che si svolgono annualmente nel capoluogo piemontese.

Giovanni Pompili, produttore di Kino Produzioni e dell’ultimo film di Laura Luchetti La bella estate, ha una visione sulla coproduzione con gli altri paesi. “Non mi chiedo se il film funziona per il pubblico di un’altra nazione”, afferma nel corso del panel. “Perché dobbiamo costruire un pubblico europeo. Altrimenti continuiamo a rimanere in un’ottica di confini, più nazionale”.

Coproduzioni d’Europa

Il produttore, che ha fondato Kino Produzioni nel 2005 come una società di noleggio attrezzature per poi trasformarla in società di produzione nel 2015, continua sostenendo che “non è importante nemmeno la lingua del film”. “Volevo produrre una pellicola in catalano con una regista catalana, ma per me era un film europeo di una regista europea”, spiega Pompili riferendosi al lungometraggio del 2022 Alcarràs, diretto da Carla Simòn.

“Quello che importa è la storia e la visione del regista – continua il fondatore di Kino Produzioni – La co-produzione è come acquistare una casa con un’altra persona, è importante la condivisione tra i produttori e la fiducia”.

Produrre in collaborazione con altri paesi significa condividere risorse e idee. Ma tutto questo non si traduce automaticamente in un pubblico per il proprio film. E anche le idee potrebbero risentirne nel corso dello sviluppo. “Ogni risorsa arriva con una richiesta”, spiega Eilon Ratzvovski, produttore di Yellow Papers (2010) e Possessions (2020). “Quando si inizia a compromettere la visione del regista e la storia in favore delle risorse, allora c’è da chiedersi se ne vale la pena”.

“Sperare di raggiungere un pubblico diverso con la coproduzione non è assicurato – continua Ratzvovski – Avere due medio-grandi nazioni nella produzione non si traduce automaticamente in raggiungere quel pubblico”.

Una scena di Lamb

Una scena di Lamb

Nevrosi burocratiche

Inoltre, secondo il sales agent Marcin Luczaj, nelle coproduzioni c’è anche una complessità burocratica. Per il film Lamb, diretto da Valdimar Jóhannsson e co-prodotto tra Islanda, Svezia e Polonia e vincitore – nel 2021 – del premio Un certain regard alla 74esima edizione del Festival di Cannes, “il film ha già girato ovunque, ma dal 2021 stiamo ancora finendo la contabilità e le scartoffie, con i lunghissimi file excel. Ed era una produzione di tre paesi”.

E la pandemia, segnalano i tre relatori, ha portato una certa crisi nel mercato indipendente. “Si rischia meno”, spiega Luczaj, e anche “andare ai festival è diventato un dubbio”. “Ne vale la pena? Si recuperano questi soldi? Perché ci sono tantissime spese”. E dal Covid, conclude il sales agent di Lamb, andare ai festival non assicura neanche una distribuzione.

Sugli aiuti pubblici – soprattutto a fronte del taglio al tax credit annunciato dal ministro della cultura Sangiuliano – Pompili è preoccupato. “Ma è vero che si producevano tantissime cose che non trovavano la propria strada”. In quanto indipendente, il fondatore di Kino Produzioni ammette che la sua realtà dopo questo annuncio è “cambiata poco” . “Per me era difficile prima e sarà difficile dopo”.

La saturazione nella produzione, però, è “ovunque”, secondo Ratzvovski. “Ma credo che un buon film riesca sempre a trovare la sua strada nella distribuzione”, conclude il produttore. “Sono molto ottimista, si tratta solo di fare un buon film, che troverà il suo pubblico”.

(Courtesy of TorinoFilmLab)

Coproduzione internazionale e società indipendenti europee: opportunità reale per la crescita o male necessario? (Courtesy of TorinoFilmLab)