Il percorso di Netflix da piattaforma videoludica comincia con una domanda: quali cereali preferisci, Frosties o Sugar Puffs? È il primo momento dell’episodio speciale di Black Mirror, Bandersnatch, in cui a decidere per il personaggio è lo spettatore. Come in un libro-game, lo spettatore di Bandersnatch clicca sull’opzione che preferisce, e le scelte che fa influenzano il procedere della storia. È un momento iconico: Netflix apre all’interattività con una domanda frivola, che non cambia niente ai fini del racconto, “quali cereali preferisci?”.
Cinque anni dopo, i videogiochi su Netflix non sono più un’anomalia. I primi sono stati lanciati sulla piattaforma nel 2021. Suona lontana la dichiarazione di Reed Hastings, allora Ceo: “A farci competizione c’è solo il sonno”. Quando Netflix ha smesso di crescere, è diventato chiaro che in realtà la piattaforma di competitors ne ha molti. Tra questi, non solo Prime Video e la Disney, ma anche i videogiochi mobile, un’industria da sola più grande di quella dei cinema. In un rapporto interno del 2019 si si poteva leggere: “Siamo in competizione con Fortnite più che con HBO (e stiamo perdendo)”.
La provincia videoludica dell’impero di Netflix cresce silenziosamente. Il catalogo delle proprietà intellettuali è vasto: oltre a Stranger Things e Narcos, che sono di casa – come pure il reality Too Hot To Handle, divenuto un simulatore di appuntamenti – Netflix ospita le versioni videoludiche di personaggi esterni (SpongeBob, i Transformers, Hello Kitty, le Tartarughe Ninja) così come icone del medium (Sonic, Shovel Knight, presto Assassin’s Creed).
A sorprendere di più però è la selezione di giochi indie e successi di critica, portati su Netflix in versione mobile. Kentucky Route Zero, eletto il più importante gioco della scorsa decade dal sito americano Polygon; Before Your Eyes, il gioco che interagisce con i battiti di ciglia del giocatore, definito dal critico Jacob Geller come “uno dei più bei giochi ai quali abbia mai giocato”.
E ancora Immortality, Twelve Minutes (con Willem Dafoe!) e l’anno prossimo il caposaldo dell’indie per smartphone, Monument Valley.
Certo, ci sono anche gli assuefacenti puzzle alla Candy Crush. Per il colosso che è Netflix, la qualità va con la quantità: entro fine anno, la piattaforma prevede di avere in catalogo un centinaio di giochi. Due settimane fa Netflix ha pubblicato Oxenfree II, la sua prima produzione originale di rilievo. Il primo capitolo, era una piccola gemma di storytelling. La critica aveva elogiato il suo sistema di dialoghi, che raggiungevano un naturalismo raro nel mondo videoludico. Entrambi i capitoli sono stati sviluppati da Night Studio, comprato dalla piattaforma a settembre 2021.
E così, lo scorso aprile, Netflix ha annunciato di aver assunto Joseph Staten – uno dei nomi di punta del franchise di Halo – per guidare i lavori di un videogioco multipiattaforma ad alto budget. Sono investimenti che vanno di pari passo con quelli per i device: Netflix starebbe pianificando di rendere i giochi accessibili anche su televisione – lo smartphone fungerebbe da controller – e starebbe costruendo un servizio di cloud per il multiplayer.
A mancare sembrerebbero essere solo i giocatori: un report di Apptopia dello scorso anno suggeriva che a giocare ai giochi di Netflix fossero appena l’1% degli abbonati. Come ha mostrato il fallimento di Google Stadia, il mercato dei videogiochi non è uno di facile accesso. In una intervista a The Ringer, il fondatore di Night Studio, Sean Krankel, ha detto: “Ci hanno reso subito chiaro che dovevamo andare piano. Non dovevamo raggiungere la vetta della montagna per piazzarci la bandiera di Netflix”.
Il futuro ci dirà quali cime raggiungerà Netflix. I videogiochi potrebbero cambiare la sua storia davvero, o cambiarla quanto i cereali che avete mangiato stamattina.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma