Onde pericolose: Netflix porta in Corea miliardi di dollari. E forse anche le proteste

Investimenti da 2,5 miliardi, Squid Game che porta guadagni stellari: il cosiddetto K-Content è una fonte di guadagno notevolissimo per la piattaforma. Al tempo stesso, la manodopera sudcoreana non è tutelata quanto quella americana, e comincia a levarsi qualche voce di protesta. Eppure, niente picchetti sceneggiatori & co. Per ora.

In patria la chiamano hallyu, l’ondata sudcoreana di film, serie, boy-band, fumetti, che da trent’anni riscuote grandi successi di pubblico internazionale. Portandosi dietro il calamaro di Squid Game e le balene dell’Avvocata Woo, quest’onda, per Netflix, è stata uno tsunami. Dopo che Squid Game è diventata la serie più vista di sempre sulla piattaforma – secondo alcuni documenti interni, Squid Game avrebbe portato a Netflix un guadagno di 900 milioni di dollari – Ted Sarandos ha dichiarato che nel 2022 il 60% degli utenti ha visto almeno un titolo sudcoreano. In occasione della visita negli Stati Uniti del presidente Yoon Suk-yeol, Netflix ha annunciato un piano quadriennale di investimenti da 2,5 miliardi di dollari in titoli coreani.

Prima degli scioperi

Tutto ciò avveniva lo scorso aprile, circa una settimana prima dell’inizio dello sciopero della Writers Guild of America, il sindacato degli sceneggiatori di Hollywood, a luglio alla lotta sono uniti anche gli attori. Il cosiddetto K-Content è per Netflix tanto di successo quanto economico: la manodopera sudcoreana non è tutelata quanto quella americana, e gli sceneggiatori sembrano non voler fare picchetto. Per ora.

Hwang Dong-hyuk ha guadagnato dalla prima stagione di Squid Game – del quale è unico creatore, sceneggiatore e regista – “abbastanza da portare il pane a casa”. Mentre gli sceneggiatori americani lottano per ridefinire i residual in ottica streaming – i residual sono delle percentuali aggiuntive sulla retribuzione originale dello sceneggiatore per ogni sfruttamento televisivo successivo al primo, uno strumento contro la precarietà del lavoro di scrittura – i colleghi sudcoreani non percepiscono nessun ulteriore pagamento.

Ad un grande successo di una serie non corrisponde un maggiore guadagno per i produttori, che di solito vendono alle piattaforme i completi diritti di sfruttamento. Lo scorso febbraio Hwang si è espresso pubblicamente a favore di un disegno di legge che preveda residual obbligatori per gli sceneggiatori. “Perché ci possa essere il prossimo Squid Game o il prossimo Parasite, è necessario dare maggiori garanzie agli autori”.

Ingiustizie endemiche

Anche le altre categorie non se la passano benissimo. Da diverso tempo, i lavoratori dello spettacolo denunciano ingiustizie endemiche. Nel 2016, un produttore della rete TvN si era suicidato, lasciando un biglietto d’accusa contro le condizioni sul lavoro. L’arrivo di Netflix non sembra aver cambiato sensibilmente le cose. Un operatore per una serie originale Netflix ha dichiarato al Los Angeles Times: “Quando ho chiesto alla società di produzione di includere nel mio contratto i termini per il pagamento degli straordinari, loro hanno rifiutato, dicendo di non essere sottoposti alle leggi coreane sul lavoro”.

Poiché Netflix esternalizza la produzione e non è considerato un datore di lavoro diretto, non è legalmente obbligato a trattare con i sindacati. Un emendamento di legge in fase di revisione potrebbe ampliare la definizione di datore di lavoro per includere le piattaforme e obbligarle a negoziare. Netflix, d’altra parte, sostiene che spetti alle compagnie locali, a cui la produzione è commissionata, trattare correttamente i loro lavoratori.

In Corea una sorta di monopolio

Non sono solo le condizioni sul lavoro a preoccupare la politica coreana. Un articolo dell’International Journal of Communication avvisa che la presenza di Netflix in Corea del Sud rischia di creare una sorta di monopolio: con le sue offerte fuori mercato e produzioni fuori scala, Netflix sta indebolendo sensibilmente le altre emittenti, che non riescono a offrire agli spettatori titoli altrettanto forti.

Non è un futuro lontano: il governo ha già stanziato aiuti per 400 milioni di dollari per le piattaforme locali, a cui Netflix ha sottratto una grande fetta di mercato. Ciò nonostante, è difficile pensare che l’ondata possa fermarsi. Secondo il Korea Economic Research Institute, nel 2022 lo tsunami dell’hallyu ha riversato sulle rive coreane 13 miliardi di dollari.