Elon Musk ha fatto causa all’organizzazione nonprofit Media Matters per presunta diffamazione della piattaforma X (ex-Twitter), dopo un rapporto della società che mostrava come le pubblicità delle grandi compagnie sulla piattaforma di Musk apparissero vicino a contenuti antisemiti.
La notizia arriva dopo l’esodo delle pubblicità da X e dopo le risposte e simpatie del proprietario del social di microblogging verso teorie cospirazioniste antisemite. La causa, aperta in un tribunale federale del Texas lunedì 20 novembre, sostiene che il gruppo Media Matters “consapevolmente e maliziosamente fabbricato” il rapporto per indurre gli inserzionisti a credere che gli abbinamenti pubblicitari fossero organici.
X chiede un risarcimento monetario e un ordine del tribunale che imponga a Media Matters di “cancellare immediatamente” il rapporto che ha portato all’esodo degli inserzionisti.
L’esodo pubblicitario
La presentazione della causa arriva dopo che Musk, sabato 18 novembre, aveva scritto che X avrebbe presentato una denuncia “termonucleare” contro Media Matters.
Il messaggio è arrivato in risposta alle conclusioni dell’organizzazione, secondo cui la piattaforma inseriva annunci di grandi aziende come Apple, NBCUniversal, IBM, Bravo e Oracle “accanto a contenuti che pubblicizzano Adolf Hitler e il suo partito nazista”. Molte di queste aziende, oltre a Apple, Lionsgate, Warner Bros. Discovery e NBCUniversal, hanno interrotto la spesa pubblicitaria con il servizio.
Media Matters non ha risposto a una richiesta di commento.
La denuncia di X
Secondo la denuncia, l’organizzazione ha “sistematicamente manipolato l’esperienza dell’utente X” per pubblicare il suo rapporto. Il servizio di social media sostiene che Media Matters ha prodotto artificialmente i risultati sfruttando le caratteristiche degli utenti.
“Media Matters non ha trovato abbinamenti che X ha permesso passivamente sulla piattaforma”, si legge nella causa. “Media Matters ha creato questi abbinamenti in segreto, per creare la dannosa percezione che X sia, nella migliore delle ipotesi, un moderatore di contenuti incompetente, o peggio ancora che X fosse in qualche modo indifferente o addirittura incoraggiante nei confronti dell’ideologia nazista e razzista”.
Secondo la piattaforma, gli utenti controllano il contenuto dei loro feed mostrando interesse per determinati argomenti, che a loro volta generano annunci relativi a tali argomenti. X contesta il fatto che Media Matters abbia considerato un’accoppiata di annunci “estremamente (e dimostrabilmente) rara” come una cosa comune.
X contro Media Matters
L’azienda fa riferimento a una metodologia contenuta nel rapporto in cui il gruppo ha creato un profilo che seguiva solo 30 account appartenenti a personaggi marginali o a grandi marchi nazionali, il che avrebbe indotto l’algoritmo a pensare che l’utente “volesse visualizzare sia contenuti odiosi sia contenuti di grandi inserzionisti”.
“Media Matters ha sfruttato queste caratteristiche creando un account X segreto progettato con precisione per eludere le normali protezioni, manipolando ogni aspetto del sistema attraverso il quale appaiono i post e le pubblicità, creando infine le immagini affiancate di contenuti e pubblicità discutibili”, scrive John Sullivan, avvocato di X, nella causa.
Un esame interno di X ha rivelato che l’account di Media Matters alterava le attività di scorrimento e aggiornamento nel “tentativo di manipolare la combinazione inorganica di pubblicità e contenuti” quando il gruppo non otteneva il risultato desiderato, si legge nel documento.
X sostiene inoltre che Media Matters “intendeva danneggiare” il suo flusso di entrate perché è la “piattaforma online più importante che consente agli utenti di condividere tutti i punti di vista, sia liberali che conservatori”. Nella denuncia si afferma l’interferenza con il contratto, la denigrazione commerciale e l’interferenza con il vantaggio economico prospettico.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma