Jake Morrison sognava di fare il cantante. Gli piaceva l’idea di essere in una band, e per un periodo lo era, solo per accorgersi poco dopo di “non avere talento musicale”. Ma quell’esperienza gli è comunque servita per scoprire una nuova passione, avvicinandosi al mondo degli effetti speciali. Con i computer Atari di un suo amico, e un software da lui sviluppato per gestire illuminazione e animazioni, comincia a salire sul palco come light artist ai concerti del gruppo.
Quella fu la scintilla che lo portò a interessarsi agli effetti, e ora lavora da più di 25 anni nel cinema, collaborando con Warner Bros., Disney e Marvel, da Ant-Man al nuovo Thor: Love and Thunder di Taika Waititi. “Gli effetti visivi sono al servizio della storia”, spiega a The Hollywood Reporter Roma Jake Morrison, ospite del Mercato Internazionale Audiovisivo MIA a Roma.
Morrison è molto chiaro nel descrivere la missione e l’utilizzo degli effetti visivi nel cinema. “Ci sono degli effetti visivi che non devono assolutamente essere notati dal pubblico”, sottolinea, “per esempio quando si invecchia un edificio moderno, o se è necessario estendere digitalmente un set”.
“Se lo spettatore nota la presenza di quegli effetti, c’è qualcosa di sbagliato”, afferma, confermando quanto detto dall’effettista visivo di Harry Potter e Il cavaliere oscuro Victor Pérez a THR Roma: il commento peggiore che possano fargli è “che begli effetti”.
Il sindacato Marvel
In questo periodo, all’interno di Marvel, gli addetti ai VFX si stanno sindacalizzando sotto l’egida di IATSE, il sindacato che rappresenta gli artigiani e i tecnici dello spettacolo.
“Se i lavoratori pensano sia necessario sindacalizzarsi, sono liberi di farlo”, ha dichiarato Morrison sulla questione, aggiungendo che lui è parte della Directors Guild of America (il sindacato che rappresenta i registi cinematografici e televisivi statunitensi), in quanto regista di seconda unità.
“Non ci vedo niente di male, ognuno è libero di fare come vuole. Vent’anni fa, in un altro contesto e azienda, eravamo con i colleghi intorno a un tavolo per decidere se sindacalizzarci o meno, e in quel momento abbiamo votato di no, perché ognuno preferiva contrattare singolarmente i proprio salari. Ma questo accadeva vent’anni fa, qualcosa è cambiato”. E continua: “Ognuno ha diritto a una paga giusta e a non essere sfruttato”.
Jake Morrison, oltre al suo lavoro, ha continuato a tener viva la passione per la musica, ma questa volta non più nel canto. “Sto imparando a suonare il basso”, dice sorridendo, “ci vediamo tra vent’anni per vedere i progressi”.
Il ruolo di Jake Morrison
In quanto supervisore degli effetti visivi, Morrison è coinvolto nei progetti dall’inizio alla fine. La produzione di Thor: Love and Thunder è durata due anni e mezzo. Lui è salito sul treno quando ancora c’erano le prime bozze della sceneggiatura. “Si lavora con i registi, a stretto contatto. Bisogna scegliere come realizzare gli effetti visivi, dove investire denaro e cosa serva per realizzare quel determinato effetto”.
Parlando di alcuni tra gli effetti visivi più sorprendenti, l’artista ha citato le creature fantastiche: “Anche se gli spettatori sanno che i draghi non esistono, perché certo non si può ‘assumere’ un drago per quelle scene, se il lavoro è svolto come si deve ed è amalgamato con l’ambiente e con la scena, allora il pubblico ci crede. Ed è un successo”. Morrison cita il film Paddington come esempio di un “lavoro incredibile” da parte dello studio britannico Framestore. “So che Paddington non è vero,” afferma il VFX supervisor, “ma in diverse scene è vivo e interagisce con l’ambiente perfettamente, lì è quando l’effetto visivo è un successo, e non mi interessa se Paddington non è reale, nella scena il pubblico comincia a crederci. E io ci credo”.
Il “trucco” delle luci
Durante la sua masterclass al MIA, Morrison ha presentato un suo metodo che definisce come un “cheat”, un trucco, per riuscire ad avere controllo delle luci nella post-produzione. “Puoi fare qualunque cosa in post-produzione, tranne cambiare le luci”, ha detto al pubblico in sala, mostrando il metodo, chiamato platelight, con il quale ha realizzato la scena in Thor: Love and Thunder sulla moon of shame, dove la divinità norrena (Chris Hemsworth), Jane Foster (Natalie Portman) e Valkirye (Tessa Thompson) affrontano Gorr (Christian Bale).
Il metodo è un po’ “geek”, e consiste nel girare la scena con una cinepresa ad alta velocità, disponendo un serie di luci su ogni angolazione intorno agli attori. Poi, in post-produzione, si isolano i fotogrammi e attraverso software specifici si cambia l’illuminazione secondo necessità, per dare un effetto più realistico alla scena. “Un problema in cerca di soluzione”, come lo ha definito Morrison, scherzando sulla complessità dell’operazione.
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