Per diverso tempo è diventato virale sui social il video in cui una content creator di nome BoyJr che canta “Tik Tok killed the bridge in pop songs”: ossia “Tik Tok ha ucciso il bridge nelle canzoni pop”. Un breve parodia proprio sulla canzone Video Killed the Radio Star dei Buggles, e che già annunciava la morte della star musicale radiofonica in favore di quella televisiva e che in qualche profetica rispetto alla rivoluzione di Mtv, che nascerà nel 1981.
Il bridge – letteralmente ponte – è quella parte della canzone che collega una sezione ad un’altra, solitamente il secondo verso alla chiusura. Cambia tono, è una sorta di pausa che prepara l’ascoltatore e l’ascoltatrice al finale. I ponti stanno cadendo sotto il peso degli algoritmi, e questa è solo l’ultimo dei sintomi di un cambiamento radicale per l’intesa industria musicale. È giusto? È sbagliato? Oppure è semplicemente un altro modo di concepire la musica, che affiancherà quello più tradizionale?
Old Town Road di Lil Nas X, Late Night Talking di Harry Styles e Anti-Hero di Taylor Swift (la cantante dei record alla quale manca solo la presidenza degli Stati Uniti) e tante altre canzoni diventate hit e fenomeni del web sono prive di un “ponte” – o meglio – di quello che il pop classico chiamerebbe “ponte”. Lo ha segnalato anche il The Guardian, in un articolo del 2022, in cui viene citato anche un intervento di Sting, ex bassista e frontman dei Police, in un’intervista con Rick Beato. Nelle canzoni moderne, sottolinea il cantante, “una cosa che ho notato è che la struttura è minimalista, il bridge è sparito. Per me il bridge è terapeutico, liberatorio”.
“Nella musica moderna si è creata una struttura circolare più chiusa, una trappola che gira su sé stessa – continua Sting – Si incastra benissimo con la canzone successiva e quella dopo ancora, ma non si ha quel senso di liberazione dopo una ‘crisi’”. “E noi siamo in una crisi, politica e pandemica, la musica deve mostrare una via d’uscita e, al momento, non lo sta facendo”.
Tik Tok: algoritmi che distruggono ponti
L’avvento degli algoritmi – quello di Tik Tok in primis – e dell’intelligenza artificiale, che ha aiutato nella realizzazione di Now and Then, la “vera ultima canzone” dei Beatles grazie ad una tecnologia che ha permesso di “ripulire” il nastro originario della voce di John Lennon (altrimenti inutilizzabile), e che aiuterà a ricreare la voce di Edith Piaf per il documentario di prossima produzione, già dall’avvento dello streaming ha cambiato il modo con cui consumiamo la musica.
La canzone pop, ora, è di breve durata: veloce e ritmata per poter agganciare subito l’attenzione e per essere condivisa, usata nei Reel, negli Shorts e su Tik Tok. Siamo fuori dagli album e dalle raccolte, il cd è meno attraente del vinile, ora oggetto di pregio e da collezione: il resto è tutto digitale. Questa forse la rivoluzione più lampante e visibile, dato che la pirateria stava “uccidendo” – o ”liberando” – l’industria intera prima che Spotify si mettesse a fare lo stesso lavoro di ThePirateBay, ma con la pubblicità a sostentare tutta la baracca (la serie Netflix The Playlist descrive con un certo dramma l’ascesa dell’impero musicale dello svedese Daniel Ek).
Ma l’idea dell’algoritmo di Spotify che consiglia musica – secondo un’analisi di ascolti, generi e così via – non se l’è inventata quella che all’epoca era una start up di Stoccolma. Come al solito ci aveva pensato già la pirateria, ben rappresentata nel film di Sydney Sibilia Mixed By Erry, con la cricca di Enrico Frattasio che alla fine delle sue musicassette pezzotte metteva sempre delle canzoni che – secondo lui – potevano piacere a chi ascoltava, spingendo quindi a tornare e ad acquistare un’altra musicassetta.
Il progetto di YouTube
Sul fronte dell’intelligenza artificiale generativa, che tra deepfake, Chat GPT, immagini e sound-alike sta sinceramente preoccupando per le sue potenzialità – e per la tenuta delle democrazie – oltre all’approccio istituzionale dell’Unione Europea con il tanto atteso AI Act (visto che anche grandi esponenti chiedono di trattare l’argomento alla pari della crisi climatica), anche un’azienda big come YouTube sta cercando di mettere un freno alla proliferazione di questi contenuti. Allo stesso tempo, però, la piattaforma video di Neal Mohan sta spingendo il suo programma di IA generativa proprio per la musica, in un tentativo di “istituzionalizzazione” del fenomeno, ponendogli quindi delle regole.
Questo progetto si chiama DreamTrack e, dopo un prompt iniziale da parte degli utenti, creerà una traccia di trenta secondi con la voce di un artista pop famoso. Una canzone che non esiste, o meglio, che non è mai stata veramente cantata dall’artista in questione, ma che comunque avrà il permesso di utilizzo della sua voce, grazie a un accordo con gli artisti e le loro case discografiche.
John Legend, Demi Lovato e Charli XCX sono nel roster di artisti a partecipare a questo programma “sperimentale”, come definito dalla stessa piattaforma. E nonostante la portata avveniristica del progetto, c’è comunque una netta divisione tra gli artisti coinvolti: chi è entusiasta, e chi cautamente ottimista.
“Quando sono stata contattata per la prima volta da YouTube ero cauta e lo sono ancora, l’IA trasformerà il mondo e l’industria musicale in modi che ancora non comprendiamo appieno”, ha spiegato Charli XCX, pseudonimo di Charlotte Emma Aitchison, cantautrice britannica che ha recentemente composto la canzone Speed Drive per il film Barbie, di Greta Gerwig. “Questo esperimento offrirà una piccola visione delle opportunità creative che potrebbero essere possibili e sono interessata a vedere cosa ne verrà fuori”.
Regole, prima di tutto
Un accordo tra piattaforma e artisti, un primo contatto sull’intelligenza artificiale. D’altronde, raccontava a THR Roma il fumettista e promotore della regolamentazione europea sull’IA Lorenzo Ceccotti (in arte LRNZ), “il primo che regolamenta questo settore sarà anche il primo a trarne i veri vantaggi”. E YouTube, che conta nel 2023 2.7 miliardi di utenti, un passo in avanti lo ha fatto. E, seguendo questa logica, avrà dei vantaggi.
Ora disponibile a un bacino ristretto di persone, gli utenti potranno avere una canzone personalizzata per il loro video, potendo contare sulla voce di un grande artista. E chissà quale sarà il prossimo passo nel mutamento della musica e della canzone.
“Probabilmente sarà un futuro senza il disco, inteso come lo intendiamo adesso,” diceva Lucio Dalla, recentemente definito da Walter Veltroni – in un’intervista a THR Roma – come un “rabdomante della musica”, in occasione del film concerto DallAmeriCaruso. “Ci sarà spazio per una creatività immediata, istantanea”, continuava Dalla. A portata di click, aggiungiamo noi.
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