Riapre il Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti dopo una chiusura triennale dovuta prima al Covid e poi ad un complesso lavoro di riallestimento. Dodici nuove sale (più l’ottocentesco Saloncino da Ballo), tornano ad essere visitabili a quarant’anni dalla fondazione di questa straordinaria sezione delle Gallerie (sterminata la raccolta, formata da oltre 15mila pezzi dal Cinquecento ad oggi). In primavera saranno pronte per i visitatori altre dieci sale, con in mostra i più suggestivi costumi della nobiltà e aristocrazia
dal Cinquecento all’Ottocento, insieme ad una sala interamente dedicata ai gioielli.
Il Museo della Moda e del Costume fiorentino fu inaugurato col nome di Galleria del Costume l’8 ottobre 1983 da Kirsten Aschengreen Piacenti, storica dell’arte danese, figura cardine nella formazione dell’attuale complesso museale di Palazzo Pitti. L’idea di istituire una galleria dedicata ai costumi storici – la prima in Italia – era maturata alla fine degli anni Settanta, nell’ambito della risistemazione del Museo degli Argenti, di cui Piacenti era direttrice.
Subito dopo l’apertura del Museo, la sartoria Tirelli celebre per aver realizzato film come: Il Gattopardo, L’età dell’innocenza, Il paziente inglese, Il nome della rosa, Tale of Tales, e moltissimi altre pellicole, offrì in dono un consistente nucleo della sua collezione, composto non solo da abiti storici di grande pregio, ma anche da costumi di scena accompagnati da bozzetti che ne documentavano la genesi creativa. Tra gli autori degli abiti teatrali, cinematografici e televisivi figuravano i premi Oscar: Piero Tosi e Gabriella Pescucci. Tra le donazioni più significative vi furono quelle Tornabuoni-Lineapiù, Emilio Pucci e Roberta di Camerino.
“Le creazioni degli stilisti appaiono non solo come testimonianza del gusto di un’epoca che ha visto straordinari cambiamenti, o come attestazioni del genio degli stilisti, ma anche come oggetti d’arte in sé, come sculture o dipinti di stoffa, pelle, perline, fili colorati, piume.” ha raccontato l’attuale direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt.
Per la riapertura sono stati selezionati oltre 50 abiti tra quelli che ne costituiscono il vanto, corredati da una sontuosa scelta di scarpe, cappelli ed altri accessori. Ci sono il teatrale ‘mantello-kimono’ creato da Mariano Fortuny per Eleonora Duse, la tunica ‘flapper’ anni Venti di Chanel, lo splendore delle paillettes della mise indossata da Franca Florio e gli abiti da sera sgargianti di Elsa Schiaparelli, la sensualità essenziale della guaina nera firmata Jean Paul Gaultier e resa celebre da Madonna, fino al lusso regale delle creazioni di Emilio Schubert, il sarto delle dive negli anni Cinquanta (celebri i suoi capi per Gina Lollobrigida e Sophia Loren).
E ancora, le stravaganze geometriche del vestito di Patty Pravo ideato nei primi Ottanta da Gianni Versace, l’allure da sogno della collezione di Gianfranco Ferré per Dior negli anni Novanta. La storia del gusto nella moda nel secolo dai mille stili, il Novecento, insieme a quella dei primi anni del millennio attuale (in mostra pezzi di Miuccia Prada, Giorgio Armani, John Galliano).
“Per l’esposizione permanente la scelta si è orientata sui capi più rilevanti della collezione; questi sono stati prima restaurati e poi interpretati attraverso il complesso processo di vestizione e di mise-en-scène, nelle sale della neoclassica Palazzina della Meridiana, grazie a un gruppo di lavoro altamente qualificato. Ne è risultato un percorso da sogno dove trionfano gli abiti da sera, ma non mancano capi da giorno e accessori” spiega la curatrice del Museo della Moda Vanessa Gavioli.
Negli ultimi anni, con Eike Schmidt a capo delle Gallerie degli Uffizi, il Museo della Moda aperto le proprie collezioni alla contemporaneità, grazie anche a recenti donazioni elargite dal Centro di Firenze per la Moda Italiana e Pitti Immagine che hanno consentito di integrare numerosi pezzi maschili con le collezioni preesistenti, principalmente incentrate sulla moda femminile. Il patrimonio del museo è stato inoltre interamente digitalizzato, attraverso campagne fotografiche e di catalogazione, per inserire le collezioni del museo all’interno degli Archivi Digitali delle Gallerie.
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