Il museo nazionale delle Terme di Diocleziano diventa il teatro di Si\Lenzio, l’ultimo percorso creativo di Sylvio Giardina. Il couturier parigino ha firmato giovedì 13 luglio una performance site-specific curata da Alessio De Navasques e incentrata sulla ricerca e sull’innovazione, elementi cardine del suo lavoro. “La sperimentazione è un mio tratto distintivo. La moda è un filo che unisce le arti, è un cannibale onnivoro. Esprimere momenti e concetti con la creatività, che è parte integrante di me, mi fa sentire vivo” racconta Giardina.
L’aula X del museo nazionale si è trasformata così nella location dell’opera unica interpretata dalla modella Mina Serrano (vista in un piccolo ruolo ne Le favolose di Roberta Torre): l’ispirazione è quella del mito greco di Persefone, regina degli Inferi e dell’Oltretomba, che giunge sulla terra nei mesi estivi per far tornare la primavera e i suoi fiori.
Distesa a terra, dormiente, Serrano incarna un sonno infinito che si intreccia con l’immortalità della location. Scampoli, rimasugli di stoffe “ferme negli armadi d’archivio da molto tempo” si uniscono con la tecnica del dripping (lo “sgocciolamento” dei colori dall’alto, sulla tela stesa) comunemente usata in tutte le sartorie. “Ho preso questi pannelli e ho iniziato a tagliare, unendo tutti i colori che rappresentano il mio gusto e la mia arte: bianco, nero, lilla, viola e verde. Ho cercato di riprendere la pittura di Pollock e farla mia con stoffa e forbici”, spiega Sylvio Giardina.
Un’introduzione sonora di sussurri e voci lievi che invocano il silenzio traghetta gli spettatori dall’ingresso alla sala XI, per poi giungere alla sala X, luogo dell’esibizione. L’ambiente evoca la quiete, intesa come possibilità di riflessione, di quell’eternità ferma – rappresentata dal sonno – che sopravvive allo scorrere del tempo.
La location delle Terme di Diocleziano è resa ancor più suggestiva dall’impiego del silenzio e dall’allusione al sonno infinito, che si collega all’eternità del luogo. Che ruolo hanno Roma e la sua “aura” nelle sue creazioni?
Vivo a Roma, dove ho studiato moda e ho capito come fare strada in questo ambiente. La bellezza di questa città storica non è solo un elemento del passato, ma diventa futuro e innovazione. Tramite questi luoghi suggestivi (l’evento precedente, /gal-le-rì-a/, si era tenuto a Palazzo Farnese, ndr), voglio riuscire a dare una visione diversa di Roma anche a chi già la conosce e la vive ogni giorno. L’arte sa far rinascere, sa parlare con un linguaggio internazionale in grado di dare una nuova vita alle cose.
Elemento centrale è il femminile, nell’arte come nelle sue performance.
La femminilità è nascita. Penso a amiche, sorelle, madri, donne, vedo in loro delle grandi alleate. Le donne portano in grembo la vita, sono esse stesse esempio di creazione.
Come nasce la collaborazione con Mina Serrano?
Nasce per caso: qualche tempo fa mi ha chiesto un abito per il red carpet della Mostra del Cinema di Venezia. Da lì siamo rimasti in contatto, e l’ho voluta come performer per questo progetto. L’abito che indossa, pur essendo super decorato, non risulta decorativo: è rappresentazione della sua anima e della sua umanità. Penso che questo lato dell’esibizione sia comprensibile per tutti gli spettatori.
Nasce a Parigi da una famiglia di origini siciliane. Pur essendo la sua creazione influenzata dalla tradizione artistica italiana, il taglio dell’esposizione è molto europeo: quali suggestioni hanno formato la sua visione?
Nella mia carriera ho avuto l’onore di avere come padrino Emanuel Ungaro (lo stilista francese, ndr). Lui mi ha dato la possibilità di presentare una mia collezione nel calendario dell’haute couture francese. Guardo tutte le settimane della moda e mi lascio influenzare. Quando torno a Parigi mi sento a casa. La mia arte è una fusione di imprinting e savoir faire italiani mescolati a picchi di follia parigina.
Pensa ci sia un rimando tra il mondo della moda e quello del cinema?
Ho spesso collaborato creativamente con il mondo del cinema: tanti anni fa ho avuto la fortuna di lavorare con Tinto Brass per Senso ‘45, remake di Senso di Luchino Visconti. Fu un’esperienza bellissima: Brass mi chiese di utilizzare delle stoffe e delle lane costosissime per entrare al meglio nell’ambientazione storica del film. Al principio pensavo che investire tutti quei soldi per dei tessuti fosse esagerato, poi ho capito che curare i dettagli ripaga: è qualcosa che lo spettatore capta e capisce. Sono un grande amante della sala cinematografica. Mi piace entrare nelle storie, immergermici in profondità. Ci sono film che mi hanno segnato per sempre: In the mood for love di Wong Kar-wai e Orlando di Sally Potter.
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