Sembra di stare a teatro. Immersi in una nuvola spessa di suoni, voci, l’incedere martellante delle macchine, roboante frastuono di fabbrica, fatica, follia. E silenzi. Gestualità esasperate. Personaggi che parlano con parole, altri che dialogano con ticchettii, tintinnii, schiocchi.
Siamo al Meet – Digital Culture Center di Milano, ex Spazio Oberdan, nella sala che per decenni ha ospitato le migliori retrospettive cinematografiche della città. Sullo schermo uno dei film muti più iconici della storia del cinema e poi un’inusuale orchestra che accompagna. Si tratta del collettivo di compositori-esecutori Edison Studio, composto dai membri fondatori Alessandro Cipriani, Mauro Cardi e Luigi Ceccarelli, a cui si stanno aggiungendo Vincenzo Core e Andrea Veneri: un collettivo storico, nato nel 1993, fra i più importanti nel mondo della produzione musicale elettroacustica. Lavorando spesso con la Cineteca di Bologna, hanno realizzato in passato le colonne sonore di altri capolavori del cinema muto: Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene (1919), Blackmail di Alfred Hitchcock (1929), Inferno di Francesco Bertolini e Adolfo Padovan (1911), La Corazzata Potëmkin di Serjej Michajolvic Ejzenstein e ora è arrivato il momento di Metropolis.
Metropolis, ritorno al 2026
Uscito nel 1927, quasi un secolo fa, Metropolis è ambientato nel 2026: mancherebbe pochissimo. Opera simbolo del cinema espressionista, diretto da Fritz Lang, immaginava un futuro in cui le differenze di classe sono esacerbate al massimo, gli industriali governano dall’alto dei grattacieli mentre i proletari sono relegati a lavorare nel buio incandescente e ritmato del sottosuolo cittadino, quasi come in un film di Bon Joon-ho di oggi.
Ma l’immaginario è tutt’altro: architetture vertiginose, masse di operai in ordinatissime file, folle che si animano e si ribellano in sincrono e poi i macchinari, il movimento ritmico e altisonante degli ingranaggi, il moto circolare delle ruote dentate. E la storia di Freder, figlio dell’imprenditore-dittatore della città di Metropolis, che ha sempre vissuto in un Eden protetto e che innamorato dell’insegnante e profeta Maria comincia un viaggio negli inferi della città, in mezzo agli operai schiacciati da orari e condizioni di lavoro disumane. E poi di uno scienziato pazzo e innamorato che costruisce robot androidi nella speranza di poter riportare in vita una donna amata.
Macchine, potere, lavoro, alienazione, sguardi allucinati e demoniaci: il film riflette l’incubo in cui stava per entrare la Germania alla vigilia degli anni Trenta, ma differenze di classe, sfruttamento, irruzione disumanizzante della tecnologia sono temi arrivati in ottima salute al 2023. Nel 2026 che si immagina Fritz Lang però c’è un messia – il cuore – che saprà far da ponte (o sindacato) fra la mente (gli industriali) e le braccia (gli operai). Resta la domanda, con cui in un certo senso si apre il film: “E se, ad un certo punto, questi uomini che stanno sottoterra si ribellassero?”.
Il synth-pop di Moroder e dei Queen
Così ieri sera al Meet di Milano, Metropolis è stato riportato sullo schermo nella versione più completa, restaurata nel 2010 dal laboratorio Alpha-Omega Digital GmbH di Monaco di Baviera e fornita dalla Cineteca di Bologna. Un lavoro di restaurazione di estrema importanza se pensiamo alle difficili vicissitudini della pellicola: la versione originale del 1927 durava più di due ore ma i produttori vollero accorciarla di mezz’ora. Molti anni dopo, nel 1984, il musicista Giorgio Moroder ne realizzò una nuova, di soli 87 minuti, restaurando e colorando la pellicola e soprattutto accompagnandola con una colonna sonora contemporanea, fra synthpop, new wave e pop rock. Troviamo le voci di Freddie Mercury, Jon Anderson (ex Yes), Loverboy, Adam Ant e molti altri cantanti della scena anni Ottanta. Sempre nel 1984 era uscito il video della canzone Radio Ga Ga dei Queen che si componeva proprio di immagini della città Metropolis attraversata dai membri del gruppo su una macchina volante.
Un anno di lavoro
Nessuno aveva mai visto quindi la versione integrale. Finché nel 2008, nelle cantine di un museo del cinema in Argentina, venne ritrovata la pellicola originale, ovviamente rovinatissima e quindi restaurata da una delle più importanti istituzioni per il restauro del muto. Per le proiezioni di questa versione integrale finora come colonna sonora era stata scelta quella originale del 1927, del compositore tedesco Gotfried Huppertz. Ma il suono fa gran parte del film, e se quella di Huppetz era l’accompagnamento di un film muto, il lavoro di Edison Studio trasforma Metropolis in qualcosa di molto più vivo, di molto più vicino al teatro: un’esperienza avvolgente fatta di musica, di rumori martellanti, scrosciare d’acqua e poi voci. I personaggi ora parlano.
Alessandro Cipriani, uno dei membri fondatori di Edison Studio, racconta: “Per noi è importante l’emozione della voce e di volta in volta a seconda dei film lavoriamo su questo aspetto in modi diversi. A volte con suoni vocalici, gutturali, ma senza parole, altre volte con strumenti che imitano l’emozione che sta provando il personaggio in quel momento. Con Metropolis però abbiamo fatto un lavoro diverso, molto più impegnativo. C’è una parte del film che è molto densa di dialoghi, trama, emozioni. Ecco noi abbiamo ricostruito tutto il parlato. È stato un lavoro di circa un anno, siamo andati a studiare il romanzo originale scritto da Thea von Harbou, che era la moglie di Fritz Lang, e poi la sceneggiatura del film scritta da Harbou e Lang. E così con l’aiuto di collaboratori di lingua tedesca siamo riusciti a ricostruire il labiale e quindi a ricreare tutti i dialoghi. Hanno lavorato con noi diversi attori tedeschi e abbiamo doppiato i personaggi”.
Voci e ambienti sonori
A questo si aggiunge ovviamente il lavoro sulla colonna sonora, che Cipriani ci spiega così: “Non intendiamo la colonna sonora solo come musica ma in senso globale, lavoriamo anche sulle voci e sugli ambienti sonori. O detta in un altro modo, anche i rumori di ambiente o le voci per noi sono musica. Si deve creare un’integrazione fra le voci, i suoni delle macchine, i rumori d’ambiente e la musica in modo che diventino un tutt’uno. Metropolis è stato ripreso in innumerevoli film di fantascienza e volevamo portare anche sul sonoro questo livello di tecnologia, di dimensione del futuro”.
La tecnologia ha un ruolo importantissimo anche all’ultimo tassello del lavoro sonoro di Edison Studio: la ricezione in sala. La sala del Meet di Milano è dotata di un suono surround 7.1, un suono immersivo che “spazializza” gli effetti sonori in modo che il suono si “muova” intorno alle persone. Per fare un esempio, se nel film devo sentire il suono di una macchina che idealmente arriva da dietro di me che guardo, allora sentirò effettivamente quel suono provenire da dietro. Si ha quasi l’impulso di girarsi a controllare.
Dalle chitarre elettriche ai suoni turchi
In sala quindi Edison Studio è presente dal vivo, come una vera orchestra: c’è una persona alla regia che lavora su mixaggio e spazializzazione, e poi quattro persone sono sul palco con diversi strumenti elettronici e non. Una chitarra elettrica, delle percussioni, un salterio (strumento a corde della tradizione turca). Ma il suono di questi strumenti non arriva direttamente alle nostre orecchie: passano dai microfoni e dai microfoni al computer in modo che, attraverso una serie di algoritmi preparati dagli stessi compositori, si modificano e si adattano nella time-line con ciò che accade nel film. Infine ci sono le parti già registrate che quindi non vengono “suonate” in diretta: in particolare le voci e in generale quelle che devono essere in sincrono al frame.
Per chi volesse vedere questo Metropolis, integrale, musicato e parlato, questo suono spazializzato, questo film trasmutato in teatro, ci saranno altre due occasioni nei prossimi mesi: il 16 giugno al Ravenna Festival e il 30 novembre a Roma al Parco della Musica in occasione del Festival di Nuova Consonanza. Il trentaduesimo festival Milano Musica, entro cui si iscriveva la proiezione di ieri, invece andrà avanti fino al 10 giugno.
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