“Onestamente ero preoccupata che fosse finita per me”, confessa Billie Eilish seduta al tavolo con Dua Lipa, Olivia Rodrigo, Jon Batiste, Cynthia Erivo e Julia Michaels, riuniti alla tavola rotonda di The Hollywood Reporter per parlare di musica. “Avevamo provato e quello che di solito funziona per me non stava funzionando. Onestamente mi sono detta: ‘Accidenti, forse ho raggiunto il mio picco e non so più come scrivere?’”.
La ventunenne cercava l’ispirazione ed era a un punto morto, finché a gennaio Greta Gerwig non l’ha chiamata per affidarle un incarico: scrivere una canzone per Barbie. Il risultato è stata l’emozionante What Was I Made For?, che Eilish ha scritto con il fratello e partner musicale Finneas. “Greta mi ha salvato, davvero, onestamente”, afferma Eilish. “Ci ha tirato fuori da questa situazione e immediatamente ci siamo sentiti ispirati e abbiamo scritto molto di più”.
Musica e cinema, chi sono i partecipanti alla tavola rotonda
In lizza per la miglior canzone originale agli Oscar 2024, Eilish è affiancata da altri contendenti: Dua Lipa, con il suo tormentone disco Dance the Night, anch’esso tratto da Barbie, e Olivia Rodrigo – che con il suo album Guts è in piena ascesa – autrice dell’inquietante e potente Can’t Catch Me Now per Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente. A completare la tavola rotonda annuale di THR sono Julia Michaels, autrice di successi per Justin Bieber e Selena Gomez, che ha scritto This Wish (interpretata da Ariana DeBose) per il film Disney Wish. Insieme al beniamino dei Grammy e vincitore di un Oscar Jon Batiste, che ha composto It Never Went Away per il documentario di Netflix American Symphony, che segue Batiste all’apice della carriera mentre sua moglie combatte contro la leucemia. Infine la vincitrice dei premi Tony, Emmy e Grammy Cynthia Erivo, che ha scritto It Would Be per il film indipendente Drift, di cui è protagonista e produttrice (e le mancherebbe solo l’Oscar, tra i quattro premi più importanti dello spettacolo americano, per arrivare al titolo di “Egot”, ndr).
Durante un’ora di registrazione al Georgian Hotel di Santa Monica, i sei artisti si sono scambiati storie sul fare musica e molto altro, mentre Dua Lipa ha coniato il sottogenere “dance-crying” e Batiste ha parlato del potere curativo della musica, indicando in particolare Eilish e Rodrigo fra gli artisti che sua moglie ascoltava mentre si sottoponeva alle cure per il cancro.
Ricordate la prima canzone o il primo testo che avete scritto?
Cynthia Erivo: Avevo 16 anni e scrissi una canzone intitolata Maybe, che credo sia stata data a un gruppo al femminile sudafricano o qualcosa del genere. Me la ricordo ancora (inizia a cantare, ndr): “Have you ever thought that he would never call you at all because he’s too good to be true…” (“Hai mai pensato che lui non ti avrebbe mai chiamato perché è troppo bello per essere vero?”). Sì, me lo ricordo.
Olivia Rodrigo: Oh cavolo. Credo che la prima vera canzone che ho scritto al pianoforte sia stata quando avevo 14 o 15 anni, ed era un inno femminista intitolato Superman, sul fatto che non avevo bisogno che Superman venisse a salvarmi. Bisogna iniziare da giovani.
Dua Lipa: Ho inventato una canzone quando avevo circa 4 o 5 anni. L’albanese era la mia prima lingua, quindi la cantavo in albanese, ed era una canzone che avevo fatto per mia madre. Camminavo per casa e cantavo: “When I grow up, can I borrow your shoes? And when I grow up, can I wear your dress? And when I grow up, can I be just like you?” (“Quando sarò grande, mi presti le tue scarpe? E quando sarò grande, posso indossare il tuo vestito? E quando sarò grande, potrò essere come te?”). È rimasta impressa a tutti. È l’unica cosa che, a casa, ci ricordiamo sempre.
Jon Batiste: Componevo molta musica strumentale, da molti anni, e ho iniziato a scrivere testi per un’opera di Shakespeare che aveva bisogno di brani musicali nella rappresentazione. Avevo forse 21 anni e mi ha conquistato quel modo nuovo di esprimere connessioni tra personaggi mondi diversi attraverso i suoni. Me ne sono innamorato.
Billie Eilish: Il primo testo che ricordo di aver scritto è stato probabilmente quando avevo 8 anni o giù di lì, l’ho scritta con un mio amico. Stavamo suonando l’ukulele ed era una canzone sugli ukulele. Ma voi avete storie più belle.
Julia Michaels: In realtà io non ho una bella storia. Anch’io ho iniziato a scrivere a 6 anni, scrivevo tutto il tempo. Ma la prima cosa professionale che ho ottenuto è stata la sigla di uno show di Disney Channel quando avevo 17 anni, un programma che si chiamava Austin & Ally.
Rodrigo: Oh, adoravo quella canzone!
Tutti voi avete canzoni straordinarie in film che sono usciti quest’anno. È il centenario della Disney e lei ha scritto molta musica per Wish, Julia. Com’è stato? Ed è vero che ha fatto da corista in Let It Go di Frozen?
Micheals: L’ho fatto, sì. Avevo 19 anni e lasciavo demo in giro per la città per conoscere gente e pagare l’affitto. Mi dissero che servivano dei cori per una canzone Disney. È buffo perché 10 anni dopo la stessa regia di Frozen è quella di Wish, per cui ho scritto tutte le canzoni.
Cynthia, lei è la protagonista di Drift e ha anche prodotto il film e scritto una canzone originale. Com’è stato ricoprire così tanti ruoli?
Erivo: È stato pazzesco. Lo chiamavo The Little Engine That Could (famoso libro per bambini, ndt), il trenino che ce l’ha fatta, perché è stato realizzato praticamente dal nulla. Un piccolo film indipendente che abbiamo girato in Grecia e non avevamo molto tempo per farlo. Quindi ero sul set a pensare al programma e ad assicurarmi che si potessero fare le riprese, ma cercavo di essere presente in scene che sono davvero difficili. La canzone è stata la parte più facile per me, perché ho avuto l’ispirazione mentre correvo una mattina. Avevo ascoltato la canzone di Laura Mvula Father. Era in sintonia con quello che stavo vivendo e con il tema del film. Così le ho mandato un messaggio. Non l’ho detto a nessun altro coinvolto nella produzione, cosa che non si dovrebbe fare. Le ho chiesto: “Ti andrebbe di lavorare con me a una canzone per questo film?”. Lei ha detto di sì. Poi l’ho detto agli altri.
Tutti sono ansiosi di vedere il nuovo film di Hunger Games. Olivia, qual è stata l’ispirazione per la sua canzone?
Rodrigo: È stato molto divertente. La maggior parte delle mie canzoni sono come pagine di diario e parlano della mia vita. È stata una sfida molto divertente guardare questo film attraverso gli occhi di questo personaggio e cercare di catturare la sua esperienza attraverso le mie parole e la mia voce. C’è così tanta ispirazione nell’avere dei limiti, a volte. Non so se vi è mai capitato, ma quando si hanno a disposizione tutti i colori della tavolozza e tutte le tele che si vogliono, è così travolgente che a volte penso che avere dei limiti ti faccia pensare fuori dagli schemi e reinventare le cose. Penso che questa sia una delle gioie di scrivere una canzone per un film: c’è questa bellissima trama che puoi colorare con le tue parole.
Jon, la sua canzone fa parte di un documentario su di lei e sua moglie. Ci parli del film e della canzone che ha scritto.
Batiste: È iniziato in un certo modo e poi è cambiato, la vita è entrata in scena. Avevo iniziato a scrivere una sinfonia che sarebbe stata presentata in anteprima alla Carnegie Hall, ma circa un mese dopo le riprese ci sono stati molti cambiamenti nella mia vita personale e nella mia carriera. È stato durante la settimana in cui mi è stato comunicato di essere stato nominato per 11 Grammy. La gente sapeva solo quello. Non sapevano che a mia moglie era stata diagnosticata la leucemia. Ricordo che ricevetti una telefonata dal presidente Biden, eravamo nel reparto di chemioterapia e lui si congratulava con me per le nomination, mentre noi stavamo ricevendo notizie su quale sarebbe stato il suo trattamento.
Così abbiamo deciso di continuare a filmare: è diventata la sinfonia della vita, come la vita ha la dualità degli alti e dei bassi, a volte tutti insieme. Ora lei sta benissimo, ma quando era in ospedale, per circa due mesi non sapevamo se ce l’avrebbe fatta. E in ospedale ci sono tutti questi suoni, i bip, le persone che entrano ed escono, tutte cose che disturbano il riposo. Così ho iniziato a scriverle queste ninne nanne. Nessuna delle cose scritte per lei doveva essere pubblicata, ma la canzone It Never Went Away è nata da una di queste ninne nanne.
Mia moglie, poi, è una scrittrice. Ha iniziato a dipingere perché la sua vista era offuscata dai farmaci e non riusciva più a scrivere. E ascoltava la tua musica (indica Rodrigo, ndr) e la tua musica (indica Eilish, ndr) mentre dipingeva. Vi ringrazio per quello che fate perché ero molto consapevole al momento della profondità di quello che la musica e l creatività hanno fatto nel suo processo di guarigione. La creatività come atto di sopravvivenza. Credo fermamente in questo. Ci credevo anche prima, ma ora mi dico: “Andiamo. facciamo altre cose belle”.
Da creatori, com’è scoprire che la vostra musica ha davvero aiutato qualcuno in un momento difficile?
Eilish: È difficile da elaborare. Mi ritrovo…
Micheals: Sopraffatta.
Eilish: Sì. Non so davvero come crederci perché so cosa significa essere in quella posizione, ed è così reale. E pensare che stai aiutando qualcuno che si trova in quella situazione è davvero sbalorditivo e speciale, e ti senti indegno. Non ero degna di aiutarti in questa situazione. Ma è così speciale e potente.
Batiste: È un ottimo modo per dirlo.
Erivo: Fare parte dell’esperienza di qualcuno la cristallizza. Ti fa concentrare sulla cosa che stai facendo. C’è un sacco di rumore intorno all’arte vera e propria di creare qualcosa, fare musica, fare film, fare televisione, qualunque cosa sia. Ma quando una persona si prende il tempo di ascoltare, di essere presente, di venirti incontro nel luogo in cui ti trovi, di venirti incontro nel luogo in cui ti trovavi quando hai creato quella cosa, significa molto.
Rodrigo: Ci pensate quando scrivete le canzoni? Trovo incredibilmente difficile pensarci quando sto lavorando. Credo di non sentire l’impatto fino a mesi dopo, durante un tour o qualcosa del genere. È come il tuo discorso ai Grammy di qualche anno fa, Jon, hai detto: “Mi impegno ogni giorno, faccio musica ogni giorno perché per me è una pratica spirituale”. È proprio così. Se non scrivo ogni giorno o non creo qualcosa, non mi sento me stessa. Non mi sento realizzata. Non importa se la pubblico. È qualcosa che devi fare, proprio come respirare o mangiare.
Parliamo di queste canzoni della colonna sonora di Barbie che hanno conquistato il mondo intero. L’album è fantastico dall’inizio alla fine. Dua, com’è stato creare Dance the Night?
Lipa: È stata, fin dall’inizio, un’esperienza molto divertente. Era qualcosa che non avevo mai fatto prima. Mark Ronson mi ha scritto dicendomi: “Sto lavorando a un film con Greta Gerwig, si tratta di Barbie ed è forse la sceneggiatura più divertente che abbia mai letto, e vorrei davvero che tu scrivessi la canzone per la grande scena di ballo del film”. Sono volata a New York, siamo andati in studio e abbiamo parlato a lungo con Greta, per capire la premessa del film. Greta diceva di sentirsi ispirata dalla musica disco. Ho pensato alla disco e alla comunità che crea, al modo in cui unisce le persone. È sempre stato un genere di musica che rappresentava una liberazione quando le cose non andavano bene nel mondo. E così Dance the Night è stata creata appositamente per il giorno più bello di Barbie, che poi la porta a pensare alla morte. Si tratta quindi di una dualità della vita e della capacità di fondere insieme le due cose. E questo è ciò che amo di più. Mi piace ballare e piangere.
Batiste: Ci sono un sacco di cose nel film di Barbie. È molto profondo. Esistenziale. Fa molto Whitman. C’è un sacco di roba sotto la superficie. Questo è quello che amo di una canzone dance con un grande testo. Ci sono sempre grandi melodie e si fa sempre in modo che i testi raggiungano il livello delle melodie.
Eilish: Mi ritrovo per buona parte delle mie giornate a cantare Dance the Night. Mi viene in mente spesso. È orecchiabile. È davvero bella.
E la tua canzone per Barbie, Billie?
Eilish: Era un giorno di pioggia di gennaio, il giorno dopo aver visto Barbie e per me c’era il buio nella mia vita. Io e mio fratello stavamo lavorando e cercando di creare qualcosa per questo album, ed è stato un giorno in cui non succedeva nulla. C’era solo un’idea dopo l’altra, ma nessuna decente. Non succedeva nulla. È stato il momento meno creativo. Ci sono venute in mente così tante cose diverse che ci siamo detti: “Scartiamole. Non vale nemmeno la pena di perdere tempo”. Finneas voleva provare a registrare comunque, io invece non credevo che saremmo riusciti. Prima di tutto, non pensavo affatto di avere dentro di me la forza per farlo in generale o di riuscire a fare ciò di cui il film aveva bisogno. Finneas si è seduto al pianoforte e ha iniziato subito a suonare, e abbiamo usato un microfono a mano nella stanza, che si sente attraverso gli altoparlanti invece che le cuffie. Non ho mai usato una cabina o altro.
Ero seduta su un divanetto con il microfono e lui stava suonando quegli accordi ed è partito proprio così (inizia a cantare What Was I Made For?). Abbiamo parlato molto dell’eleganza fluttuante di Barbie e della sua capacità di essere sempre così armoniosa, bella e perfetta. E poi la giustapposizione di lei che improvvisamente cade e non riesce più a fare tutto alla perfezione. Quindi c’era quel “I used to float, now I just fall down” (“Prima galleggiavo, ora cado”). Abbiamo scritto questo e poi: “I used to know, but I’m not sure now” (“Una volta lo sapevo, ma ora non ne sono più sicura”).
E subito dopo mi è venuta: “What I was made for” (“Per cosa sono stata creata?”). Poi entrambi ci siamo posti la domanda e abbiamo fatto il pezzo in cinque minuti. Era come se fosse stato Dio. Per me è stato l’esempio più perfetto di vera ispirazione e connessione. Quel giorno era dentro di me, ma non riusciva a uscire. Non sapevamo affatto cosa avremmo realizzato o se avremmo realizzato qualcosa. Ma era così chiaro che dovevamo farlo. Come dicevi tu, Olivia, io amo scrivere per il cinema. Non solo per il cinema, ma per qualcosa.
Mi piace molto ricevere un incarico. Per me, scrivere canzoni è molto difficile, l’onestà nella scrittura soprattutto, è fuori dalla mia portata. Mi piace invece scrivere di qualcosa che non sia la mia vita. Mi sono detta: “Questa è assolutamente la storia di un’altra ragazza, di un altro personaggio, non ha niente a che fare con la mia vita”.
Un paio di giorni dopo aver scritto What I Was Made For, però l’ho riascoltata insieme a un amico e mi son detta: “Questa stronza sta cantando di me!”. Ed era spaventoso. Tremavo. È stato come svegliarsi e scoprire che qualcuno ti ha fotografato mentre dormivi. Ma ringrazio Dio per Greta, gente. Ero onestamente preoccupata che fosse finita per me. Devo essere onesta con voi. Mi ha salvato, davvero.
Michaels: Ti ha sbloccato qualcosa che ti ha fatto dire: “Oh, posso davvero essere estremamente vulnerabile ed essere accolta bene”?
Eilish: Sì e no. Alla fine sì, perché il modo in cui è stata accolta è stato così scioccante per me. Credo di aver dimenticato che in qualche modo tutti provano le stesse cose e che per tutto ciò che proviamo c’è qualcuno che sa com’è. E questo mi ha davvero commosso. Soprattutto il modo in cui Barbie ha unito le donne, è qualcosa di cui mi sono sentita molto orgogliosa. Mi sono detta: “Sento di essere nel posto giusto”. È stato davvero bello.
Per le ragazze, vedere tutta questa rappresentazione è fondamentale, anche in questa tavola rotonda.
Baptiste: L’ho capito quando ho ricevuto l’invito. Ho pensato: “Voglio venire a imparare da tutte voi”. Mi piace quello che hai detto sul diario e sul fatto di riunire le donne, in particolare tu (guardando Eilish, ndr) sei stata una voce così profonda per la tua generazione. Ma credo che le persone vogliano leggere il tuo diario, ma anche il loro.
Questa tavola rotonda è stata sintetizzata e modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza.
Le tavole rotonde di THR sugli Oscar andranno in onda come Off Script With The Hollywood Reporter sul canale SundanceTV di AMC dal 31 dicembre al 14 gennaio. I video completi delle tavole rotonde saranno disponibili su THR.com/Roundtables e su YouTube dopo la messa in onda.
Traduzione di Nadia Cazzaniga
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