A Maienfeld sono abituati ai turisti. È la città svizzera dove la zia Dete cresce Heidi, prima di portarla dal nonno sulla montagna. È inevitabile che sia meta di pellegrinaggio: dal 1880, il libro di Johanna Spyri ha venduto più di 50 milioni di copie. Saranno venti o trenta i romanzi che hanno venduto più di Heidi.
Nel ’37 la Fox ne fece un film con Shirley Temple, che in Italia venne distribuito col titolo Zoccoletti olandesi, per motivi mai chiariti. Nel ’52, la svizzera Praesens-Film decise di rilanciarsi con una versione di Heidi per il pubblico locale. A dirigerla chiamarono un promettente regista italiano, che con i bambini sembrava saperci fare: Luigi Comencini. Nel ’58, fu il turno dell’adattamento bollywoodiano.
Dieci anni più tardi, una versione televisiva della NBC con Jennifer Edwards, la figlia adottiva di Julie Andrews, interruppe il big match di football New York Jets contro Oakland Raiders a un minuto dalla fine. I Raiders segnarono due touchdown in quel minuto, ribaltando la partita, rimasta alla storia come l’Heidi Bowl. Da quel giorno, le partite di football in televisione si trasmettono per intero (furono i Jets alla fine a vincere il campionato).
Tre giapponesi nel paese di Heidi
La fama di Heidi, insomma, era planetaria e quindi nessuno a Maienfeld, nell’estate del ’73, si sorprese di vedere tre giapponesi inerpicarsi sulle colline che portano all’Heidialp, il rifugio di montagna che si dice abbia ispirato Spyri per la casa del nonno.
I tre si erano conosciuti negli studi della Toei, la grande casa di animazione che ancora oggi lavora a Dragon Ball e One Piece. Nel ’68 Dragon Ball non esisteva, l’autore di One Piece doveva ancora nascere ma la Toei faceva già concorrenza alla Mushi Production di Osamu Tezuka per diventare la più grande casa di animazione giapponese. Per La grande avventura del piccolo principe Valiant, la Toei fissò un nuovo record in fatto di budget. Dietro le quinte del film si conobbero i tre giapponesi.
Stufi dei ritmi della Toei, dopo Valiant il trio decise di seguire il mentore Yasuo Ōtsuka negli studi della A Production. Lì tentarono di adattare un classico dell’infanzia occidentale: in due andarono in Svezia, per incontrare Astrid Lindgren e ottenere i diritti di Pippi Calzelunghe. Dell’idea ci rimangono solo degli sketch meravigliosi, perché Lindgren non si convinse e il progetto non andò in porto.
I primi passi di Hayao
L’occasione si ripresentò poco tempo dopo. La televisione privata Fuji TV aveva una spazio serale dedicato alla letteratura animata per ragazzi, un programma sponsorizzato dalla Calpis, bevanda allo yoghurt. Il Calpis Comic Theater sarebbe presto diventato il World Masterpiece Theater, uno dei contenitori televisivi più influenti nella storia dei cartoni. Ai tempi, per la trasmissione erano già state adattate le fiabe di Andersen e i Mumin di Jansson.
Il nuovo anime del Calpis Comic Theater fu commissionato alla giovane Zuiyo Enterprise, che si rivolse al trio con l’idea di adattare Heidi. I tre accettarono e nell’estate nel ’73 visitarono il Canton Grigioni.
Il primo di loro era Yōichi Kotabe, character designer. Presto sarebbe sbarcato alla Nintendo, dove avrebbe perfezionato il design di Super Mario e della principessa Peach. Il secondo era Isao Takahata, regista. Fonderà lo Studio Ghibli e dirigerà alcuni dei più celebrati cartoni della storia. Il terzo era Hayao Miyazaki, layout designer. Diventerà uno dei più grandi registi di sempre.
Vedi alla voce Rottermeier
Non è per niente difficile inserire Heidi nel solco di una carriera compatta come quella di Hayao Miyazaki. Come ha scritto l’accademica Fabienne Darling-Wolf sulla rivista Communication, Culture and Critique “la rappresentazione della natura nella serie si riallaccia con forza a elementi tipici dell’ambiente artistico e culturale giapponese spesso associati a Miyazaki”.
Alla fine del primo episodio, la zia Dete se ne è andata, lasciando la bambina col vecchio nonno e il suo cane di San Bernardo. Heidi non sembra particolarmente impensierita: comincia a fare i conti con la nuova casa, esplorando in giro. Dietro la casa del nonno, si ferma ad ascoltare il pino che si muove al vento, e sorride. Il pino “le parla”, ha una sua coscienza, come da tradizione shintoista.
I problemi cominciano, non a caso, nell’industrializzata Francoforte della signorina Rottermeier, dove Heidi si ammala di nostalgia. Anche Clara, l’amica di Heidi costretta in sedia a rotelle, reimparerà a camminare solo in montagna. La comunione con la natura è una costante del primo Miyazaki; il rispetto pacifico diventerà timoroso solo più avanti.
I monti sorridono nell’ultima strofa
Il primo episodio di Heidi uscì in Giappone il 6 gennaio 1974, cinquant’anni fa. In Italia arriverà quattro anni dopo, sul primo canale, nei pomeriggi dal lunedì al giovedì. La memorabile sigla italiana è basata sulla versione tedesca (quella giapponese è completamente diversa). La voce è di Elisabetta Viviani, i testi sono di Franco Migliacci, il paroliere che vent’anni prima aveva scritto per Modugno queste cinque parole: nel blu dipinto di blu. Attenti, che i monti sorridono solo nella strofa finale. La prima dice: “Il tuo nido è sui monti”.
Quando Miyazaki vinse l’Oscar per La città incantata tutti si segnarono il suo nome. Non sapevano di averlo incontrato già da tempo. Heidi fu un successo straordinario sia in Giappone che all’estero. Nel Sol Levante l’Emmental divenne il formaggio Heidi. In Europa le insegnanti troppo rigide divennero “signorine Rottermeier” e i vecchi canuti “nonni di Heidi”. Oggi a Maienfeld ci sono più giapponesi che svizzeri. Pare impazziscano di fronte alla visione dei San Bernardo.
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