L’appuntamento con Damiano Gavino è in tarda mattinata nella nostra redazione. Arriva puntuale con il suo ufficio stampa che non lo molla un attimo. È vestito casual, felpa nera e blue jeans. Lo presento ai colleghi e alle colleghe della redazione, alcune di loro sono sue fan .”Mi fa piacere quando le persone si emozionano nel vedermi dal vivo. È una cosa che trasmette molto affetto, gratitudine e di conseguenza la provi anche tu nei loro confronti” dice timidamente il giovane attore classe 2001.
Scoperto da Alessandro D’Alatri nella prima serie di Un professore con Alessandro Gassman e Claudia Pandolfi (la seconda stagione diretta da Alessandro Casali, prodotta da Rai Fiction e Banijay Studios Italy, andrà dal 23 novembre in prima serata su Rai 1) Gavino è stato scelto da Ferzan Ozpetek per il suo ultimo film Nuovo Olimpo. “Al provino però non sapevo che il mio personaggio fosse ispirato proprio a lui, naturalmente non mi era stato detto. Poi quando l’ho scoperto mi sono guardato subito intorno e ho iniziato ad osservarlo tantissimo” racconta l’attore che è sotto le luci della ribalta proprio grazie al film del regista turco.
Come sta vivendo questo momento di notorietà?
Per ora bene perchè riesco a vivere ancora il mio privato tranquillamente. Prima di fare questo lavoro ero a mia volta fan di altri attori, attrici, dell’arte in generale. Grazie all’affetto della gente percepisci che il tuo lavoro ha portato qualcosa nella vita degli altri. Certo la sceneggiatura del film non l’ho scritta io, però ho cercato di dare vita, nel miglior modo possibile, a qualcuno nel quale il pubblico si può riconoscere.
Le sarebbe piaciuto scrivere anche la sceneggiatura?
Più o meno. Prima non avrei mai avuto il coraggio di intraprendere una strada del genere. Sono sempre stato uno che ha bisogno di sentirsi sicuro per affrontare una sfida. Miglioro giorno dopo giorno su questo aspetto. Questo non è un lavoro che ti dà così tante sicurezze. Se non avessi fatto l’attore per puro caso avrei voluto avere a che fare con il dietro le quinte.
Da grande non avrebbe voluto fare l’attore, quindi?
Non avrei mai pensato di essere in grado, non tanto di saper recitare, perché questo non spetta a me dirlo, ma di saper stare davanti a una macchina da presa. Ci sono persone che li riprendi con il telefonino o provi a fargli una foto e diventano viola in faccia. A me questo non è mai successo, però non avrei mai pensato di essere in grado di stare davanti a una troupe di 100 persone che sono lì per far sì che il tuo lavoro venga bene e che ti guardano mentre reciti.
Lei ad oggi è un autodidatta, cercherà anche di studiare recitazione?
È una domanda che tormenta me e la mia agente. Non escludo che magari in un futuro sceglierò di farlo. Per adesso c’è la paura che questa naturalezza, ma anche questo istinto che io sento arrivare ogni volta che leggo una sceneggiatura, con lo studio possa essere compromessa. Oggi quando leggo una frase che il personaggio dice, mi viene da pensare automaticamente ‘se l’ha detta in questo modo qui vuol dire che si muove in questa maniera qui’. Ci sono tutta una serie di cose alle quali penso senza farmi troppi problemi, leggendo il copione intuisco subito come il personaggio la vive. Per adesso ho fatto solo un workshop a Napoli due anni fa, basato sul metodo di Niki Flacks, una roba molto sciamanica in cui cerchi di richiamare le emozioni di qualcuno.
Perché ha scelto proprio quello?
Me lo ha consigliato mia sorella che ha studiato alla Gian Maria Volontè e l’insegnante del workshop è Francesca De Martini che è stata sua docente per tre anni. Lea mi hanno detto ‘vacci perché magari non lo utilizzi quando giri, però è un’esperienza’ e così è stato, perchè ho avuto delle sensazioni che non avevo mai provato in vita mia. È stato pazzesco.
Quanto è colpa di sua sorella Lea se adesso fa il suo stesso lavoro?
Parecchia, perché la casting che si occupava dei provini di Un professore conosceva Lea, tramite lei ha visto una mia foto e ha voluto conoscermi. Mi ha consigliato di fare il provino e io per gioco ho accettato. Lea mi ha poi preparato e aiutato a prepararlo.
Le ha anche dato dei consigli?
Sì, per stare in questo mondo diciamo. Quando preparavo la prima stagione della serie lei aveva già fatto un paio di cose, aveva girato Caravaggio di Michele Placido, mi ha dato molti consigli tecnici sui set. Quelli burocratici invece li abbiamo scoperti insieme, piano piano nel corso di questi tre anni.
Avete anche la stessa agente?
Sì, ma è lei che ha scelto noi. Credo che per entrare in un’agenzia bisogna fare un provino, mandarlo e poi decidono loro se prenderti o meno, se seguirti. Nel mio caso mi ha chiamato l’agente di Lea che aveva visto il provino per Un Professore e mi ha chiesto se volevo far parte della sua scuderia. Ovviamente ho detto subito si.
Ricorda quel provino?
Perfettamente. Avevo delle scene da portare, soprattutto con mia madre (Claudia Pandolfi) e con Simone (Nicolas Maupas). Cinque scene anche abbastanza impegnative, perché comunque Manuel, il personaggio che interpreto, nella prima stagione ne affronta parecchie. In particolare c’era questa scena in cui entravo in casa, con il cappuccio e le cuffiette, trovo mia madre e iniziamo a discutere, una delle nostre tante liti.
Ricordo perfettamente che prima di iniziare a recitare, Alessandro D’Alatri cominciò a fare qualche domanda, tipo: ‘cosa fai? Cosa hai scelto di studiare? Perché sei qui se non hai mai studiato recitazione?’. Dopo avergli recitato la scena era entusiasta e mi disse: ‘che bella proposta di personaggio che hai portato!’.
All’epoca non capivo nemmeno cosa intendesse dire. Anche perché la sua casting Claudia Marotti continuava a sottolineare il fatto che non avessi mai recitato, studiato, fatto nulla e che bisognava anche capire che lavorare con me sarebbe stato difficile, sei, sette mesi di set sarebbero stati molto impegnativi con un esordiente. Mi fecero fare altri provini dal vivo sempre con lui e alla fine mi prese.
D’Alatri è stato il suo pigmalione?
Sì, decisamente. Ha anche combattuto per avermi, perchè comunque la Rai, Banijay, anche se adesso siamo in ottimi rapporti, prima credo avrebbero preferito un attore più famoso, che avesse già lavorato. C’erano parecchi nomi in lizza e invece Alessandro volle proprio me.
Se fosse ancora qui cosa gli direbbe?
Lo ringrazierei. Gli darei un abbraccio. Ho pensato subito a lui quando ho visto un posto vuoto in galleria durante l’anteprima in sala di Nuovo Olimpo alla Festa del Cinema di Roma. Mi faceva piacere credere che quella poltrona fosse sua, che lì c’era seduto lui.
La cosa che mi ha addolorato più di tutte quando ho saputo della sua morte è che non avrebbe potuto vedere il resto dei miei lavori. Perché comunque è come se mi avesse creato lui. Non vedevo l’ora che lui vedesse questo film, che vedesse le altre cose che sto facendo. Sono però anche dell’idea che in un modo o nell’altro gli arriveranno e le vedrà.
Ha studiato al liceo musicale. Ha abbandonato l’idea di diventare un musicista?
Sono strade parallele. Hanno tantissime cose in comune. Molte sfaccettature sono simili. Sono grato alla vita per quello che sto vivendo, perché è un percorso decisamente diverso dal punto di vista estetico, emotivo, però comunque il primo giorno di set ti dà sensazioni simili a quelle che provi prima di salire sul palco con lo strumento in mano, c’è esattamente la stessa sensazione.
Strumento preferito?
La chitarra e il pianoforte. Sono gli strumenti che suono praticamente tutti i giorni. Sento una canzone e la provo a rifare al pianoforte, a orecchio. Al liceo ho suonato il contrabbasso e prima ancora la batteria.
Adesso che è famoso è cambiato il suo modo di stare al mondo?
Mi fido meno. È inutile negarlo, ti viene da fidarti di meno di chi vuole starti intorno. Devi analizzare bene la situazione prima di capire se effettivamente gli interessi come persona o come personaggio. Poi non è difficilissimo capirlo, chi ti sta intorno per il personaggio è così poco intelligente da fartelo capire.
Cosa dobbiamo aspettarci invece da Manuel in questa nuova stagione?
Manuel sarà più comprensivo con le persone che hanno fatto una determinata scelta. Riuscirà a stare più al passo con i cambiamenti. Sarà più maturo, più protettivo nei confronti di chi ama e di chi prova affetto nei suoi confronti e viceversa. Sarà molto più sensibile e allo stesso tempo sempre più cazzuto, perchè alla fine è uno che si mette nei guai, è come se ne avesse bisogno, esattamente come nella prima stagione.
Come è stato essere Ferzan Ozpetek?
Particolare. Enea è liberamente ispirato a Ferzan e il fatto di avere proprio lui in carne ed ossa sul set a dirigermi è una cosa che mi ha aiutato tantissimo, anche solo nel modo di muovermi.
È un uomo dalle mille sfaccettature, a tratti impegnativo, a tratti geniale, è un artista molto profondo. Uno dei suoi aspetti che mi è piaciuto di più è che lui scrive una cosa sulla sceneggiatura, arriva sul set, guarda la scenografia, che tipo di colori hanno scelto per il pavimento, il divano e in base ai colori e alle sensazioni che ha cambia delle cose con una velocità e una facilità sovraumana.
Una cosa pazzesca come vive il set, in maniere istintiva, come fosse un animale.
Le sarebbe piaciuto essere lui nella realtà?
Mi sarebbe piaciuto vivere quell’epoca che non ho vissuto. Gli anni 70 e 80 sono un periodo che affascina molto noi giovani perché ci incuriosisce come era vivere allora, magari anche politicamente. Avere un’idea politica rispetto a ora che ce ne frega davvero poco. Purtroppo lo sento, lo vedo, lo osservo questo disimpegno. Allora invece dovevi scegliere, o eri una cosa o l’altra.
Me lo racconta mia madre che è del 1957 e gli anni 70 li ha vissuti appieno, diceva che c’era quella spinta ideale che si mescolava, purtroppo, a un clima di terrore. Ne parliamo spesso tra di noi, ancora di più dopo l’uscita del film.
Con Nuovo Olimpo ho avuto l’opportunità di vivere una vita che non era mia, un’epoca che non ho vissuto e questa è una cosa pazzesca.
Il fatto che gli omosessuali per incontrarsi usavano dei posti come il cinema, luoghi discreti e protetti in un certo senso, cosa le ha fatto pensare, quale riflessione le ha suscitato?
Che non si potevano fare certi incontri alla luce del sole perchè per strada si veniva comunque automaticamente etichettati. È una cosa che succede ancora oggi, anche se vedo più intraprendenza da quel punto di vista, soprattutto nei giovani e un pò anche negli adulti.
Mi è stato chiesto se il pubblico non sia rimasto ancora troppo indietro per comprendere una storia del genere. Mi viene da pensare: indietro rispetto a cosa? Non bisogna essere avanti o indietro, bisogna solo stare al passo col tempo che viviamo. È tutto normale, se ti guardi intorno tutto questo succede già.
È convinto che il nostro Paese sia pronto per storie di questo tipo?
Forse è una mia speranza, ma penso di sì. Anzi ne sono convinto perché non ci vedo nulla di diverso, è questo il fatto. Certo c’è tanto odio in giro ma nei confronti di chiunque. Nel senso, se ti fai un giro su Twitter è sconcertante. Mi viene da pensare che si sta più attenti a chi odia che a chi può amare una storia così.
Io sono spaventato da tutto l’odio che vedo.
Con questo ruolo sono arrivati anche gli haters?
Assolutamente no, ancora no, almeno per ora. Anzi, devo dire solo messaggi positivi da praticamente tutto il mondo. Non ho ricevuto odio. Ci sono stati dei commenti poco gradevoli ma sul film in generale. Ma cerco di non leggerli.
Perchè?
Non è che non mi interessano, è che sono una persona che tiene al proprio lavoro così tanto da esserne quasi geloso. Quindi non mi vado a cercare rogne.
Le critiche la feriscono?
Mi infastidiscono, non mi feriscono. Non mi interessa quello che pensa il pubblico, mi interessa ciò che pensano le persone che mi amano e che mi sono intorno. Finita la cerchia degli affetti, puoi anche dirmi che ho fatto schifo e io ti dico che va bene, ma è solo la tua opinione. Non ti ringrazio e finisce lì.
Non pensa che basandosi solo sugli affetti il quadro critico possa non essere reale?
No, perchè per fortuna mi circondo solo di persone sincere, obiettive e che non hanno freni con me. Agli amici chiedo sincerità. Oggi come le dicevo prima, sto ancora più attento a chi ho intorno.
Quando si è rivisto nelle scene di nudo che cosa ha provato?
Mi è sembrato strano, perché è una prospettiva che non hai mai visto. Le dico la verità, non mi hanno toccato più di tanto, né farle né tantomeno vederle. Io ho un rapporto con la mia nudità, con il mio fisico, perfettamente in linea con la mia testa.
Chi le sta intorno magari non l’ha mai vista in quelle situazioni.
Pensa che non me ne frega nulla. Con i miei amici ci scherziamo parecchio. Però il giorno prima che uscisse il film in tutto il mondo ho pensato (ridendo): ‘Però! Mi vedranno nudo in 180 paesi!’.
Ha almeno preparato i familiari?
Gliel’ho detto quando ho girate quelle scene. Gli ho detto preparatevi, perché mi rivedrete nudo dopo dieci anni.
Ha limonato con Nicolas Maupas, Andrea Di Luigi e Alvise Rigo, chi bacia meglio dei tre?
Non saprei, sono baci finti, baci scenici, così come le scene di sesso. Sul set c’era un clima di tensione emotiva che incredibilmente è svanita dal momento in cui abbiamo finito di girare. È stato così anche con le donne che ho baciato nella serie. Per me è lavoro, non c’è nulla da fare, la mia vita sentimentale, passionale o sessuale la lascio fuori.
Lei è un attore molto versatile: uomini, donne. Non si pone limiti.
Saper recitare, cioè, riuscire a fare tutto ciò che mi chiede il regista per me è un punto di forza. È stata una enorme prova. Credo di aver dimostrato che posso variare. Anche il fatto di aver interpretato varie età. Ho dimostrato sul campo che non mi si può etichettare.
E chi lo fa solo perché ho interpretato un omosessuale, è ridicolo e neanche da commentare.
Il futuro?
Per adesso sono fermo ma ho un sacco di cose in ballo. Ho fatto dei provini. Sono supestizioso però: finchè non firmo non dico nulla.
Cosa le piacerebbe fare allora?
Mi piacerebbe fare un film o una serie di azione.
Non ha ancora assaggiato il brivido delle sale cinematografiche.
È vero. È una cosa che mi piacerebbe tantissimo. Anche se Nuovo Olimpo ho avuto l’emozione di vederlo sul grande schermo in sala alla Festa del Cinema,
Un po’ mi spiace che non sia andato al cinema.
Il più bel complimento che ha ricevuto e da chi?
Professionalmente parlando da Claudia Pandolfi che mi ha fatto un bel complimento. M ha detto una cosa meravigliosa, anche se apparentemente banale, se vuoi semplice, ma molto profonda.
Ovvero?
Alla fine delle riprese di Un professore, dove lei interpreta mia madre, mi ha detto:’grazie per essere come sei!’
Ed è una cosa che l’ha colpita?
A parte che me lo ha fatto un’attrice straordinaria? Perché non è scontata come cosa. Perchè mi sta ringraziando per il modo in cui vivo le cose, in cui comunico e condivido. Abbiamo fatto tante scene insieme e abbiamo condiviso molto. Oramai per me lei è un affetto caro. Devo dire anche gli altri del cast. Tutti gli attori e le attrici, ma anche la troupe della serie: condividiamo una grave perdita rappresentata dal suo creatore, Alessandra D’Alatri.
Gli affetti e i rapporti umani da lui creati durante le riprese della prima stagione sono rimasti in suo onore anche nella seconda. Ma non perché lui non c’è più, ma perché li ha creati e sono rimasti veri.
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