Entrare dentro il Campus Biomedico di Tor Vergata a Roma, in quell’ingresso aperto che ha visto tanti, troppi dialoghi troncati da un’emergenza, o da un passaggio in macchina o dalla stanchezza di un turno infinito in corsia nella serie Doc (prodotto da Lux Vide del gruppo Fremantle in collaborazione con Rai Fiction), fa uno strano effetto. Così come attraversare l’atrio, che ha visto tante scene madri, dagli spari contro il primario Andrea Fanti che gli “regalano” 12 anni di oblio (i peggiori che ha vissuto, un Eternal Sunshine of Spotless Mind alla milanese) ai confronti con l’amata e dimenticata Giulia Giordano (Matilde Gioli) o con l’ex moglie ricordata da giovane sposa (Sara Lazzaro).
Soprattutto se sei un fan, se durante il Covid aspettavi le puntate settimanali come se la fruizione da piattaforme, on demand, non esistesse.
L’emozione poi diventa quasi insopportabile quando scopri che vedrai girare Luca Argentero, Pierpaolo Spollon e la nuova arrivata Laura Cravedi (una delle new entries tra gli specializzandi, che annoverano tra le sue fila anche Giacomo Giorgio, già Ciro Ricci in Mare Fuori, ed Elisa Wong, mentre Aurora Peres sarà l’assistente di Fanti) sulla famosa terrazza delle confidenze e degli sfoghi, laddove esplodono i conflitti emotivi della serie e il primario più bello del mondo, più empatico dell’universo, li risolve continuando a nuotare nella sfiga in amore, nel mobbing sul lavoro, in un’amnesia che, siccome è interpretato da Luca Argentero, sembra quasi una cosa desiderabile, bella. Almeno fino alla seconda stagione, perché alla fine di quest’ultima, dopo aver rischiato di perdere tutto, è tornato primario. Ma siamo fiduciosi sul fatto che la sfiga ci vedrà benissimo anche a partire da gennaio 2024 (data indicativa di programmazione di questo Doc 3: sempre troppo tardi).
Doc 3, il set e Mattia, l’agente segreto al servizio di Lux Vide
Lì incontriamo Mattia. Giovane, sorridente, disponibile. Lui, mi dicono, è “dell’editoriale”. Bene, potrà raccontarmi questa terza stagione. Ho spiato una pagina di sceneggiatura – in realtà l’ho proprio sottratta in un cambio scena, simulando una generosità nel voler aiutare i ragazzi sul set a spostare sedie e strumenti, per rimetterla al suo posto qualche minuto dopo. So che Doc (Luca Argentero) farà la solita ramanzina motivazionale – appena parla, sento un’incredibile voglia di specializzarmi in medicina generale persino io che non so distinguere una malattia venerea dalla scarlattina – a Bonvegna (Pierpaolo Spollon), ormai all’ultimo anno di specializzazione (è l’unico, in quel policlinico, a non aver saltato qualche passaggio nella sua crescita professionale) che ha appena avuto un attacco di panico in turno. Al Policlinico Ambrosiano va così, succedono sempre cose gravissime che costerebbe la radiazione dall’albo ad altri, ma loro se la cavano con un sorriso, delle scuse e Fanti che si prende la colpa anche della fame nel mondo. Va detto pure che il povero dottore ha le sue ragioni: in pochi mesi è stato workaholic, poi è arrivato il Covid, poi ha perso l’amore della sua vita, infine ha maltrattato tutti i suoi colleghi, persino Fanti che nella specialità olimpica “pazienza anche in condizioni estreme” batterebbe pure Don Matteo. Uno come Bonvegna, nella realtà, finiva a fare l’assessore della sanità in Lombardia, a lui tocca ancora far danni al Policlinico Ambrosiano. E quando si trova davanti a una paziente che rischia l’amputazione della gamba per una meningite, come successe a lui, sbrocca. E si sfoga con Martina, neospecializzanda (Laura Cravedi, “un talento straordinario, un fenomeno” come confessa Jan Michelini, supervisore e regista della serie fin dalla prima stagione, in questa terza affiancato da Nicola Abbatangelo e Matteo Oleotto), non rendendosi conto ovviamente che lei è cotta persa per lui. Difficile capire come sia possibile, visto che dall’inquadratura del drone me ne sono accorto pure io, che solitamente non comprendo la più elementare delle emozioni umane.
D’altronde Bonvegna è il Dylan Dog delle corsie di Doc, capace di innamorarsi e fare innamorare chiunque, sensibile al limite della fragilità e con una capacità di risolvere casi grazie al quinto senso e mezzo (alcuni direbbero colpi di c..o) al limite del soprannaturale, se non ci fosse Luca Argentero a superarlo nella parte di un Dr. House buono. E con una grafia migliore.
Ma torniamo al gentilissimo Mattia. Parliamo diversi minuti. Prendo appunti. Sorrido, penso di avere il pezzo. Rileggo e scopro che non mi ha detto nulla. Ha risposto in modo così evasivo che penso di candidarlo come ufficio stampa del Mossad nel caso del naufragio delle spie sul Lago Maggiore. Mattia avrebbe negato anche di essere là, se gli fosse stato possibile, ha confessato malvolentieri che erano alla seconda settimana di set e che le puntate saranno 16. Che gli interni – “Michelini mi ha convinto – confessa Argentero – mostrandomi la piantina dettagliata del reparto di medicina interna al nostro primo incontro, ricostruita in modo che vi fossero riflessi e trasparenze ovunque e che tutti potessero vedere tutti, con lo spettatore esattamente dentro l’azione” – sono stati messi su e girati negli studi Lux Vide a Formello. E infine, solo minacciando di torturarlo, dice che “sì, sarà una stagione Doc-centrica e che il motivo non sarà strettamente professionale o sentimentale. E che quella corsa forsennata in cui si è prodotto Luca Argentero qualche giorno fa, di cui hai sentito parlare sul set – lo dice con fastidio, qualcuno pagherà per la soffiata – era “per un paziente molto speciale”. Io, col sole che incoccia, mi lascio scappare “Silvio Berlusconi”. Oggi, me ne pento. Mattia è impassibile. Sorride. Saluta. Saluta sempre.
Il cast del medical italiano diventato successo internazionale
E allora, punto nell’orgoglio, comincio a parlare. Con Luca Argentero. Siamo nel camerino e io ho subito la tentazione di farmi fare la ricetta per l’antibiotico, poi di farmi diagnosticare una malattia rara, infine di chiederlo in sposo sfruttando la mancanza di memoria del suo Andrea Fanti. E lui mi confessa che “Doc 4 si farà solo se il copione sarà all’altezza, anzi migliore di quelli che abbiamo avuto finora. Penso siano d’accordo tutti su questo, il cast, Jan Michelini e gli sceneggiatori e ideatori Francesco Arlanch e Viola Rispoli. Di certo io non ho paura di essere identificato con Fanti, mi fa piacere, è un personaggio che non capita a molti in una carriera, fosse per me, a queste condizioni, arriverei fino a Doc 20”. Michelini, che è uno che ha ben chiara la sua idea di futuro – “fra tre anni mi fermo, per due anni non sentirete parlare di me, e poi partirò col cinema” – si lascia andare e dice “ma certo che si farà Doc 4, perché non dovremmo farla”. Mi permetto di far notare che al ritmo con cui sono stati eliminati fisicamente o allontanati molti elementi del cast – almeno tre sono morti, uno se n’è andato dall’ospedale, due sono emigrati in Somalia, solo per citarne alcuni – rischiano di non riuscire ad avere il numero minimo per una turnazione decente. “Perché non hai ancora visto le new entries, sono clamorose – riprende Argentero”, poi si commuove pensando al rapporto con i suoi ragazzi. “Dovevo essere un dottore che si prendeva cura della sua giovane squadra e in fondo sul set io ero il decano e loro gli esordienti o quasi. Inizialmente ho cercato di fare squadra, il capocomico anche con una punta di cinismo, per il bene dell’opera. Poi siamo diventati qualcosa di speciale e ora mi chiedono consigli, non solo professionali”. Argentero, nel frattempo, è anche diventato padre, per due volte, e forse Fanti lo ha recitato così bene anche per questo. “Sai che temo sia vero anche il contrario?”. Gli occhi gli si riempiono di lacrime che trattiene a stento. “Hai idea di cosa voleva dire, per mesi, piangere sul set un figlio morto e tornare a casa e tua moglie è incinta? È stato lacerante, ma mi ha permesso di dare profondità a entrambe le esperienze. Non so davvero descriverlo”.
Michelini si lascia andare sul tema portante della terza stagione – “si toglierà una parte del velo che è calato sul passato di Doc e scopriremo cose pazzesche” – e confessa che queste 16 puntate saranno ancora più “non ci posso credere” delle precedenti. Non si guarderà al futuro ma si tornerà al punto di partenza “e questo permetterà di recuperare molti di quelli che abbiamo lasciato, anche solo per qualche posa. Viola e Francesco hanno trovato una chiave geniale, vedrete, sarà incredibile”. Così come lo è il fatto che Doc approderà a Hollywood e diventerà una donna. “Una scelta molto corretta, siamo curiosi – dicono sia Jan che Luca – e in linea con il momento che stanno passando gli Stati Uniti”. Ma il regista non ha alcuna intenzione di andare oltre oceano. “Mi hanno già offerto opportunità all’estero: in Inghilterra, negli Stati Uniti, persino negli Emirati Arabi in cui mi volevano per una saga sulla famiglia regnante. Ma io amo il mio paese, voglio fare cose straordinarie qui. Amo troppo questa terra e già mi costa molto allontanarmi per lavoro dalla mia famiglia – ha 3 figli con la compagna e attrice Giusy Buscemi -, figuriamoci vivere altrove. Poi dove? A Los Angeles, su un’autostrada? Per capire come sono fatto, valuta che io ho un campo di avocado in Sicilia”.
Doc 3, le anticipazioni
Si sbottonano poco tutti, ben istruiti, probabilmente da Mattia. “Conta che a noi hanno dato i copioni solo fino alla puntata 8, neanche io so che fine farà Giulia: doveva trasferirsi, ma scoprendo che Andrea sta recuperando la memoria rimane lì, nella speranza ma anche nel timore che a lui possa tornare tutto in mente. Neanche so io che fine farà la dottoressa Giordano. E sono molto curiosa, perché sono convinta che abbia bisogno di qualcosa di forte, di una sorta di risarcimento. Pensa alle tragedie che ha passato, dal fatto che da un giorno all’altro l’uomo che ama si dimentica di lei, non la riconosce, è qualcosa di assurdo e inspiegabile e poi quando l’altro, che lei non vedeva, ha da lei una possibilità, quello muore. Diciamola, è più sfigata di un’eroina di Flaubert. Ora sembra più centrata su se stessa, ricaricata, sono davvero curiosa di come evolverà. Rimane una donna ambiziosa ma anche molto sensibile e fragile, proiettata in avanti nel lavoro e frenata da questo sentimento soffocato.
E non dimentichiamo che lei è la vera scatola nera di Doc, e non ha mai svelato nulla di quel passato”. Non dice una parola di più neanche il suo cagnolino, Kal-El (sì, il nome kriptoniano di Superman per un chilo e mezzo di animaletto). E per Pierpaolo Spollon, che nelle serie tv Rai ha trovato il modo di farsi apprezzare – cattivo in quel gioiello che è Blanca, “totalmente pirla” in Che Dio ci aiuti – nei suoi molteplici talenti, “questa terza stagione è una prova di maturità, mentre nelle prime due ero al centro di avvenimenti più grandi di me, ora devo gestire la normalità, le sfumature. Poi per continuare – ride – pretendo almeno una promozione!”. Sulla famosa terrazza, chiede un altro ciak, per uno sguardo in più, una mezza espressione che restituisce una malinconia diversa al suo Bonvegna. Sa di essere bravo, anche se fa finta di non prendersi sul serio. E nel frattempo si prepara “a un ruolo che mi fa brillare gli occhi che mi hanno appena proposto e al mio spettacolo teatrale”. Aspettando il cinema “che spero possa diventare il mio punto di arrivo. E non come attore, ma come regista”. Si potrebbe iniziare da qualche episodio della quarta stagione di Doc. “Sarebbe divertente, sempre che mi vogliano nell’eventuale prossima stagione. Con il ritmo con cui vengono fatti fuori i medici in quel reparto, non è mica detto”. Già. Mattia passa. Saluta ancora. E sorride, perché mi vede andar via. Parla a un walkie-talkie e io so che sta parlando con un servizio segreto straniero. Me lo sento.
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