Skam 6 dialoga trasversalmente con Questo mondo non mi renderà cattivo. Il linguaggio è contemporaneo, ma non è sorprendente per una delle serie adolescenziali più intraprendenti del panorama italiano – seppur merito di una base norvegese da cui si sono poi diramati i vari remake – e uno dei fumettisti più puntuali, critici e attenti sull’oggi, trasposto per ben due occasioni (la prima con Strappare lungo i bordi) in versione animata. I due prodotti comunicano indirettamente trasmettendo un’urgenza viva e sociale che osserva da vicino la realtà, che è interessata al contesto in cui nasce e si sviluppa, e che non sottovaluta cosa accade loro attorno.
È una pagina personale quella che tocca nell’intimo il protagonista Zero(calcare) con Questo mondo non mi renderà cattivo. Raccontando di un ragazzo diventato uomo alle prese con un ex compagno dai tempi dei banchi di scuola che cade nella droga e si appassiona a organizzazioni fasciste, l’artista Michele Rech riporta il disagio della lotta civile quotidiana. Degli scontri che avvengono in casa propria. Dell’affrontare di petto movimenti che inneggiano e incitano al totalitarismo, andando contro ai diritti e alla decenza degli esseri umani.
In una chiave più leggera – in realtà leggera non lo è affatto – la sesta stagione di Skam Italia si pone l’obiettivo di denunciare con la stessa rigidità i comportamenti offensivi e violenti, la gestione bieca e coatta degli atteggiamenti fascisti sia dentro, che fuori la scuola. Parte con un montaggio che ricorda i video di invito alla lotta studentesca e che dichiara apertamente che i fascisti, negli ambiti dell’istruzione, non ci devono stare. E neppure all’esterno, mostrando quanto è difficile sentirsi utili e riuscire a sensibilizzare, soprattutto quando si è ancora adolescenti e non si ha la minima idea di come fare.
Persone del domani
Ma Skam 6 è anche una storia di redenzione. Mentre Zerocalcare ci lasciava col dubbio che, forse, le cose non si possono sempre cambiare (nonostante è bene provarci, provarci ancora, e provarci più intensamente), la sesta stagione dello show ideato da Ludovico Bessegato, Alice Urciuolo e Elisa Zagaria ci mette tutta la bellezza della giovinezza che vede i personaggi diventare da crisalidi alle persone che potrebbero essere un domani.
Che da ragazzi si sbaglia e si sbaglia anche tanto, che è bene pagare per i propri errori. Che esiste la possibilità di riabilitarsi e, in un’ultima istanza, di crescere. Perché è questo che hanno sempre fatto i protagonisti delle varie stagioni (e i loro comprimari). Sono cresciuti e, così, faranno anche i nuovi personaggi.
Capita a Giulio, interpretato dalla new entry Andrea Palma. E capita alla protagonista della sesta stagione, la Asia di Nicole Rossi, che nel mezzo di questi tentativi di preservazione del proprio futuro, in cui si cerca di fermare il marcio estirpandolo fin dai tempi della scuola, deve anche affrontare i demoni che non solo agiscono da fuori, ma che si smuovono al suo interno. Riprendendo il discorso sui disturbi alimentari, già accennato col personaggio di Silvia (Greta Ragusa), la ragazza si confronta con un’anoressia che agisce silenziosa e si porta dietro il carico di tutti i suoi squilibri.
Skam 6: un futuro da vivere insieme
L’ansia costante, la caduta dei capelli, il compensare con improvvise quantità di cibo per poi smettere ancora una volta di mangiare e fingere con i propri genitori lasciando tracce di briciole nella propria stanza. La sensazione con Skam 6, che già arrivava dalla storia di abuso di un adulto su delle giovani alunne nella stagione precedente, è di un disagio che gli autori tentano di smantellare per analizzarne le cause, con l’obiettivo anche di poterlo alleviare.
Per parlare delle difficoltà con cui la generazione rappresentata è portata a confrontarsi, cercando di restituirle un ritratto in cui sapersi riconoscere e che possa essere esplicativa, magari illuminante, anche per chi gli anni del liceo sono ormai passati. E lo fa con un ritorno lucido, con svariate linee di racconto che confluiscono tutte in una paura del futuro che è normale possa spaventare. Che è inevitabile sembri difficile, impossibile da raggiunge, figurarsi da superare.
Ma che promette anche opportunità di cambiamento, di continuo scambio, di sostegno e di fiducia, che è l’unica cosa che è rimasta alle nuove generazioni per andare avanti. E, forse, possono risorgere proprio dalle ceneri in cui sono state lasciate. Prendendo posizione, cercando aiuto e godendosi la frenesia dei loro migliori anni.
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