“Due persone indipendenti che decidono di stare insieme perché insieme stanno meglio, ma nessuna delle due ha bisogno dell’altra”: è così che Giulia Bevilacqua descrive il rapporto tra il suo personaggio, Serena Morandi, e quello interpretato da Alessio Boni in Il metodo Fenoglio, la miserie Rai tratta dai romanzi di Gianrico Carofiglio. È un rapporto che si basa sul dialogo, sulla libertà, sull’indipendenza, “in un periodo storico, gli anni Novanta a Bari, in cui non era comune per una donna convivere per dieci anni con un uomo senza sposarsi e senza avere figli”.
Un messaggio enorme, questo, da far entrare nelle case di milioni di italiani (più di tre milioni e 800 mila, secondo i dati degli ascolti della prima coppia di episodi su Rai 1, il 27 novembre) in un momento storico in cui la soglia dell’attenzione verso le relazioni e, soprattutto, la condizione delle donne in esse, è molto più sensibile. “Un privilegio che abbiamo noi attori è quello di trasmettere dei messaggi e questo, anche se inconsapevolmente, adesso è molto importante, quello di scegliere bene il proprio compagno o la propria compagna tutelando sempre la propria indipendenza e la propria libertà”. E sull’influenza specifica della televisione sull’immaginario comune, Bevilacqua spera che questo avvenga e si noti sempre di più.
La tv come strumento dell’immaginario
Proprio lei che nel 2015, ormai otto anni fa, ha portato sugli schermi di Rai 1, con È arrivata la felicità, uno dei personaggi più rivoluzionari della rete, una donna lesbica e incinta, con una compagna ma che appunto nota come: “Da allora non siano stati realizzati altri progetti simili. Nonostante la televisione abbia bisogno di attingere sempre alla realtà e raccontare esempi che sono comuni nella vita quotidiana, ma che trovano la resistenza degli stereotipi o dell’intolleranza”.
Serena Morandi e Pietro Fenoglio, al contrario, attingono alla realtà e, senza volerlo, dialogano con l’attualità e con il presente di un’Italia devastata dal femminicidio di Giulia Cecchettin e di tutte le donne che in media ogni tre giorni vengono uccise perché non rispettate in quanto tali, in quanto donne.
“Io e Alessio (Boni, ndr) ci siamo subito accordati su una sintonia di valori e di intenti, abbiamo lavorato sulla relazione e sull’empatia più che sul carattere dei singoli personaggi, già ben descritto dal lavoro degli sceneggiatori e di Carofiglio”. L’ironia di Serena smorza la rigidità di Pietro e, insieme, si completano.
L’ironia, la commedia e il nuovo progetto con Pieraccioni
La stessa ironia è qualcosa su cui Bevilacqua vorrebbe continuare a lavorare in futuro, esplorando personaggi diversi dalla commedi italiana in cui è stata protagonista negli ultimi cinque anni. “Adoro la commedia ma mi piacerebbe affrontare un personaggio che abbia dei toni meno comici, non per forza drammatici, ma più intensi”.
Come nel caso de Il metodo Fenoglio, che lei descrive come un “esperimento cinematografico in Rai”, un prodotto “dall’estetica sofisticata” che “permette di tornare alla memoria degli eventi importanti della nostra storia su cui ci si è poco soffermati (la scoperta della mafia pugliese nei primi anni Novanta, poco prima degli attentati a Falcone e Borsellino in Sicilia, ndr) con un esempio di coraggio e impegno nella lotta alla criminalità organizzata”.
Dopo la messa in onda delle quattro doppie puntate della miniserie in prima serata, Giulia Bevilacqua si prepara tuttavia a tornare sul grande schermo con uno degli autori comici più apprezzati in Italia, Leonardo Pieraccioni. È infatti coprotagonista del suo Pare parecchio Parigi, in sala dal 18 gennaio 2024.
“Sono grata a Leonardo Pieraccioni, un regista che amo, perché mi ha dato un personaggio che per me è un bellissimo esempio di emancipazione. Il suo è un film tenero, molto dolce e molto comico, una storia realmente accaduta anni fa e che lui conosceva bene, di tre fratelli che decidono di far fare l’ultimo viaggio al padre in fin di vita. Lo vorrebbero portare a Parigi, ma non potendosi allontanare troppo dall’ospedale fingono partire verso la Francia in camper. È quindi un viaggio on the road, in cui noi (Nino Frassica, Chiara Francini, Pieraccioni stesso, ndr) stiamo tutto il tempo in uno spazio ristretto, sempre insieme, ognuno cercando di recuperare i rapporti con gli altri, confidandosi e riavvicinandosi. Spero che porti la gente in sala, soprattutto sulla scia del grande successo di Paola Cortellesi”.
Lo spazio delle donne
C’è ancora domani, grazie al passaparola, ha infatti ormai sfondato il muro dei 25 milioni di euro di incasso diventando il film più visto della stagione in Italia. “Ho visto il film da sola, tra una ripresa e l’altra di Vincenzo Malinconico a Salerno, e sono uscita dalla sala in lacrime”. Una reazione che ha accomunato molte spettatrici, “perché quel finale è fortissimo, è potentissimo ed è veramente un messaggio veramente, necessario questo momento”.
E nonostante Giulia Bevilacqua non senta in questo momento il bisogno o l’urgenza, come Cortellesi, di passare dall’altro lato della macchina da presa per raccontare e dirigere una sua storia, è fermamente convinta del fatto che ci sia “bisogno di film di donne, scritti da donne. Bisogno di raccontare proprio l’universo femminile, in tutte le varie sfaccettature, dai rapporti d’amore a quelli di amicizia, ma anche di odio o di antagonismo. È importante anche che sempre più registe donne, sceneggiatrici donne, possano avere il loro spazio”.
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