Alla fine è sempre tutta colpa (o merito) dell’amore. Per lo scrittore ungherese Sándor Márai “amare significa semplicemente conoscere appieno la gioia e poi morire”. E Andrés de Fonollosa, meglio conosciuto come Berlino (Pedro Alonso), di gioia nella sua vita ne ha conosciuta parecchia prima di morire. Edonista, egocentrico, estremamente intelligente e con un paio di ossessioni: l’amore, neanche a dirlo, e le rapine. Guarda caso le stesse due cose che gli riescono talmente bene – svariati matrimoni e colpi alle spalle – da averlo trasformato in un esperto in entrambi gli ambiti. Gli stessi capaci di “trasformare una brutta giornata in una giornata fantastica” come afferma nel primo episodio dello spin-off de La casa di carta che porta il suo nome.
Creata sempre da Álex Pina, Berlino è ambientata anni prima degli avvenimenti raccontati nelle cinque stagioni della serie da cui prende spunto. Ancora nessun Tokyo, Rio o Denver all’orizzonte. Solo un breve accenno al Professore e la presenza – ridotta agli ultimi episodi – di Itziar Ituño e Najwa Nimri che fanno il loro ritorno rispettivamente come le poliziotte Raquel Murillo e Alicia Sierra.
Berlino, Parigi e una nuova banda
Morto ufficialmente alla fine della seconda stagione de La casa di carta con un gesto eroico che ha permesso agli altri componenti della banda di fuggire dalla Zecca di Spagna, Berlino è tornato in scena nelle stagioni seguenti grazie a una serie di flashback nei quali si è raccontata la sua malattia degenerativa. Un personaggio destinato alla morte ma che, come ogni altro avvenimento della sua vita, ha deciso di gestire in modo del tutto inusuale.
Ora, grazie a Berlino, ci è permesso scoprire un personaggio inconsapevole del destino che lo attente. Vivo e libero. E con un piano: far sparire gioielli per un valore di 44 milioni grazie a una sorta di trucco magico. Per farlo chiederà aiuto alla banda composta da Keila (Michelle Jenner), un genio dell’ingegneria elettronica, Damián (Tristán Ulloa), un professore filantropo e suo consigliere, Cameron (Begoña Vargas), una ragazza impulsiva che vive sempre al limite, Roi (Julio Peña Fernández), il suo fedele seguace e Bruce (Joel Sánchez), uomo d’azione della banda. Sede del colpo Parigi, la città dell’amore ça va sans dire.
Un piano dall’ingranaggio perfetto il suo nel quale s’insinua un sassolino chiamato Camile (Samantha Siqueiros), la moglie dell’uomo che porterà – almeno sulla carta – Berlino diretto ai gioielli. Ma quello che doveva essere un percorso pulito e lineare studiato per mesi diventerà ben presto un tracciato molto più arzigogolato, fatto di picnic lungo la Senna e baci all’ombra della Tour Eiffel.
Una stagione innocua
Berlino è totalmente inserita all’interno dell’universo de La casa di carta eppure ne è anche molto distante. Se la prima stagione della serie originale ideata da Álex Pina è riuscita a diventare un fenomeno globale anche grazie alla sua capacità di connettersi ad un malcontento generale delle persone nei confronti di banche e super ricchi che accumulano fortune lasciando le briciole ai gradini più bassi della piramide sociale, nello spin-off questo tipo di aggancio narrativo (e d’attualità) è totalmente assente.
Anche la maschera di Salvador Dalì, divenuta istantaneamente un simbolo finito per sfilare in vere proteste nelle strade di mezzo modo, in Berlino non trova un “sostituto” iconico altrettanto evocativo. Gli otto episodi di questa prima stagione sono “innocui”. Chi ha amato La casa di carta ritroverà molto nelle linee sentimentali, nelle parentesi musicali, nell’enfasi, nelle dinamiche della banda e nella costruzione dei piani criminali. E forse questa versione più leggera, ambienta tra le strade parigine e non nei locali delle Zecca di Spagna, è il tipo titolo perfetto per rilassarsi sul divano.
Un’alternativa dai toni pastello, come la primavera parigina, de La casa di carta. Ma continuiamo a sperare in un’intrattenimento che sappia andare più a fondo – sempre con ironia e leggerezza, elementi fondamentali e imprescindibili – senza replicare qualcosa di già ampiamente visto. Perché si finisce per avere la sensazione di guardare personaggi di cui conosciamo già la prossima mossa. E per una banda di ladri non è un buon biglietto da visita.
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