“Il teatro è tutta una questione di scelte: cosa mostri e cosa celi. Quelle scelte cambiano tutto”. E quale luogo migliore se non un teatro di Broadway – tra quinte, sipari e botole in cui nascondersi – poteva fare da sfondo alla terza stagione di Only Murders in the Building, la serie ideata da Steve Martin e John Hoffman che dall’8 agosto torna su Disney+. Specie se la serie in questione parla di omicidi e delle strampalate indagini di un terzetto improbabile con la passione per i podcast crime che, puntualmente, li trascina in situazioni al limite dell’assurdo.
Only Murders in the Building 3: cosa succede all’Arconia?
Only Murders in the Building 3 vede gli attori sul viale del tramonto Charles-Haden Savage (Steve Martin) e Oliver Putnam (Marin Short) insieme alla millennial in crisi esistenziale Mabel Mora (Selena Gomez) indagare sull’omicidio di Ben Glenroy (Paul Rudd), star di film d’azione di Hollywood il cui debutto sulle assi del palcoscenico di un teatro di New York – che segna il ritorno alla ribalta di Oliver con uno spettacolo tutto suo – viene interrotto dalla sua morte violenta e prematura. Un’occasione ghiotta per i tre inquilini dell’Arconia, elegante edificio newyorchese nell’Upper West Side, per tornare a giocare a fare gli investigatori.
Insieme a The Bear 2, questa terza stagione – complice anche lo sciopero di attori e sceneggiatori che sta infiammando e bloccando Hollywood – è tra le uscite estive più forti e attese del piccolo schermo. Leggera, fresca, (auto)ironica: Only Murders in the Building 3 mantiene intatte tutte le caratteristiche che l’hanno promossa tra i titoli più amati degli ultimi anni. In primo luogo perché le dinamiche tra i suoi protagonisti funzionano alla perfezione. Separati per buona parte della stagione, con annesso sviluppo di sotto trame romantiche, Charles, Oliver e Mabel si riuniscono nella seconda metà per fare scintille.
Un murder mystery fedele a se stesso
Rispetto alle stagioni precedenti del murder mystery targato Disney+, anche per questo terzo capitolo non bisogna però aspettarsi sconvolgimenti alla struttura narrativa. Only Murders in the Building funziona perché rimane fedele a se stesso. Un divertissement che per la maggior parte del tempo gira – deliziosamente – su se stesso tra digressioni, sketch e sospensione della realtà (la percentuale di omicidi avvenuti all’Arconia è decisamente fuori statistica). La stessa entrata in scena di guest star come Paul Rudd e Meryl Streep, nei panni – paradossali – di un’attrice che non è mai riuscita a sfondare, non cannibalizza l’attenzione ma si inserisce, senza intoppi, in un meccanismo molto ben oleato.
Only Murders in the Buildings è come quei gialli che d’estate si leggono tutti d’un fiato sotto l’ombrellone. Ne conosciamo già le dinamiche ma ne assaporiamo ugualmente pagina dopo pagina. In attesa di scoprire se il nome dell’assassino coincide con le nostre supposizioni da detective amatoriali.
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