Data la sua esperienza in horror viscerali e thriller conditi da una maliziosa vena di umorismo nero, Ben Wheatley sembrava la scelta giusta per prendere le redini della regia di Shark 2 – L’abisso, sequel con Jason Statham del B-movie del 2018, su uno squalo megalodonte che terrorizza un gruppo di scienziati per poi dedicarsi a una bella scorpacciata di bagnanti.
La buona notizia è che Statham è tornato, portando il suo fascino rude e la sua autoironia da duro con frasi frizzanti come “Ci penso io”, “Merda!” e “Ci vediamo dopo, amico” (quest’ultima pronunciata mentre fa fuori uno squalo preistorico).
La delusione è che il grande divertimento, ai limiti dell’idiozia, promesso dallo splendido trailer – ingegnosamente montato sul successo degli Heart del 1977, Barracuda – si materializza solo a intermittenza, in un film che troppo spesso fatica a trovare l’equilibrio tra suspense e assurdità mostruose.
Wheatley, purtroppo, non è stato aiutato dalla sceneggiatura banalotta di Jon Hoeber, Erich Hoeber e Dean Georgaris, adattata dalla serie di romanzi MEG di Steve Alten. Nonostante una tagline allettante – “Nuovo squalo. Vecchia preda” – che allude a gloriose vette di assurdità con l’immagine di Statham sulla locandina, incorniciata da una gigantesca arcata di denti mostruosi, la sceneggiatura riesce solo occasionalmente a rendere divertente la trama non sense.
E mentre Statham riceve un solido supporto dai colleghi del cast Cliff Curtis e Page Kennedy, il resto dell’ensemble non è memorabile.
Come fa un megalodonte a viaggiare in acque non così profonde?
Shark 2 – L’abisso si apre in modo promettente con un prologo ambientato nel Cretaceo, con una divertente rappresentazione della catena alimentare in cui una libellula viene inghiottita da una grande lucertola anfibia, poi divorata da un T-Rex che commette l’errore di indugiare sul suo pasto in riva al mare, abbastanza a lungo da essere divorato da un megalodonte.
Mentre gli spettatori sono impegnati a ragionare su come un abitante dell’oceano alto 20 metri con una simile stazza possa muoversi in acque così poco profonde, torniamo velocemente ai giorni nostri, dove Statham fa quello che gli riesce meglio: saltare fuori da un container e spaccare il culo a tutti.
All’Istituto Oceanografico di Hainan, in Cina, gestito dal suo amico Jiuming, il protagonista Jonas (Statham) funge da figura paterna burbera ma amichevole per l’adolescente Meiying (Cai), la cui madre oceanografa è morta perché… beh, perché Li Bingbing, presente nel primo film, ha abbandonato la produzione.
L’istituto ha al suo interno l’unico megalodonte al mondo in cattività dal nome Haiqi, addestrato da Jiuming a rispondere ai suoi comandi. Jonas è scettico: “Il problema è che lui è un megalodonte e tu sei uno snack”. Meiying si nasconde a bordo durante una missione esplorativa con le capsule subacquee, ma qualcosa va storto e i protagonisti rimangono bloccati sul fondo dell’oceano, a 8000 metri sotto il livello del mare.
Nel frattempo, ovviamente, Haiqi è fuggito, attirando altri megalodonti nella stagione degli amori (c’è abbastanza materiale per un terzo film). I sommozzatori scoprono un’attività mineraria disonesta guidata da Montes (Sergio Persis-Mencheta), un mercenario stropicciato appena uscito da Central Casting, che saccheggia terre rare dal valore miliardario. L’uomo provoca un’esplosione che apre una breccia nel termoclino, che in precedenza aveva mantenuto i megalodonti nella loro corsia sul fondo del Pacifico.
Jonas, Jiuming e il loro equipaggio, con i sommergibili compromessi e le scorte di ossigeno limitate, sono costretti a “camminare” sul fondo dell’oceano con tute in stile Robocop, mentre il loro numero diminuisce a causa degli attacchi dei megalodonti, delle salamandre giganti del prologo, e di varie altre minacce provenienti dalle profondità. Non piangiamo le perdite perché i personaggi ci sono stati a malapena presentati.
Shark 2 – L’abisso, un sequel non all’altezza
È quando l’azione si sposta sott’acqua che il film affonda, perdendo slancio con impenetrabili dialoghi tecnici, spesso pronunciati con accenti incomprensibili. Wheatley non riesce a trovare un punto d’incontro valido in cui possano coesistere lo stupore per le profondità marine, i pericoli oscuri e le battute sagaci.
Le cose si risollevano quando Jonas si scontra con Montes, ma anche una volta tornati in superficie, Shark 2 – L’abisso ci mette un po’ a riprendersi. La sequenza finale segue il modello di Shark – Il primo squalo su scala più ampia, spostandosi in una località turistica chiamata sinistramente Fun Island, dove i nostri eroi si scontrano con i megalodonti sfuggendo per un pelo alla morte. Alcuni dei vacanzieri non sono altrettanto fortunati.
Si sente chiaramente che Wheatley si è rilassato e divertito di più, tirando fuori l’esuberante yorkshire del primo film, Pippin, molto amata dai fan, e scatenando il tipico caos marino, punto fermo dei thriller con gli squali dai tempi de Lo squalo. C’è anche un riferimento a Lo squalo 2, col personaggio di DJ (Kennedy) impegnato a costruire un’arma con proiettili avvelenati.
La dinamica colonna sonora di Harry Gregson-Williams dà un forte impulso all’azione, soprattutto nella parte finale, quando Jonas, Jiuming e i loro compagni sopravvissuti cercano di fermare la furia dei megalodonti e di salvarsi dai mercenari armati fino all’osso.
La scenografia di Chris Lowe colpisce nell’Istituto Oceanografico, nelle tute da immersione e nelle ammirevoli imbarcazioni marine. Ma gli stessi megalodonti spesso non reggono i primi piani, in cui appaiono come malconci squali-giocattolo di gomma – ricordano lo squalo meccanico “Bruce”, star dei tour degli Universal Studios.
Per quanto sia fantastico vedere Statham che lancia arpioni esplosivi da una moto d’acqua, Shark 2 – L’abisso offre solo rari momenti di gioia pura. È troppo ridicolo per spaventare seriamente e troppo incerto per convincerci che stia davvero scherzando. Anche come divertimento estivo senza pensieri, il film non è all’altezza delle aspettative.
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