Dodici titoli italiani sognano la possibilità di correre per l’Oscar. E chissà che uno di loro non riesca a riportare in Italia la statuetta che dal nostro paese, ormai, manca da 10 anni (l’ultimo a riuscirci fu Paolo Sorrentino, nel 2014, con La grande bellezza).
La commissione dell’ANICA si riunirà per votare il candidato italiano il prossimo 20 settembre, mentre l’annuncio delle “shortlist” (i titoli in “finalissima”) è previsto per il 21 dicembre: le nomination saranno annunciate il 23 gennaio mentre la cerimonia vera e propria si terrà a Los Angeles il 10 marzo 2024. Sorrentino è stato anche l’ultimo italiano ad aver ricevuto una candidatura: accadeva nel 2022, con È stata la mano di Dio.
Per l’Italia quest’anno si sono fatti avanti grandi nomi, da Marco Bellocchio a Nanni Moretti, opere prime (Paola Cortellesi, Marisa Vallone) e alcune sorprese, come l’outsider Sidney Sibilia: per poter essere selezionati dalla commissione, i titoli devono essere stati distribuiti, o avere in previsione l’uscita nazionale, fra il 1° dicembre 2022 e il 31 ottobre 2023. Requisito fondamentale per l’Academy è che gli stessi titoli non abbiano raggiunto accordi per una distribuzione negli Stati Uniti in quelle date. Regola che vale anche per Bellocchio, per l’uscita nelle sale statunitensi di Kidnapped (Rapito) con Cohen Media Group, stabilita per il prossimo 11 novembre.
Grandi firme e temi ricorrenti
Tra le autocandidature di prestigio c’è quella di Matteo Garrone con Io capitano, sull’inferno del viaggio di due ragazzi tra Dakar e Lampedusa, reduce dalla prestigiosa vittoria del Leone d’argento a Venezia. Un film che si inserisce in un filone, quello del racconto delle migrazioni, sempre molto seguito dagli osservatori internazionali. Non solo agli Oscar – si pensi a Flee di Jonas Poher Rasmussen – ma anche a Venezia, dove quest’anno partecipava anche Green Border di Agnieszka Holland.
Attesa e quasi scontata la candidatura di due maestri del cinema italiano, Nanni Moretti con Il sol dell’avvenire e Marco Bellocchio con Rapito. Le loro storie parlano di Italia all’Italia, ma le (ottime) vendite dei rispettivi film oltre i confini nazionali dimostrano la loro capacità di rivolgersi a un pubblico più ampio. Tuttavia l’esperienza pregressa di altri film italiani, presentati agli Oscar con identiche premesse, non è stata finora positiva. Si pensi ad A ciambra (2017) di Jonas Carpignano.
Come Carpignano, che arrivava agli Oscar con il sostegno di Martin Scorsese, anche Alice Rohrwacher quest’anno potrà forse contare sull’endorsement di un autore apprezzatissimo a Hollywood, il premio Oscar Alfonso Cuarón, che ne ha prodotto il cortometraggio Le pupille (già candidato lo scorso anno agli Academy). La regista propone il suo successo di critica La chimera, che dopo l’anteprima a Cannes e la partecipazione a festival come il Tiff a Toronto, arriverà nelle sale italiane a fine novembre.
Tra i grandi nomi noti all’Academy c’è infine quello di Gabriele Salvatores – già premio Oscar per Mediterraneo nel 1992 – che si candida con Il ritorno di Casanova, con Toni Servillo e Fabrizio Bentivoglio.
Presenti all’appello anche autori emergenti o poco conosciuti all’estero, registi che con i loro film hanno saputo trattare con grande libertà di linguaggio temi attuali e urgenti, dalle questioni di genere ai diritti umani. Mixed by Erry di Sibilia potrebbe avere qualche possibilità di spuntarla: la storia di un “hustler”, un truffatore in buona fede che cerca solo un modo per sopravvivere dignitosamente, è un archetipo che potrebbe piacere molto a Hollywood. Così come quella del self-made man imprenditore, anche se fuori dai confini stabiliti dalla legge.
Con Riccardo Milani e Giuseppe Fiorello si entra invece in una dimensione più strettamente politica. Grazie ragazzi di Milani è sì una commedia, ma riesce a portare sul piano del quotidiano, nel dibattito comune, una delle emergenze più gravi del nostro paese, le condizioni estreme dei carcerati. Stranizza d’amuri di Fiorello, invece, riscopre una storia vera e necessaria che ricorda la strada fatta – e quella ancora da fare, soprattutto dal punto di vista legislativo – dalla comunità Lgbtqia+ in Italia.
Tra i titoli di donne registe, oltre alla già affermata Rohrwacher, anche Paola Cortellesi e Marisa Vallone: entrambe ambientano i loro esordi nel passato, come se per parlare alla donne del presente fosse necessario allontanarsi dalla contemporaneità e assumere uno sguardo al tempo stesso vicino e lontano. Solo quattro volte la commissione di selezione italiana ha scelto il film di una regista come proposta per gli Oscar: accadde con Lina Wertmuller, Wilma Labate, Francesca Archibugi e Cristina Comencini. L’ultima volta fu nel 2006.
La lista completa
C’è ancora domani di Paola Cortellesi
Grazie ragazzi di Riccardo Milani
Il ritorno di Casanova di Gabriele Salvatores
Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti
Io capitano di Matteo Garrone
L’ultima notte d’amore di Andrea Di Stefano
La chimera di Alice Rohrwacher
La terra delle donne di Marisa Vallone
Mixed by Erry di Sydney Sibilia
Noi anni luce di Tiziano Russo
Rapito di Marco Bellocchio
Stranizza d’amuri di Giuseppe Fiorello
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