Sono tre le candidature ai Golden Globes per La zona di interesse (qui la nostra recensione), il film di Jonathan Glazer che lo scorso maggio ha vinto il Grand Prix a Cannes 76 . Miglior film drammatico, miglior film non in lingua inglese e miglior colonna sonora (Mica Levi). Nella categoria principale il film dovrà vedersela con Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, Anatomia di una caduta di Justine Triet, Maestro di Bradley Cooper, Oppenheimer di Christopher Nolan e Past Lives di Celine Song.
Quest’anno, dopo lo scioglimento della Hollywood Foreign Press Association avvenuto nel 2023, il premio verrà organizzato dalla nuova Golden Globe Foundation. Non sarà dunque più l’Hfpa a supervisionare la cerimonia ora presieduta dai produttori Dick Clark Productions, che appartengono a Penske Media Eldridge (la joint venture tra Penske Media Corporation e Eldridge che possiede anche The Hollywood Reporter). Il prossimo 7 gennaio sulla Cbs andrà in onda lo show che, come da tradizione, anticipa la notte degli Oscar.
La zona di interesse, la trama
Una vita apparentemente normale, una villa con giardino, tanti figli, un cane: tutto sembra fin troppo perfetto per questa numerosa famiglia tedesca degli anni Quaranta. Protagonisti però sono Rudolf Höss (Christian Friedel), il primo comandante del campo di sterminio di Auschwitz, e la moglie Hedwig (Sandra Hüller). Una coppia distante, emotivamente e fisicamente, che vive con diversa responsabilità – e uguale distacco – la terribile vicinanza con il luogo dell’orrore per eccellenza del Novecento. A separarli dall’inferno è infatti soltanto un muro sottile. La morte è al di là dei fiori piantati nelle aiuole da Hedwig.
Il suono, elemento da non sottovalutare al cinema
Lo stesso muro che impedisce la visione permette di amplificare i suoni e, infatti, La zona di interesse è un film “diviso su due tracce”, afferma Glazer. “Una è il film che senti, una è il film che vedi. L’esperienza completa è nell’intersezione tra le due, ma quello che volevo comunicare è che in questo caso le orecchie sono più importanti degli occhi”. I suoni infatti riescono a oltrepassare i confini di ciò che la macchina da presa sceglie di non mostrare e amplificano il senso di orrore della banalità del male rappresentata. “Erano persone ordinarie, noiose, familiari: per questo dovevo fare il film su di loro, non sulle vittime”. L’udito è l’unico dei cinque sensi che rispecchia la ricerca della verità che Glazer compie in questo film. Non c’è modo di schermare un suono se non lo si vuole sentire, soprattutto se amplificato dalla potente colonna sonora di Mica Levi. È per questo che il regista afferma di aver fatto un film invisibile, in cui le immagini sono solo l’impalcatura ma il sentimento resta, più forte che mai, fuori campo.
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