C’è Orson Welles al Lido. Immenso, in tutti i sensi. Larger than life, come si usava dire. Una volta lo trovi all’Harry’s Bar, un’altra all’Excelsior, molte volte a farsi un tuffo, sempre al festival, e qualche volta anche a girare un capolavoro, sovente riconosciuto tale con insopportabile ritardo.
Molto spesso, tra una chiacchierata ed una mangiata pantagruelica, si dà alla frenetica caccia di finanziamenti per il suo prossimo film, lui che con Citizen Kane – a soli 26 anni – aveva terremotato Hollywood, trasfigurandosi in un attimo dall’enfant prodige della settima arte a genio maledetto e (spesso) odiato, costretto dal sistema degli Studios ad un esilio forzato che rappresenta uno dei maggiori cortocircuiti della storia del cinema. Ecco, una di queste volte, siamo ancora in un angolo degli anni quaranta, fa uno degli incontri che dicono moltissimo di Welles, di Venezia, di quegli anni.
L’inchino di Winston
Era Winston Churchill il gigante incrociato sulle sponde del Lido. Merita sentirla, la storia, dalle parole del medesimo Orson.
“Stavo cercando soldi per un film, durante il festival. Il povero Churchill, subito dopo la guerra, pur avendo messo a segno quella che è la più grande vittoria mai ottenuta da una singola persona (la vittoria contro il nazifascismo, ndr), aveva perso le elezioni. Per lui era stata una tragedia. Era lì all’hotel, al Lido, solo con Clemmie, sua moglie. Andava alla spiaggia per nuotare, queste cose qui. Un giorno ero venuto lì con un uomo d’affari russo che cercavo di intortare per ottenere un po’ di danaro per il mio film. Quando passammo davanti al tavolo di Churchill, questi mi riconobbe e fece una specie di inchino con la testa. Il russo andò fuori di senno… stiamo parlando di un russo bianco, non di un ‘rosso’, ma di un russo intrallazzone, semi-armeno. Ebbene, quando questi vide che Churchill non solo mi conosceva ma che mi dava questo riconoscimento speciale, mi fu subito chiaro che ci li avevo, i soldi per il mio film! Per l’appunto il giorno dopo ero a fare il bagno e mi trovavo a sguazzare un po’ in acqua proprio accanto al signor Churchill. E così gli dissi: signor Churchill, lei non sa cosa ha fatto per me, e gli raccontai cova aveva significato il suo gesto per il mio finanziatore. La sera stessa tornai per la cena con il mio businessman russo. Ebbene (Orson mima la scena, ndr), questa volta Churchill si alzò dalla sedia e mi fece un profondo inchino” (risate generali, ndr).
Welles raccontò l’episodio al talk show di Dick Cavett, nel 1970. Probabilmente il film in questione era Lo Straniero (“I creatori di questo film meritano il loro plauso”, scrisse all’epoca The Hollywood Reporter nella sua recensione del maggio 1946), ed è una storia che sembra quasi una summa delle loro prorompenti personalità (si erano già incontrati una volta ad una rappresentazione dell’Otello in teatro, con il primo ministro di Sua Maestà che gli recitò, dopo nel camerino, buona parte della tragedia shakespeariana a memoria, “compresi i tagli che avevo fatto”, sottolinea Orson).
Così come, bizzarri intrecci del destino, fa impressione che sempre in spiaggia – ma questa volta a Santa Monica, California – Churchill abbia incontrato un altro gigante del tempo, ossia Charlie Chaplin (che a sua volta ebbe a incrociare Welles per il suo Monsieur Verdoux: glielo aveva scritto Orson il soggetto).
Una volpe al Quirinale
Sì, erano anni per certi aspetti incredibili, per Welles, per il mondo, per Venezia e anche per Roma. Erano gli anni in cui nella capitale l’onnivoro Welles incontrò finanche Palmiro Togliatti al Caffè Greco, erano gli anni in cui si trovò a recitare dentro il Quirinale (il film era il Principe delle Volpi, Orson – che utilizzava le interruzioni di riprese del suo Otello – vestiva i panni di Cesare Borgia), dato in affitto dallo Stato italiano bisognoso di denaro fresco dopo le devastazioni della guerra. Erano gli anni in cui potevi serenamente incontrare Welles al ristorante la Cesarina, dietro via Veneto, dove il nostro mangiava bistecche gigantesche, certe volte più d’una.
Incredibilmente, è Federico Fellini a darne la descrizione più straordinaria, raccontandolo come uno che dirigeva l’arrivo dei piatti come dirigeva gli attori sul set: “Orson Welles era più largo del tavolo per sei persone a cui sedeva nel ristorante della Cesarina, a Roma. Gli andai incontro come se lo avessi conosciuto da sempre. Con un gesto benedicente, da monarca, m’invitò a sedere. E vidi arrivare quattro primi piatti: minestrone, fettuccine, cannelloni, rigatoni. Se li dispose attorno, come fa un giocatore con le carte. Mangiava lentamente, gustando tutto: un Enrico VIII, un Giove come lo avevo immaginato al ginnasio”. Non c’è da stupirsi per uno a cui capitava di dire, probabilmente anche al Lido: “Niente maiale, sono a dieta. Però lo ordino lo stesso, solo per sentirne il profumo”.
Labirintiche riprese fra i canali
Tornando alla Venezia di Orson Welles (senza soluzione di continuità, come il suo leggendario piano sequenza all’inizio dell’Infernale Quinlan), ce ne sono tante. Quella di Othello, appunto, tanto per cominciare.
Qualche anno dopo l’incontro con Churchill, il regista ne girò qui una serie di scene fondamentali (altre furono girate in Marocco, com’è noto, altre ancora a Tuscania e al Palazzo dei Papi di Viterbo): il matrimonio di Otello e Desdemona nella Chiesa di Santa Maria dei Miracoli, certo, ma Orson non perde l’occasione per condurre le riprese pure nel cortile di Palazzo Ducale e idem alla Ca’ d’Oro, ovviamente non si fa sfuggire le inquadrature di labirintici incroci di canali, e fa fare una parte da leone pure la scala elicoidale di Palazzo Contarini a San Luca, chiamato Contarini del Bovolo. (Piccola nota a margine: alla Mostra veneziana del 1951 Othello non vinse niente, ma recuperò l’anno successivo Cannes con il Grand Prix).
E poi c’è la Venezia del Merchant of Venice: ancora Shakespeare, sempre un sogno inseguito all’infinito, come altri sogni iniziati ma destinati a non venir terminati, come il Don Quixote, come molti anni dopo The Other Side of the Wind, che per la prima volta fu mostrato in un’interezza ricostruita a posteriori nel 2018 proprio alla Mostra, accolto trionfalmente.
Il sogno proibito di Welles
Ma è proprio il Mercante il sogno proibito del grande Orson: girato nel 1969 in parte a Venezia (poi dovette spostarsi, i costi erano insostenibili), ne furono presentati i frammenti ritrovati qui al Lido nel 2015 (nel combinato disposto del centenario della nascita e nel trentennale della morte del regista di Citizen Kane).
Non era riuscito a finirlo, qualcuno ne rattopperà qualche pezzo parecchi anni dopo. Una ferita che non si richiuse mai. Tanto che nei primi anni settanta Welles sentì l’irrefrenabile bisogno di recitare di nuovo il monologo di Shylock davanti ad una macchina da presa: zero costumi, aveva indosso un normalissimo impermeabile, aveva gli occhi arrossati dall’emozione e si sentiva il vento sussurrargli intorno.
Non si sa se questa ripresa, in effetti leggendaria, sia stata fatta nel deserto dell’Arizona, in Francia oppure vicino Malaga, in Spagna. Ma per Orson Welles in quel momento folgorante, commovente, c’è solo un posto al mondo: ed è Venezia.
L’articolo originale è stato pubblicato sul magazine The Hollywood Reporter Roma di agosto
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