Un viso familiare eppure sempre estraneo, contraddittorio, dolce e spigoloso, quello di Sandra Hüller. Di lei si sentiva parlare poco, lo scorso maggio a Cannes, tra le chiacchiere in fila nella frenesia tra un film e l’altro. Eppure è bastato attendere la proiezione di La zona di interesse prima e Anatomia di una caduta dopo per capire che finalmente, dopo quasi vent’anni, questo sarebbe stato il suo momento. Ci è arrivata silenziosamente, senza mai volersi fare notare, ma è arrivata per restare.
Hüller infatti debutta al cinema nel 2006 con Requiem, a 28 anni, dopo una formazione per lo più teatrale nella scena berlinese. Per il film di Hans-Christian Schmid vince un Orso d’argento alla miglior attrice ma nei successivi dieci anni si dedica quasi esclusivamente al palcoscenico, a eccezione di altri tre film. Nel 2016 è il turno di Vi presento Toni Erdmann, presentato in concorso a Cannes e candidato della Germania agli Oscar. Quel suo viso così ossimorico, così adatto tanto alla commedia quanto al dramma, inizia a circolare in tutta Europa e non solo.
Nel 2019 è il turno del primo incontro con la regista Justine Triet, grazie al film Sibyl – Labirinti di donna (Sybil), che la sceglie in un piccolo ruolo accanto a Virginie Efira. Tanto basta per diventare poi protagonista, quattro anni dopo, del film che vale a Triet la Palma d’oro.
Per Anatomia di una caduta Sandra Hüller ha ricevuto le nomination come miglior attrice protagonista agli European Film Awards, ai Golden Globes, agli Oscar e ai Bafta 2024. In questi ultimi inoltre compete anche nella categoria della miglior attrice non protagonista per La zona di interesse di Jonathan Glazer, aggiudicandosi una storica doppietta di candidature.
Anatomia di una caduta, vivisezione di una donna
Indecifrabile, nel suo sguardo sbieco verso la macchina da presa, al banco degli imputati. Ambigua, sul suo passato e sui suoi sentimenti presenti. Furiosa nella sua condizione di donna, moglie (e forse madre) frustrata, imprigionata. Sensuale, androgina, doppia: sono infiniti gli aggettivi che si possono usare per descrivere l’interpretazione di Sandra Hüller in Anatomia di una caduta.
È la storia di una donna accusata di aver ucciso il marito ma, di fatto, “trascinata” in tribunale davanti al pubblico per un processo al suo modo di essere donna, moglie e madre. E costretta a difendere le proprie scelte, la propria identità e i propri desideri piuttosto che la sua innocenza, su un livello parallelo alla trama in sé.
Hüller coglie gli aspetti più sottili di questo suo personaggio, costringendo lo spettatore ad avvicinarsi continuamente a lei per poi esserne allontanato, disorientato e confuso. Questo perché la sua Sandra, personaggio che mantiene il nome dell’attrice, ha il pieno controllo,, anche nel rapporto con il pubblico.
La zona di interesse, il male a distanza di sicurezza
Mentre Justine Triet spinge lo sguardo della sua macchina da presa sempre a ridosso di Hüller, pur non attraversandola mai, Jonathan Glazer sceglie di tenere tutto a distanza. Il volto dell’attrice quasi svanisce, sempre lontano, ne La zona di interesse.
Rigida, austera, indifferente. Hüller interpreta Hedwig Höss, la moglie del comandante del campo di concentramento di Auschwitz, Rudolph Höss. L’unica cosa di cui ha cura sono i suoi fiori, delicati e colorati, piantati a pochi metri dal campo di morte, a coprirne gli odori e gli orrori. Hüller trova la chiave per rappresentare un personaggio privato di ogni emozione e di ogni evoluzione, così come voluto da Glazer e dalla sua rappresentazione della “banalità del male”.
L’aiuta anche dover usare più il corpo e il movimento che il volto. Un corpo che è sempre e solo un piccolo elemento dello spazio circostante, così come stabilito dalla regia. Hedwig, infatti, non si ferma mai, cammina per i lunghi corridoi della villa, nel giardino, per le stanze inseguita da lontano dalle macchine da presa (plurale, come un Grande fratello orwelliano).
Perché come diceva Hannah Arendt, citata da Glazer stesso, “il male proviene dal fallimento del pensiero”. E tutta la malvagità di Hedwig sta proprio nel non fermarsi mai a riflettere sull’orrore che accade oltre il muro del giardino. La bravura immensa, ma anche questa volta sottile, di Hüller è quella di riuscire a trasmetterlo sfuggendo al pubblico, non concedendosi mai fino in fondo.
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