Chi ha già tutto desidera solo più amore: è così che l’aspra critica sociale di Francis Veber in Le Jouet (1976) si trasforma in una storia di padri e figli, di emozioni perdute e ritrovate, nel remake The New Toy. In anteprima italiana ad Alice nella Città 2023 e in arrivo al cinema il 1 novembre con Europictures.
“Ricordavo di aver visto il film da bambino, un film molto forte, che rimane impresso. Quando il produttore mi ha chiesto di farne una nuova versione ho capito che c’era qualcosa di nuovo da raccontare. Un nuovo approccio agli stessi temi. E contemporaneamente un tema che era sempre stato lì, ma poteva essere approfondito di più: la paternità”. Il regista James Huth riprende così il nucleo della storia di Veber, un bambino solo e troppo ricco che, accompagnato nel centro commerciale del padre, un magnate francese, sceglie come regalo di compleanno l’unica cosa che non può avere: un altro essere umano.
Qual è il tuo prezzo, Sami?
È una sfida, la sua, alla morale dello spettatore e a quella del padre. Ma è anche il punto da cui partire per una riflessione più ampia sul denaro, sul capitalismo, sui padroni e sulla paternità stessa.
“Nella mia versione, però, è più una commedia familiare, di emozioni, che una commedia sociale. Racconto due uomini molto diversi, agli estremi della società, che però si ritrovano ad avere un identico problema. Non sanno come essere padri”.
Sami Cherif (Jamel Debbouze, Il favoloso mondo di Amélie) è un uomo di mezza età che vive come può, inventandosi il lavoro giorno dopo giorno per mantenere se stesso e la sua compagna Alice, incinta di otto mesi. “Rifiuta di farsi ingabbiare dal sistema, ne vive ai margini. E la paternità è all’inizio per lui una di quelle costrizioni da cui fuggire”. Non è pronto, Sami, ad avere un figlio, ma è anche disposto a sacrificare tutto purché non gli manchi niente. Anche la sua dignità. Accetta l’assurda richiesta di quel bambino crudele, di cui tutti sembrano avere paura, persino il padre Philippe (Daniel Auteuil) per 3208 euro, non uno di più e non uno di meno. È la cifra che gli serve per estinguere tutti i debiti e riprendere fiato.
Tutto si fa più complesso nel momento in cui il capriccio di un momento comincia a ripetersi. Il piccolo Alexandre (Simon Faliu) pretende di tenere con sé il suo nuovo giocattolo. E la cifra per farlo diventa spaventosa. Così alta da non poter essere rifiutata da chi, come Sami, non possiede niente.
Un racconto fra il centro e i margini
È fin troppo facile portare il film su un piano politico, considerando che Sami proviene da una banlieue ai margini di Parigi la cui sopravvivenza è minacciata dalla chiusura di una delle fabbriche Etienne. Ma non è questo il tema di The New Toy, o almeno non è l’unico. Un uomo di origine nordafricana, letteralmente comprato dall’imprenditore più ricco di Francia come intrattenimento per il figlio è qualcosa di impensabile, se non lo si legge nell’ottica ironica del film, del suo umorismo improvviso e tagliente che obbliga a guardare tutto con un certo distacco.
Huth gioca con gli estremi opposti della società parigina. “La Parigi della banlieue è quella in cui idealmente Jamel Debbouze è cresciuto. Quello stesso ambiente conosciuto per la rabbia e la violenza, senza ricordare mai che è invece anche una comunità in cui si trova sempre aiuto se lo si cerca. Nella Parigi ricca, invece, non puoi andare dal tuo vicino nemmeno a chiedere un po’ di burro. Tutti avrebbero paura solo ad aprire la porta”.
Huth crea così volontariamente un dislivello incolmabile in cui emergono soprattutto le differenze fra la vita di Sami e quella di Alexandre, che si mostrano nei rispettivi spazi. “Le case rispecchiano i personaggi: la vita piena e colorata di Sami e quella vuota e solitaria di Alexandre e Simon”. Il primo vive in un piccolo appartamento dalla pareti così sottili da non poter nascondere nulla ai vicini. Fra le mura del suo quartiere (la vera e storica banlieue Blanc-Mesnil) tutto si vive in collettività: dal kebab venduto in cortile alla rabbia operaia che porta tutti a scioperare contro l’Etienne magnate. Il castello di Alexandre e del padre è invece anonimo e vuoto. Così grande da poter essere attraversato con una mini automobile, e niente comunque in confronto alla sua futuristica cameretta.
È solo nella casa sull’albero, tuttavia, piccola e accogliente, che Alexandre trova la sua dimensione.
Essere padri, essere figli
Come Il barone rampante di Calvino, citato da Sami, è da lassù che cambia prospettiva sul mondo e a suo modo sceglie di non tornare più a terra. E il riferimento al romanzo non è casuale: “È una storia che risuona per sempre in te, una volta che l’hai letta”, dice Huth a The Hollywood Reporter Roma. “Nel momento in cui ho capito di aver bisogno di un terzo spazio – oltre le due case – più intimo, in cui far emergere il personaggio di Alexandre, non ho potuto fare a meno che pensare a Calvino”, prosegue il regista. “Ho visto oltre 150 bambini per il ruolo di Alexandre e solo Simon è riuscito a recitare come volevo io quella scena sull’albero, quella che ribalta la percezione del personaggio. Avevo bisogno di qualcuno in grado di passare da odioso ragazzino viziato, in cui è impossibile identificarsi, a un personaggio con cui empatizzare. Simon l’ha fatto, perché sa essere sia Voldemort che Harry Potter!”.
E se Il barone rampante racconta anche un conflitto eterno fra un padre e un figlio, The New Toy cerca a suo modo di ribaltarne la conclusione. Con l’aiuto di Sami, che colma tutte le distanze fisiche e metaforiche lasciate dal padre Philippe, Alexandre scopre e impara a essere figlio. E che anche quella è una relazione che si costruisce giorno dopo giorno.
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